UNA STORIA DI VICHINGHI
Tu mi chiedi
cosa fare quando niente sembra andare per il verso giusto. La tua domanda mi
ricorda una storia che raccontava mio nonno per spaventare noi bambini.
Una storia che
inizia molto ma veramente molto tempo fa, forse più di mille anni. Un ragazzo
che pescava tranquillo intravide nel mare una nave avvicinarsi veloce a questa
nostra isola e corse subito ad avvisare il villaggio che si precipitò a vedere.
Qualcuno capì: erano una…due…tre navi di vichinghi, i temuti pirati del nord.
Stavano remando velocissimi, entro poco sarebbero sbarcati. Uomini brutali e
saccheggiatori, noti per la loro ferocia.
Venne dato
l’allarme soffiando dentro una grande conchiglia e tutti si rifugiarono
nell’entroterra, in certe caverne segretissime. Cosa mai potevano volere i
vichinghi dalla nostra isoletta? Noi anche allora eravamo umili pescatori,
senza tesori.
Solo il ragazzo
che li aveva avvistati, di nome Tamir, rimase nascosto tra i cespugli a vedere
cosa succedeva. Dopo poche settimane Tamir si rifece vivo con una storia
incredibile, che attraverso i secoli era arrivata a mio nonno.
I vichinghi
appena sbarcati si erano subito diretti verso il nostro villaggio di capanne,
incendiandole tutte. Il ragazzo era rimasto molto impressionato dalla loro
visione mentre scendevano dalle navi, disse che non aveva ma visto corpi così
perfetti. Le loro intenzioni bellicose erano evidenti, saccheggiare, uccidere,
stuprare e andarsene.
Questa volta però rimasero delusi. Il
nostro villaggio era veramente povero. Non avevamo né barche, solo zattere, né
reti e nemmeno una campana, ci arrangiavamo con la grande conchiglia. I
normanni esplorarono tutta la nostra isoletta come un branco di lupi affamati
ma senza trovare nulla. Del resto a parte qualche gallina e uccelli selvatici non
c’era nulla da trovare.
I normanni decisero allora di tornare
indietro solo che c’era un problema. Era calato improvvisamente il vento ed era
iniziata la bonaccia, un periodo che poteva durare anche mesi. Non soffiava un
alito di vento. Una loro nave si era incagliata e le lunghe navi dei vichinghi
avevano bisogno del vento per ripartire.
I giorni passavano e non succedeva
nulla. Le preghiere dei vichinghi intorno al fuoco non ottenevano effetto, le
vele rimanevano morte, gli dei si erano dimenticati di loro. La sabbia cadeva
dalle loro mani dritta per terra. Non c’era vento ma una calma mortale.
Fu allora che rivolsero le loro
preghiere al Dio della Guerra perché mandasse il vento. Ma questo Dio voleva da
loro qualcosa, voleva sangue.
Fu così che Tamir vide con i suoi occhi
questi guerrieri tagliarsi con le loro lame sino a quando sgorgava il sangue.
Erano sulla spiaggia e invocavano il Dio urlando al cielo, offrendo le loro
ferite.
Ma anche così il vento non arrivava, il
caldo afoso faceva impazzire. Di più, il loro Dio voleva di più.
Allora organizzarono tornei e si
scagliavano urlando uno contro l’altro, dandosi gran colpi con le loro mazze e
asce. Il sangue sgorgava colorando la sabbia, il ragazzo li guardava da lontano
terrorizzato. Nulla fermava la loro furia, sembravano diavoli urlanti non
esseri umani.
E solo quando tutti furono feriti, ma
proprio tutti, allora il vento riprese debolmente a soffiare. Prima solo un
refolo, presto riprese a soffiare forte. I vichinghi ripresero subito il mare.
Con l’aiuto del vento e delle onde disincagliarono la nave e partirono.
Qualcuno era senza più un occhio, molti avevano ferite orribili. Partirono e
non tornarono mai più.
Ci sono dei che non ti abbandonano e ti
vogliono vivo, concludeva mio nonno con i suoi occhi saggi, ma non ti vogliono
in pace.
(American Gods)
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