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mercoledì 26 settembre 2018


I TDC


“Rallenta! Rallenta! Luca, guarda quella sgnappera che sta passando sulle strisce!”
“La biondina? Molto carina.”
“Aspetta che tiro giù il finestrino… ABBELLA! COSA USI COME BALSAMO?”
“Andrea, ma sei scemo? Guarda che in questo quartiere mi conoscono. Non mi far fare figure de merda.”
“Ma io sono avanti, sono un agente provocatore!”
“Ah, ecco perché ti mandano sempre a fanchiulo.”
“Amico, smartizzati! Ti voglio più guardingo, più easy ...Aspetta, l’ho vista! L’apparition! Guarda quella lì vicino alla panetteria! E’ proprio il mio tipo, dirty, curvy and nerdy!”
“Traduci, plìs.”
“Porcella, formosella e con gli occhiali. Che sogno erotico.”
“Andrea, ma a te gustano così?”
“A FATA! FAMMI LA MAGIA!”
“E certo, la magia alla bacchetta. Mio Dio, ti rendi conto che a fare i vitelloni in macchina alla nostra età sembriamo due vecchi bavosi?”
“Macché bavosi, siamo dannunziani!”
“Con la panza che tieni sembri lo zio di D’Annunzio...”
“Tengo il fisico del gladiatore sovrappeso, caro il mio luchino. E non dimenticare che stai parlando con uno che ha toccato il culo a Jo Squillo... No, non è possibile! La vedi anche tu?”
“Cusa?”
“Quella Duna Familiare ferma al semaforo. E’ una vita che non ne vedevo una! Presto, grattati le palle! JURASSICA!”
“Zitto, santodio, guarda che ti meno!”
“A me che ho il riflesso di un puma? Ti ho mai raccontato di quella volta che ero in moto Guzzi sulla Milano-Bologna?”
“Sei morto?”
“Quasi. Allora, ero sulla scia di un camioncino quando d’improvviso gli cade una cassa piena di pile a stilo che invadono tutta la corsia. Ho fatto i numeri da circo per evitarle. Sembravo quello di Matrix.”
“Che figus!”
“Eh, le balle bisogna saperle raccontare. A proposito, tu che te ne intendi, quelli che si mettono nelle situazioni di rischio come si chiamano?”
“E’ una patologia ben nota con il termine tecnico TDC.”
“TDC? l’ho già sentita...”
“E’ una sigla. Esattamente, Andrea, vuol dire che queste persone sono delle testedicà...”
“E io che ti sto pure ad ascoltare! Guarda, guarda piuttosto quella squinzia davanti a noi col gonnellino!”
“Quella sullo scooter?”
“Che cosce, da Carnaby Street!”
“Asp, si è fermata al semaforo per guardarsi allo specchietto. Momento che le vado vicino.”
“Accosta accosta...Sì, sei bella bella! GAFI! GAFI!”


"Niente è più interessante della conversazione di due innamorati che stanno zitti"
(A. Tournier, Pensieri d'autunno)


lunedì 24 settembre 2018


LA SORDOMUTA

Quando anni fa lavoravo in un Consultorio, un giorno entrò al Centro accompagnata dagli zii una ragazzina piangente. Si chiamava Gigliola, era sordomuta dalla nascita e aveva un quoziente d’intelligenza bassissimo, sotto i 60.
Gli zii erano disperati perché Gigliola era inconsolabile e nessuno capiva perché. Era orfana, non le avevano mai insegnato il linguaggio dei segni con le mani (“E’ troppo stupidina, non capirebbe”) e aveva frequentato solo sino alla seconda elementare. Passava il tempo alla finestra a ricamare con una vecchia zia e da qualche mese piangeva sempre

Insomma, non parlava, era chiusa nel suo mondo e nessuno la capiva. E continuava a versare lacrime. Sospetto più per disperazione che per altro un medico dopo qualche giorno mi disse “Senti Luca, prova a vederla tu, con nessuno è entrata in contatto”.

La prima volta che la incontrai, Gigliola stava sempre piangendo. Il suo handicap era molto evidente. Era sui 18-20 anni, molto trascurata nel vestire e non rispondeva a nessuna domanda (beh, essendo sordomuta, come poteva?).
Mi venne una idea. Presi un foglio di carta e scrissi Ciao.
Lei vide la scritta, prese un pennarello e scrisse lentamente CIAO.
(Ah, ma allora sa scrivere)
Io sono Luca, e tu?
GIGLIOLA.
Come stai? (domanda stupida, nessuna risposta, però notai che aveva smesso di piangere. Dopo un minuto cambiai domanda, anche se non sapevo bene cosa chiedere):
Mi fai un disegno di casa tua?
(Gigliola disegnò una casetta con lei e gli zii, nello stile di una bambina di 3-4 anni).

