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mercoledì 6 settembre 2017

APPUNTI PER UN RACCONTO DI FANTASCIENZA

Una sera qualcuno bussa veemente alla mia porta, chi sarà? E’ un uomo tutto trafelato che in inglese mi supplica di entrare. Lo stanno inseguendo e vogliono riportarlo non capisco dove. Lo faccio entrare e lo guardo meglio. E’ un po’ invecchiato ma assomiglia tantissimo a Kurt Kobain, il leader dei Nirvana suicidatosi anni fa.

Ansante, gli offro un bicchiere d’acqua e mi racconta una storia incredibile. Lui è “veramente” Kurt Kobain, un attimo prima che si sparasse sono arrivati degli uomini dal futuro che l’hanno preso e trasportato in questa epoca in una clinica speciale, sostituendo il suo corpo. Gli hanno curato la depressione e salvato la vita insomma ma ad una condizione: doveva comporre delle canzoni per loro, così avrebbero fatto tantissimi soldi.

Dato che non gli credevo molto ha preso la chitarra e mi ha cantato alcune canzoni vecchie e nuove. E dalla magia ho capito che aveva ragione. Era proprio lui, Kurt Kobain sul mio divano che cantava! Che momenti.

Il concertino però è durato poco, subito mi ha chiesto piangendo (è un uomo molto emotivo) di informarmi tramite internet su sua moglie Francis e sua figlia. Da anni non sapeva più nulla di loro. Intanto mi raccontava della sua prigionia: era sempre rinchiuso in una stanza, molto confortevole certo ma da cui non poteva uscire. Accanto c’erano altre stanze simili alla sua: dall’odore di cannabis che arrivava aveva intuito che in quella accanto ci doveva essere Bob Marley, solo che non rispondeva ai suoi richiami.

Presto mi accorsi che con Kurt c’era un problema: quell’uomo aveva manie autolesive, sniffava il gas dai fornelli e dovevo far sparire dalla cucina tutti i coltelli, sennò iniziava a tagliarsi. Forse per spronarlo, forse per farlo uscire dal suo stato di tristezza gli proposi un obiettivo: tornare nella “clinica” come la chiamava e liberare tutti i prigionieri. All’inizio era terrorizzato dall’idea, da quel posto era scappato, ma alla fine si convinse.

C’era in particolare un “prigioniero” con cui aveva fatto amicizia e lo tormentava il pensiero fosse rinchiuso ancora lì dentro: John Lennon. Con lui aveva chiacchierato per ore e John lo aveva aiutato con il suo spirito schietto in più di una occasione. Per liberare l’amico John, Kurt divenne quasi un altro. Le spalle si raddrizzarono, smise di piangere e iniziò a fare piani. Il pensiero di salvare un amico lo rese vivo.
In fondo… in fondo Kurt aveva un cuore d’oro.

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