Visualizzazioni totali

lunedì 11 settembre 2017

UNA COSA CHE FREUD NON AVREBBE MAI FATTO

Nel 1925 Carl Gustav Jung, l’allievo più celebre di Freud, compì un viaggio in Africa. Da tempo si era discostato dalle tesi del maestro e aveva optato per una psicologia del profondo più arcaica, in cui il sesso aveva meno importanza e molta più invece quello che lui chiamava “l’inconscio collettivo”, una grande forza terapeutica in noi con i suoi archetipi da risvegliare, così da liberare una grande forza sanante (per gli specialisti: sto semplificando, la teoria sappiamo che è molto più articolata).
Per questa sua ricerca del “primitivo”, Jung era affascinato dalle culture e dai simbolismi più antichi. Sappiamo che lo svizzero fece molti viaggi ed ebbe molte esperienze, qualcuna fuori dagli schemi. Cose che capitano quando si ricerca l’origine delle cose. E molto si riflette nei suoi libri, che hanno un taglio e un significato non sempre facilmente comprensibile a chi è abituato a ragionare con gli schemi logici (se volete approfondire, vi consiglio l’affascinante e breve libretto “Sincronicità” pubblicato nel 1952).

In uno dei suoi viaggi Jung si ritrovò una sera a partecipare ad una cerimonia sacra nella foresta vicino a Nairobi , con gli indigeni che danzavano intorno ad un grande falò. Erano anni in cui certi viaggi non erano affatto di moda, Jung stesso racconta della sorpresa dei nativi quando lo vedevano tra loro.
E mentre quella notte ascoltava la loro musica ripetitiva e ossessiva intorno al falò, vedendoli ballare in estasi Jung fu preso da un impulso irrefrenabile, si tolse le scarpe, si alzò e iniziò a ballare con loro raggiungendo presto una sorta di trance. La potenza di quella forza primitiva lo spaventava ma andò avanti così tutta la notte e il giorno dopo si sentiva… bene.
Il suo compassato maestro viennese, così attento alle regole formali e borghesi di primo ‘900 e noto per non lasciarsi mai andare, non l’avrebbe mai fatto.
Peter Gabriel da questo episodio ha tratto una sua famosa canzone “The rhythm of the heat” (che inizialmente doveva intitolarsi proprio “Jung in Africa”):
“Il ritmo è sotto di me.
Il ritmo del calore.
Il ritmo è intorno a me.
Il ritmo ha il controllo.
Il ritmo è dentro me
Il ritmo ha la mia anima. . . "


Nessun commento:

Posta un commento