Il ghiaccio era rotto. Passammo l’ora a “chiacchierare” in quel modo e Gigliola disegnò molto. Stranamente nel Consultorio nessuno aveva pensato di farla scrivere o disegnare e di questo mi stupii molto ma mi insegnò che non bisogna mai trascurare una risposta anche quando sembra troppo semplice.
Ogni settimana Gigliola veniva volentieri da me e disegnava sempre. Talvolta scoppiava misteriosamente a piangere. Da quello che mi sembra di aver capito, Gigliola si sentiva sola, chiusa e senza speranze. Era una ragazza semplice, che conosceva pochissimo del mondo.

Per qualche settimana non la vidi. Un giorno però entrò raggiante in studio. Era accompagnata da un ragazzo dallo sguardo spaventato con ancora addosso la divisa da muratore, e chi è?
FIDANZATO.
Quasi una favola. Lo aveva incrociato mentre lavorava in un cantiere, si erano guardati, piaciuti e si erano messi insieme.
E adesso me lo aveva “portato”. Lo so che pare stupido, ma era come se Gigliola volesse la mia benedizione.

Guardai attentamente lui. Francesco era un ragazzo semplice, fin troppo, si esprimeva con poche parole e con difficoltà pure lui, ma mise subito in chiaro che era serio e voleva sposare Gigliola e mettere su casa con lei. Era un bravo muratore e l’avrebbe costruita lui.
Io annuii gravemente (in quei momenti recitavo un ruolo quasi curiale) e poi guardai Gigliola. Non dimenticherò mai il suo sguardo estasiato mentre ammirava il suo Francesco, raramente in vita mia ho visto in una donna occhi più sorridenti.

Quando uscirono, il medico accanto a me esclamò:
“Incredibile Luca, ti rendi conto di cosa abbiamo appena visto?”
“No, cosa?”
“Non pensavo potesse succedere ma è accaduto: questa ragazza è uscita dall’handicap, una condizione nei testi ritenuta cronica e insuperabile, e adesso è avviata verso una vita normale.”
“Uscire dall’handicap... allora è possibile!”
“Gigliola ce l’ha fatta. E ora dobbiamo pensare a un regalo di nozze!”


domenica 23 settembre 2018



(riceviamo e volentieri rispolveriamo)
COME VA?

L'estate scorsa trovai un libretto usato dalla simpatica copertina, intitolato "Come sopravvivere con la sclerosi multipla", scritto da vari neurologi, edizioni Fraus Dolus. Dato che però in molti hanno scritto come faticassero a procurarselo (in Italia pare stranamente esaurito), sicuro di fare cosa gradita ho scelto per ora di ricopiare il primo capitolo del libricino, intitolato:

20 MODI DI RISPONDERE ALLA DOMANDA “COME VA?”

Ai nostri pazienti sembra capitato molte volte. Sono immersi nella propria situazione, sforzandosi per tenere un bicchiere tra le mani, quando in quell'istante un giulivo si avvicina con aria sorridente e la tremenda domanda "come va?". In questi casi può fare comodo ai lettori una veloce carrellata di risposte.

1° Risposta: "Bene, grazie" (sorridendo). Traduzione: un classico. Caldo, comodo e indossato tante volte. Presente anche nella forma negativa "non c'è male, grazie". Il significato della frase è stato molto studiato e in genere si ritiene voglia dire "al di là di come sto veramente, grazie per interessarti a me". Come un vecchio vestito però la frase è un po' logora e non può essere usata in tutte le occasioni.

2° R: "Bene, grazie" (non sorridendo). Traduzione: risposta che nasconde problemi non risolti, come per esempio "Ma questo interferone funziona o no? E' da mesi che mi buco senza risultati", oppure "Quanto mi costerà mettere una rampa sulle scale?". Quesiti che non interessano molto l'interlocutore.

3° R: "Ringraziando il Signore, sto bene grazie". Traduzione: "Mi è rimasta solo la fede in Dio, altrimenti mi sarei già buttato/a dal ponte di questa valle di lacrime". Molto italiano. Indice di una personalità educata all'idea del sacrificio, capace di affrontare in un discorso anche temi non idioti (molti pazienti lo spiegano così: "siamo malati, mica scemi").

4° R: "Ho deciso di prendermi una vacanza". Traduzione: "Sento con i miei ultrapoteri che sta per arrivarmi una ricaduta, devo reagire". La risposta sembra abbia il pregio di sviare subito il discorso, dato che l'interlocutore quasi sempre risponde "Che bello! E dov'è che vai?"

5° R: "No comment" Traduzione diplomatica per "Vaffanculo". La risposta ha però il difetto che non tutti ne comprendono il lato umoristico e insistono con le domande.

6° R: "Ho deciso di buttarmi nel lavoro". Traduzione: "Venderò cara la pelle". Forse la risposta più grintosa. Sempre che si abbia un lavoro, ovvio.

7° R: "Bene grazie. Ti preparo un caffè?" Traduzione: "Mi sento solo/a".

