LA SORDOMUTA
Quando
anni fa lavoravo in un Consultorio, un giorno entrò al Centro
accompagnata dagli zii una ragazzina piangente. Si chiamava Gigliola,
era sordomuta dalla nascita e aveva un quoziente d’intelligenza
bassissimo, sotto i 60.
Gli
zii erano disperati perché Gigliola era inconsolabile e nessuno
capiva perché. Era orfana, non le avevano mai insegnato il
linguaggio dei segni con le mani (“E’ troppo stupidina, non
capirebbe”) e aveva frequentato solo sino alla seconda elementare.
Passava il tempo alla finestra a ricamare con una vecchia zia e da
qualche mese piangeva sempre
Insomma,
non parlava, era chiusa nel suo mondo e nessuno la capiva. E
continuava a versare lacrime. Sospetto più per disperazione che per
altro un medico dopo qualche giorno mi disse “Senti Luca, prova a
vederla tu, con nessuno è entrata in contatto”.
La
prima volta che la incontrai, Gigliola stava sempre piangendo. Il suo
handicap era molto evidente. Era sui 18-20 anni, molto trascurata nel
vestire e non rispondeva a nessuna domanda (beh, essendo sordomuta,
come poteva?).
Mi
venne una idea. Presi un foglio di carta e scrissi Ciao.
Lei
vide la scritta, prese un pennarello e scrisse lentamente CIAO.
(Ah,
ma allora sa scrivere)
Io
sono Luca, e tu?
GIGLIOLA.
Come
stai? (domanda stupida, nessuna risposta, però notai che aveva
smesso di piangere. Dopo un minuto cambiai domanda, anche se non
sapevo bene cosa chiedere):
Mi
fai un disegno di casa tua?
(Gigliola
disegnò una casetta con lei e gli zii, nello stile di una bambina di
3-4 anni).
Il
ghiaccio era rotto. Passammo l’ora a “chiacchierare” in quel
modo e Gigliola disegnò molto. Stranamente nel Consultorio nessuno
aveva pensato di farla scrivere o disegnare e di questo mi stupii
molto ma mi insegnò che non bisogna mai trascurare una risposta
anche quando sembra troppo semplice.
Ogni
settimana Gigliola veniva volentieri da me e disegnava sempre.
Talvolta scoppiava misteriosamente a piangere. Da quello che mi
sembra di aver capito, Gigliola si sentiva sola, chiusa e senza
speranze. Era una ragazza semplice, che conosceva pochissimo del
mondo.
Per
qualche settimana non la vidi. Un giorno però entrò raggiante in
studio. Era accompagnata da un ragazzo dallo sguardo spaventato con
ancora addosso la divisa da muratore, e chi è?
FIDANZATO.
Quasi
una favola. Lo aveva incrociato mentre lavorava in un cantiere, si
erano guardati, piaciuti e si erano messi insieme.
E
adesso me lo aveva “portato”. Lo so che pare stupido, ma era come
se Gigliola volesse la mia benedizione.
Guardai
attentamente lui. Francesco era un ragazzo semplice, fin troppo, si
esprimeva con poche parole e con difficoltà pure lui, ma mise subito
in chiaro che era serio e voleva sposare Gigliola e mettere su casa
con lei. Era un bravo muratore e l’avrebbe costruita lui.
Io
annuii gravemente (in quei momenti recitavo un ruolo quasi curiale) e
poi guardai Gigliola. Non dimenticherò mai il suo sguardo estasiato
mentre ammirava il suo Francesco, raramente in vita mia ho visto in
una donna occhi più sorridenti.
Quando
uscirono, il medico accanto a me esclamò:
“Incredibile
Luca, ti rendi conto di cosa abbiamo appena visto?”
“No,
cosa?”
“Non
pensavo potesse succedere ma è accaduto: questa ragazza è uscita
dall’handicap, una condizione nei testi ritenuta cronica e
insuperabile, e adesso è avviata verso una vita normale.”
“Uscire
dall’handicap... allora è possibile!”
“Gigliola
ce l’ha fatta. E ora dobbiamo pensare a un regalo di nozze!”
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