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lunedì 24 settembre 2018


LA SORDOMUTA

Quando anni fa lavoravo in un Consultorio, un giorno entrò al Centro accompagnata dagli zii una ragazzina piangente. Si chiamava Gigliola, era sordomuta dalla nascita e aveva un quoziente d’intelligenza bassissimo, sotto i 60.
Gli zii erano disperati perché Gigliola era inconsolabile e nessuno capiva perché. Era orfana, non le avevano mai insegnato il linguaggio dei segni con le mani (“E’ troppo stupidina, non capirebbe”) e aveva frequentato solo sino alla seconda elementare. Passava il tempo alla finestra a ricamare con una vecchia zia e da qualche mese piangeva sempre

Insomma, non parlava, era chiusa nel suo mondo e nessuno la capiva. E continuava a versare lacrime. Sospetto più per disperazione che per altro un medico dopo qualche giorno mi disse “Senti Luca, prova a vederla tu, con nessuno è entrata in contatto”.

La prima volta che la incontrai, Gigliola stava sempre piangendo. Il suo handicap era molto evidente. Era sui 18-20 anni, molto trascurata nel vestire e non rispondeva a nessuna domanda (beh, essendo sordomuta, come poteva?).
Mi venne una idea. Presi un foglio di carta e scrissi Ciao.
Lei vide la scritta, prese un pennarello e scrisse lentamente CIAO.
(Ah, ma allora sa scrivere)
Io sono Luca, e tu?
GIGLIOLA.
Come stai? (domanda stupida, nessuna risposta, però notai che aveva smesso di piangere. Dopo un minuto cambiai domanda, anche se non sapevo bene cosa chiedere):
Mi fai un disegno di casa tua?
(Gigliola disegnò una casetta con lei e gli zii, nello stile di una bambina di 3-4 anni).

Il ghiaccio era rotto. Passammo l’ora a “chiacchierare” in quel modo e Gigliola disegnò molto. Stranamente nel Consultorio nessuno aveva pensato di farla scrivere o disegnare e di questo mi stupii molto ma mi insegnò che non bisogna mai trascurare una risposta anche quando sembra troppo semplice.
Ogni settimana Gigliola veniva volentieri da me e disegnava sempre. Talvolta scoppiava misteriosamente a piangere. Da quello che mi sembra di aver capito, Gigliola si sentiva sola, chiusa e senza speranze. Era una ragazza semplice, che conosceva pochissimo del mondo.

Per qualche settimana non la vidi. Un giorno però entrò raggiante in studio. Era accompagnata da un ragazzo dallo sguardo spaventato con ancora addosso la divisa da muratore, e chi è?
FIDANZATO.
Quasi una favola. Lo aveva incrociato mentre lavorava in un cantiere, si erano guardati, piaciuti e si erano messi insieme.
E adesso me lo aveva “portato”. Lo so che pare stupido, ma era come se Gigliola volesse la mia benedizione.

Guardai attentamente lui. Francesco era un ragazzo semplice, fin troppo, si esprimeva con poche parole e con difficoltà pure lui, ma mise subito in chiaro che era serio e voleva sposare Gigliola e mettere su casa con lei. Era un bravo muratore e l’avrebbe costruita lui.
Io annuii gravemente (in quei momenti recitavo un ruolo quasi curiale) e poi guardai Gigliola. Non dimenticherò mai il suo sguardo estasiato mentre ammirava il suo Francesco, raramente in vita mia ho visto in una donna occhi più sorridenti.

Quando uscirono, il medico accanto a me esclamò:
“Incredibile Luca, ti rendi conto di cosa abbiamo appena visto?”
“No, cosa?”
“Non pensavo potesse succedere ma è accaduto: questa ragazza è uscita dall’handicap, una condizione nei testi ritenuta cronica e insuperabile, e adesso è avviata verso una vita normale.”
“Uscire dall’handicap... allora è possibile!”
“Gigliola ce l’ha fatta. E ora dobbiamo pensare a un regalo di nozze!”


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