8° R: "Sì". Traduzione: "le placche avanzano, io sto sempre peggio e nessuno capisce.", oppure "certo, orgoglio dei manicomi che sei, domande del kz come questa potresti evitarmele", oppure "mioddio, perché non sono sordo? Invece delle gambe non poteva colpirmi le orecchie?". Di solito il giulivo, ritenendo scemo il malato che lui pietoso è andato a trovare, ripete la domanda credendo che lui/lei non abbia capito. A questo punto scegliere rassegnati un'altra risposta.

9° R: "Bene grazie! E tu come stai? Bene, vero? Cosa si fa stasera?". Traduzione: "Ho appena preso l'antidepressivo."

10° R: "Come vedi." Traduzione: "Testa di rapa ma non vedi che. non riesco più a fermare la gamba? che tremo in tutto il corpo e sudo come una fontana? che sono in carrozzella?" (ecc). Risposta idonea a spostare sul concreto un discorso altrimenti svogliato e superficiale, molto adatta per chi vuol far sentire un po' in colpa l'interlocutore. Spiazzante se detta sorridendo.

11° R: "Eh, come al solito, inizia per emme e finisce per a.. Una meraviglia!" Traduzione: "non me lo meritavo, ed eccomi qui a parlare con te guardandoti dal basso". Il conoscente si metterà a ridere e dirà una grande verità del tipo "sempre allegro il nostro malatino, così ti voglio!" A questo punto frenare l’impulso criminale e passare ad altre risposte.

12° R: "Bene, ho appena ritirato gli esami del sangue e sembra che le mie citochine stiano reagendo bene." Traduzione: non sembra, ma è risposta adattissima a troncare qualsiasi approccio. Da usare quando si vuole restare soli. Dopo un timido sorriso e una frase di circostanza ("Ah, ne sono lieto!") l'interlocutore, a meno che non sia un laureando in neurologia, si allontanerà a razzo.

13° R: silenzio e sguardo nel vuoto. Traduzione: Chi ha fatto la domanda rimarrà perplesso davanti a questa risposta. I casi sono due: o insisterà o si allontanerà borbottando. Nel secondo caso richiamarlo e fingere di essere stati colpiti da sordità improvvisa.

14° R: scoppiare in lacrime. Traduzione: buona solo se si è belli, giovani e simpatici (e ricchi). Negli altri casi meglio evitare. Interessante ma pericolosissima la variante "faccia da cane bastonato che trattiene le lacrime".

15° R: "sono stanco/a". Traduzione: "non ce la faccio più, accompagnami a casa e portami a letto, ti ricorderò nel mio testamento". Finora però chi l'ha usata sembra non abbia incontrato nessuno/a che abbia bene compreso la frase, per cui la sua efficacia sembra limitata. A volte alcuni interlocutori continuano a menarla "Su con la vita! Basta con quell'aria da sfigato!". Passare allora alla risposta n° 5 o 11.

16° R: "Insomma." Traduzione: presente anche nelle forme "così così", oppure un bofonchiato "potrebbe andar meglio, grazie", ecc. L'incertezza domina risposte di questo tipo ma c’è il rischio di non essere capiti e che il giulivo/a continui con "hai la bua?". E’ successo veramente!

17° R: "Bene grazie, mi puoi allacciare questo bottone?". Ringraziare alla fine del compito ("Grazie, sei una brava persona"). Traduzione: molto utile per attaccare bottone ahahah ehm. La persona in questione si sentirà certo superiore al disgraziato che ha davanti, che non riesce nemmeno a vestirsi. Questo genererà in lui/lei un falso senso di superiorità che, se siete abili, potreste sfruttare a vostro piacere. Maliziosissimo se detto da una donna.

18° R: "Sto facendo una bella esperienza, ascolto il mio corpo" Traduzione: "Presto portami in bagno!" In questi frangenti consigliamo ai nostri pazienti di essere più diretti e meno ironici. Forse è meglio. Correte altrimenti un serio rischio.

19° R: "Ciao, è da un po' che non ti vedevo, hai bisogno di qualcosa?" Sconsigliamo caldamente questa risposta, per intuibili motivi. Non è il caso di risultare antipatici e continuare a sfidare il destino.

20° R "Oggi benissimo! Tu come stai?" Traduzione: molto simile alla risposta n° 1, ma con in più il pregio dialogico di ributtare sull'interlocutore la responsabilità di continuare la conversazione. E' in fondo l'obiettivo di ogni dialogo, continuare la conversazione. A quanto risulta infatti da una veloce indagine statistica, essendo l'ISOLAMENTO uno dei peggiori corollari della sclerosi multipla, è di fondamentale importanza insegnare ai nostri pazienti di non trascurare qualunque occasione per sviluppare i rapporti sociali.

Ecco qua. Chi avesse qualche altra risposta interessante può scriverla, verrà inserita nelle prossime edizioni e tutti vi ringrazieranno


LO VEDI COSA SUCCEDE A NON FARE IL BRAVO BAMBINO?

Non avete anche voi l’impressione di un ECCESSO di sfiga? Come se ci fosse qualcosa di esagerato, di eccessivo in chi ha una malattia cronica e cattiva.

Mi spiego: va bene soffrire nella propria vita di lutti, separazioni, delusioni, tradimenti, malattie etc, nessuno vuole esentarsi dal pagare la sua quota, nella vita di ognuno ci sono i “giorni di pioggia”. Ma qui ho l’impressione che ci sia una sorta di accanimento, un peso incomprensibilmente sempre più pesante. Mi è venuto questo sospetto. Forse è un segnale.

Quella vocina infame che dentro di me ripete "Lo vedi cosa succede a non fare il bravo bambino? Non vedi che per i tuoi peccati ti sei meritato tutto questo? Pensi di essere destinato ad una vita normale?" e che non riesco a tacere. 
Forse per qualche arcano motivo in passato, non ho compreso ancora quando, ho lasciato la porta aperta ed è entrata la sfortuna. Dimmi per cosa soffri e ti dirò chi sei.

Mio figlio, mentre a 9 anni giocava concentrato alla Playstation, disse: “Ciò che non si capisce è la cosa più importante”. Ecco, lo ammetto, in questo gioco non ho ancora capito. Faccio parte di una banale statistica, tra chi ha avuto il dono di tanta salute e chi invece non ne ha? O è solo sfortuna, che come si sa non ha regole precise? Mistero.



sabato 22 settembre 2018

Quando cambi casa, fai entrare il gatto per primo. Laddove si metterà a dormire, metti il letto.
(Proverbio russo)


mercoledì 19 settembre 2018


CHI E’ SVEGLIO E CHI DORME

“Stai riposando?”
“Sono sdraiato nel letto con gli occhi chiusi, vedi un po’ tu.”
“Ma stai dormendo?”
“Sì.”
“Allora ti lascio dormire.”
“A dopo.”
“Ma hai bisogno di qualcosa?”
“Per il momento niente, grazie. Voglio solo star tranquillo. Stavo pure facendo un bel sogno.”
“No, capisci, se hai bisogno di qualcosa dimmelo pure.”
“Vorrei che mi lasciassi perdere per favore, ho il sonno leggero e sento che sta passando.”
“D’accordo. Vuoi dell’acqua prima che vado via? Ti porto da bere? Un cuscino?”
“Oddio. Svegliare chi dorme è un atto terribile, perché tanto odio?”
“Io odiare? Ma no, io voglio solo essere gentile, anche se non mi spiego come mai hai tanto sonno.”
“Sono stanco.”
“Ma se non hai fatto niente tutto il giorno!”
“Il Karma ci mette troppo tempo. Forse è meglio mandarti affanculo adesso.”
“Ma cos’è, ti sei innervosito?”
“Per carità, faccio sempre così quando mi svegliano.”
“Va bene dai, allora ti lascio dormire.”
“Grazie, sei un tesoro.”


IL GATTO DI MONTAGNA

“Molto buono il piatto che mi hai cucinato oggi, Fernando.”
“Una receta peruana qué me incanta, segnor Luca!”
“Come si chiama?”

“Lomo Saltado. Con carne, cebollas, papas, un poquito de picante y salsa de soja para el sabor. Te gusta?”
“Che nome buffo, in italiano sembra l’omino che salta. Però è buono, è buono. Ha un sapore particolarissimo. Il tutto servito con riso in bianco e birra fredda, vedo.”
“Sì segnor, arroz blanco y cerveza muy fria. La mejor es la cerveza cusquegna de Lima, la capital de Perú!”
“Ma che tipo di carne bisogna mettere?”
“Preferiblemente vaca. Pero tambien son bueno pollo o conejo.”
“Anche il coniglio? Fernando, attento a non mangiare i gatti.”
"Segnor Luca, mi padre cocinó Lomo Saltado con el gato. Qué rico sabor!"
“Il gatto di casa? Poverino!”
“No no, no es el gato doméstico, es el gato de montaña. Es más grande que el gato normal.”
“Il gatto di montagna? La lince vorrai dire.”
“No! No es el lince. Es un gato que vive en el bosque. Capturarlo es muy difícil, es un verdadero demonio de la selva!”
“Tu sei riuscito a catturarlo?”
“Cuando era niño, mi abuelo me enseñó las trampas.”
“Las trampas? Cosa ti ha insegnato tuo nonno?”
“Las trampas, el dispositivo para capturar.”
“Ah, le trappole.”
“Y tuve que prestar mucha atención, ese gato de montaña era un diablo.”
“Chissà com’era. Mah, mi sa che di gatti quando vado al ristorante cinese ne ho mangiati pure io….”
“Segnor Luca, los chinos comen todo lo que se mueve!”
“Mangiano tutto ciò che si muove? Che impressione. Sospetto comunque che nella giungla non sopravviverei molto.”
“Es una guerra para sobrevivir y yo siempre pienso a mi abuelo.”
“Perché?”
“Él me enseñó a luchar contra el diablo.


IL PRIMO

È l'ora della verità. Confesso i miei peccati, da giovane ascoltavo cose da... da peccato originale. Non sempre ho ascoltato Free jazz new sound rock soul e musica d'avanguardia. C'è un oscuro passato.

Adesso non è che mi ricordo esattamente quale é stato il primo 45 giri comperato in vita mia. Ero un ragazzino timido con gli occhiali che si vergognava anche di entrare nel negozio di dischi e chiedere il prezzo.

Tling tling...la porta si apre, entro, vado dalla ragazza al banco e chiedo se hanno... stranamente una nebbia mi oscura il ricordo... forse la vergogna... mah

Tre sono comunque, rovistando nei ricordi, i primi 45 giri comperati in quel periodo (il 33 era roba da grandi):

Sereno è - Drupi
Forever and ever - Demis Roussos
Sugar baby love - the Rubettes

Ebbene si. Dopo averli consumati mi sembra che li ho regalati. Qualche anno dopo è arrivato il rock'n'roll e poi il punk che ha spazzato tutto, ma dopo. Beata gioventù che cambia alla svelta.

E proprio a Drupi ho stretto la mano qualche anno fa dopo un concerto estivo.
Lui non sapeva perché stavo quasi ridendo, ma io sì. Quella sera avevo viaggiato nel tempo.

Ciao Luca di 12 anni, come stai?



FREAK SHOW

Stai attenta, ragazza mia, a non essere strumentalizzata.

Oggi hanno bisogno di te, vogliono farsi belli e sentirsi buoni, ma poi i riflettori si spegneranno e chissà cosa rimarrà. 
Un altro Freak Show per lavarsi la coscienza.

Fatti pure usare e non credere alle loro parole di miele, tanto tu sai bene quanto sei bella e quanto veramente vali.

E se ti capiterà di vincere resta salda e guarda tutti negli occhi. Tu sai qualcosa che loro non sanno.
LA CORRUZIONE, QUELLA BELLA
Lavorando in un ufficio del Tribunale a contatto soprattutto con extracomunitari, di tentativi di corruzione ne ho sperimentati tanti in questi anni sulla mia pelle.
Il discorso è delicato, inevitabile essere fraintesi, ma ho voluto comunque portare la mia esperienza. Almeno ci divertiamo e magari a qualcuno torna utile.
È curioso infatti ma spesso ho notato che a seconda della etnia c'erano dei metodi preferiti, come se ci fosse una sorta di imprinting culturale. Ebbene sì.
(Molti a questo punto diranno "Razzista!" ma assicuro che mi sono stupito pure io).
Gli italiani e gli slavi per esempio, se ti vogliono far fare qualcosa di illegale, in genere intimoriscono o fanno riferimento ad amicizie altolocate, usando uno stile sottilmente mafioso.
Gli arabi invece cercano di farti cambiare idea mettendosi a piangere calde lacrime. Certe scene strappacore che vi raccomando. Non è facile conservare la calma mentre tutta una famiglia davanti piange e ti supplica.
Quelle dell'est, neanche a dirlo, ti seducono ma (stop agli slanci di fantasia) senza mai usare la malizia come state pensando in tanti. Ricorrono più che altro alla dolcezza, ti fanno intravedere un paradiso d'amore. E il babbeo ci casca.
Gli americani invece, sempre molto protervi, ti minacciano legalmente. Usano questo spauracchio se non fai come dicono loro.
I cinesi sondano il tuo punto debole usando i soldi. Tanti soldi. E non si muovono da soli. Paura.
I sud americani di solito fanno i simpaticoni e cercano di convincerti che sono innocui.
Mentre gli africani usano con i bianchi la tecnica del finto tonto (imparano come dire sì e poi scuotono la testa ripetendo sì sì sì sì...).
Insomma, a ognuno il suo. Non mi sbagliavo quasi mai e almeno sapevo cosa mi aspettava.

mercoledì 12 settembre 2018


LO SGUARDO DEGLI ALTRI

“Che fastidio, Luca, che roba che sento dentro.”
“Di che fastidio parli, Andrea, sii più chiaro.”
“Ma non ti sei accorto di come ci guardano qui al supermercato?”
“No. Sono occupato a guardare gli articoli sugli scaffali mentre tu spingi la mia sedia a rotelle. A proposito, grazie per avermi accompagnato. Avevo proprio bisogno di una bella spesona, ho il frigo vuoto. Spingimi in quel corridoio là, grazie.”
“Ma Luca, non ti sei accorto di come ci guardano?”
“No, cosa c’è di strano? Tonno a 2€...quello dell’Esselunga 1,89€...però l’altro sembra più buono… mah!”
“Sembra che abbiano paura. Guarda quello, ci fissa con gli occhi sbarrati.”
“Ah quel tipo di sguardo… io non ci faccio più nemmeno caso. Fagioli borlotti o cannellini?”
“Quelle che mi fanno più incazzare sono le mamme con i bambini. Appena sbuchiamo noi con la sedia a rotelle e ci vedono se li tirano verso di sé. Che nervi.”
“Forse hanno paura che la sclerosi sia contagiosa. Normale, vogliono proteggere bimbi. Ma è solo ignoranza, tranqui. Vediamo… dove si trova il ketchup?”
“La prossima vecchietta che ci guarda storto la investo, giurosuddio te lo do io il ciambellone!”
“Ahò Andrea e statte bono! Guarda che mi faccio male. E lasciami fare questa spesa in pace e spingimi nel reparto biscotti. Allora… frollini con pannna...le gocciole...brioches alla crema… Cosa prendo per la mattina… tutto ok, Andrea?”
“Che brutte facce. Minkia che disadattati. Guarda, fanno finta di non vederci, guardano il cellulare e intanto fanno spazio per lasciarci passare.”
“E non sei contento?”
“Sì ma mai un sorriso, un segno, una parola... sembra che siamo invisibili.”
“Ti abituerai quando mi accompagni, ti abituerai. E’ una magia. Proverai l’ebbrezza di sentirti invisibile!”



martedì 11 settembre 2018


UNA LEGGENDA METROPOLITANA

C’è una leggenda metropolitana legata al famoso “11 settembre” che ho sentito varie volte in forme diverse. Ho cercato conferme ma ho trovato poco, sembra una di quelle storie che rimbalzano da una bocca all’altra sottovoce.

La storia, nei tratti essenziali, è questa: un gruppo di disabili in carrozzella (numero e altri dettagli variano a seconda del narratore) quel giorno stava visitando una delle due torri gemelle quando si scatenò l’apocalisse. Tutti scappavano dal fumo, nessuno tornava a prenderli e i disabili si ritrovarono da soli davanti alle vetrate, mentre anche l’altra torre veniva colpita. Si presero tutti per mano aspettando il crollo. Cosa si dissero in quegli ultimi minuti di vita possiamo solo immaginarlo.

Un problema di difficile soluzione quello del soccorso dei disabili durante eventi di questa dimensione”, scrive con realismo un sito che racconta storie simili. Una maniera forse delicata di dire “purtroppo saranno cavoli vostri” come si è amaramente notato anche in Italia durante fatti recenti (terremoti, etc). La famosa differenza con i normodotati, che il politicamente corretto per le pari opportunità vorrebbe abolire, riemerge prepotente.

Ma la differenza è anche nella reazione. C’è infatti un dettaglio in queste storie che ho notato si ripete: oltre infatti all’angoscia, il panico, il sentirsi abbandonati etc i membri di questi gruppi negli ultimi istanti si prendono tutti sempre per mano, rafforzandosi a vicenda.
Sono persone che già sanno che esiste il male nel mondo, non è una sorpresa per loro, non perderanno altro tempo. E sanno che l’unico modo per contrastarlo veramente fino alla fine è volersi bene.



lunedì 10 settembre 2018


LA STAGIONE DEGLI ADDII

Nella vita di tutti arriva la “stagione degli addii”, quando talvolta a distanza ravvicinata persone amate e amici se ne vanno per sempre. Sono tempi in cui sembra di recarsi da un funerale all’altro.
E’ una stagione che non c’è sul calendario, il tredicesimo mese, quello del ricordo, un mulinello che fa roteare foglie secche.

Quando si è giovani questa stagione semplicemente non esiste, al massimo si vive qualche giornata nera. Si è troppo occupati con matrimoni, battesimi, progetti, crescite, non mi riguarda. Poi capita una giornata nuvolosa e si sente un’ombra nera, inevitabile. Uno si rende conto che dovrà lasciare prima o poi il posto e si chiede se resterà qualcosa di lui, un solco da qualche parte, un rimpianto, un nome, un amore.

Oggi va così, scusate. E’ uno di questi periodi. Una volta un prete spiegò mesto a noi ragazzini che la morte di un vecchio era più sconvolgente di quella di un giovane, che appare sempre come una ingiustizia a cui ribellarsi.
Un vecchio malato che se ne va invece non ha niente di “speciale”, è qualcosa di naturale, che bisogna accettare perché fa parte della vita. La vita.

sabato 8 settembre 2018


FIRST CUT IS THE DEEPEST

“Oggi hai gli occhi strani e sei silenzioso. Stai pensando a qualcosa.”
“Sto rivivendo un episodio che mi è capitato anni fa. L’ho ancora davanti agli occhi. Ogni tanto ci ripenso ancora per quanto è stato significativo.”
“Quanti anni fa?”
“Tanti. All’epoca avevo solo dieci anni.”
“Dieci! Cosa può accadere a quella età?”
“E pensa che all’epoca l’avevo considerata una sciocchezza. Solo dopo sento che è diventata grande dentro di me.”
“A questo punto sono curioso. Racconta.”
“Ero in vacanza dalla nonna al mare e un pomeriggio in piazzetta ho conosciuto una bellissima bambina, anche lei di dieci anni.”
“Vecchio pirata! Già all’epoca colpivi!”
“Piano con gli slanci di fantasia. Eravamo piccolini e i nostri discorsi erano tipici dei bambini di dieci anni. Ricordo che abbiamo parlato tutto il pomeriggio, abbiamo mangiato un ghiacciolo e ci eravamo dati appuntamento alle 19 per continuare. Solo che...”
“Che è successo?”
“Quella sera non ci sono andato all’appuntamento. Non ricordo il motivo ma doveva trattarsi di una sciocchezza tipica dell’età. Poi mi sono pentito ma era tardi.”
“L’hai più rivista quella bambina?”
“No, non l’ho più vista. Non mi ricordo nemmeno come si chiama.”
“E ancora dopo tanti anni pensi a quell’appuntamento mancato?”
“La vita poteva essere diversa, ma veramente tanto. Chissà se anche quella bambina ogni tanto ci pensa.”

venerdì 7 settembre 2018


LA DONNA SUL CANOTTO SGONFIO

“Minkia, come sono incazzato.”
“Non ci pensare Andrea, ti fai solo un fegato grosso così.”
“Ma hai visto quella? Era stra-ferma!”
“La signora con i sacchetti del super che ci guardava? E’ stata gentile, ha aspettato mentre uscivamo dall’ascensore.”
“Gentile una sega.”
“Guarda che ci abbiamo messo troppo, abbiamo bloccato tutti. La mia sedia a rotelle ha causato un bel po’ di trambusto uscendo. Dobbiamo perfezionare la tecnica, quell’ascensore è troppo stretto.”
“Appunto. Che ci voleva ad aiutarci almeno per tenere aperta la porta dell’ascensore? Stavo facendo una fatica della Madonna!”
“Perché non me l’hai detto, Andrea? Ti potevo aiutare io.”
“Ma figurati, tu con la tua sclerosi multipla già facevi una fatica mostruosa a stare in piedi mentre io tiravo fuori l’aggeggio. Comunque una cosa la posso dire...”
“Esprimiti.”
“Bravo, me sei piaciuto. Stai facendo progressi. Due settimane fa in ascensore eri appena eri uscito dall’ospedale e ti sei afflosciato nel cubicolo tra il primo e il secondo piano, ricordi?”
“Eh sì, piccole tragedie trascurabili, ad un miliardo di cinesi non frega niente. Ma che casino quella volta. Ricordo, ricordo… e meno male che il portinaio ha dato una mano ad alzarmi.”
“Non come la signora di oggi!”
“Ma ancora ci pensi? Guarda che in questo palazzo abita gente a posto, se non è intervenuta è solo perché temeva di essere d’impiccio. Ti sarai accorto anche tu che certe volte è peggio il tapon del buso, come dicono in Veneto. Occhio a giudicare, Andrea. In fondo la capisco bene, magari anch’io mi sarei comportato in questo modo in una situazione simile. E poi magari aveva i suoi cazzi.”
“Intanto con una così io non ci starei mai! Non vorrei correre il rischio di trovarmi in mezzo al mare con lei su un canotto sgonfio! Mi sa che quella è la tipica donna che accende una sigaretta e dice “Su Andrea, fa’ qualcosa!” e io mi sento ancora più disperato.”
“Parla l’esperienza, eh?”
“Saprò io cosa dire la prossima volta.”
“Cosa fai, ti metti a discutere con una donna? Per carità, non litigarci che finisce sempre che ha ragione lei. E poi… e poi alla fine pensaci, ce l’abbiamo fatta da soli. Questa volta dobbiamo essere contenti tutti e due! Anzi, tutti quanti!”
“Ma allora che fare?”
“Guarda, la mia esperienza dice che quando si ha bisogno bisogna aprire la bocca e non vergognarsi di chiedere aiuto. Bussate e vi verrà aperto. Purtroppo è così. Aspettare che per magia l’altro intervenga e faccia qualcosa è deleterio.”
“Però le donne ragionano in questo modo! Devi essere tu a capirle e guai se non lo fai!”
“Tranquillo Andrea, è solo logica femminile. Loro capiscono, capiscono...”
“Almeno posso incazzarmi?”




giovedì 6 settembre 2018


QUASI UN MIRACOLO!
(dall’articolo di Repubblica del 6.9.2019)

Milioni di persone che ritornano a vivere. Aziende in crisi. Ospedali che si svuotano. Industrie in difficoltà. Un improvviso fervore. Problemi di riciclaggio del metallo. Un fenomeno mondiale.
Queste furono alcune delle conseguenze immediate del più inspiegabile fenomeno medico del nuovo millennio: la improvvisa guarigione nel giro di pochi mesi dei malati di sclerosi multipla in tutta la terra.

La scienza medica ancora si interroga su come ciò sia potuto accadere: circa un anno fa (ma sulla data esatta non c’è concordanza) e per cause ancora ignote, i malati di sclerosi multipla in tutto il globo iniziarono lentamente a stare meglio. E non era un dato passeggero: i progressi erano permanenti e non si fermavano.
I sintomi regredivano, gambe ferme da anni riprendevano a muoversi, i dolori cessavano, la forza ritornava, la vita era ogni giorno più bella. Malati allettati da anni uscivano e venivano avvistati mentre facevano jogging nei parchi. Le carrozzine abbandonate riempivano le chiese. Vecchi amori rifiorirono, altri nacquero. Una ondata di benessere stava crescendo nel mondo.

Il fenomeno ci si accorse che coinvolgeva i malati di ogni dove, che giorno dopo giorno “guarivano” sempre di più.
Molti neurologi all’inizio non nascondevano il loro scetticismo (“è una fase di remissione che per coincidenza ha riguardato molti dei nostri pazienti”) ma alla fine, dopo innumerevoli esami e test di controllo, anche i più scettici ammisero che qualcosa stava cambiando veramente e che i fasci di nervi, il punto debole in questi malati, erano come per magia ritornati normali.
Anzi, più che normali.

Il punto di svolta fu, e se lo ricorderanno in tanti, la vittoria sui 100 metri ai Campionati Europei di Atletica e la dichiarazione choc del vincitore (“solo l‘anno scorso ero in carrozzina”). A denti stretti, dato che temevano di essere squalificati in quanto dopati, anche il 3° e 4° posto ammisero di essere ex malati.

Comprensibile nervosismo e sequela di “no comment” se si provava poi a contattare alcuni colossi farmaceutici che ricavavano lauti guadagni dai loro farmaci contro la malattia.
E paradossalmente anche per alcuni malati fu durissima rinunciare a certi diritti: ormai però dichiarare di essere malati di sclerosi multipla era considerata poco più che una bizzarria e i cosiddetti invalidi camminano loro malgrado. Quante storie incredibili!

La guarigione fu completa e avvenne in così poco tempo che la maggior parte dei malati ammise che non sapeva bene cosa combinare nella loro vita ritrovata. “E’ stato come rinascere, dopo un primo momento di euforia ti chiedi “e adesso?” e pensi e ripensi. Soprattutto era il non sapere bene perché mi fosse successo di guarire che inquietava. Ma del resto non si era mai capito perché mi ero ammalato, così eravamo pari”.

Forse anche per questo motivo e per dare un senso all’inspiegabile nacque il movimento religioso “Sano Subito” che ha riempito le chiese di cumuli di carrozzelle, standing, stampelle e deambulatori. Oramai a San Pietro non si può più nemmeno entrare!

mercoledì 5 settembre 2018


TI SEDURRO’ CON LE MIE STRANEZZE

Ti parlerò del Cargo Cult degli indigeni della Nuova Guinea,
ti descriverò le contrade del Palio di Siena,
parleremo con il primo Imperatore della Cina (per capire come mai ingeriva palline di mercurio),
scopriremo come si costruisce un igloo al polo nord,
ascolteremo il linguaggio dei delfini,
esamineremo come si fa a redimere un delinquente,
ti insegnerò a suonare i bonghi in una orchestra,
pregheremo con i monaci benedettini della Abazia di Chiaravalle,
apprenderai a dire “grazie” in lingua mongola,
cucineremo le lasagne verdi,
ti mostrerò la mia preziosa collezione di fumetti,
toccheremo le bolle di fango che escono dai vulcani,
misurerò la tua bellezza con il greco antico,
mi inginocchierò davanti all’arte preistorica,
discuteremo di psicoanalisi americana
della differenza tra cumbia peruviana ed equadoregna
e dei vari tipi di orgasmi
e come si fa a risolvere Spider a quattro semi
e del libro migliore di Stephen King

e......e alla fine mi chiederai “ma tu che cosa fai nella vita?” e lì cascherà l’asino


lunedì 3 settembre 2018


RIVOLUZIONE FINTA

Cioè, fanno tanto i trasgressivi e poi lei si sposa in bianco col velo? 
La solita cerimonia borghese insomma, 
smentitemi. Comunque, auguroni a tutti.

Giovani datemi retta, non fatevi abbagliare. Dove si trovano ora Paris Hilton, la Lecciso e tanti altri? Sono stati dimenticati e presto.
Le passioni finte non durano. Moda, è solo moda.

Passerà, magari adesso vi sembra chissà che ma vi assicuro che basta solo aspettare.

sabato 1 settembre 2018

SKY
Mentre già mi ero addormentato, alle 24.30 squilla il cellulare.
Oddio chi è in piena notte? Numero privato. E che sarà mai? Un incidente, una disgrazia.... Rispondo tremante.
"Pronto, chi è? Chi è?"
"Buonasera, è Sky. Lei ha Sky?"
"Ma mi chiamate in piena notte?"
"E certo, io faccio il turno di notte!"
Ho gridato una parola che non ricordo (solo che finiva in "ulo") e riattaccato con rabbia.
Poi nel buio ho razionalizzato. La sera prima con un amico avevo cercato in streaming la partita del Milan e si vede che avevo lasciato una scia malefica che riconduceva al mio cellulare.
Come questo sia possibile non lo so ma tutti i discorsi sulla privacy si stanno rivelando la solita fregatura per povery.
Notare che poi la partita era finita alle 23 e la telefonata è arrivata alle 24.30
Comunque qualcosa da questo episodio ho imparato. Se anche avessi avuto una mezza idea, intraprendente Sky con me hai chiuso.