IL FILO NASCOSTO
ATTENZIONE SPOILER (si riveleranno
particolari sulla trama, non leggete se volete andare a vedere il film)
TRAMA; nella Londra degli anni ’50 Reynolds
dirige ad altissimi livelli la sua casa sartoriale. Principesse, ereditiere e
stelle vogliono vestire le sue geniali creazioni. Reynolds (interpretato da un
Daniel Day-Lewis come si suol dire al top della forma) non è però un uomo
facile: un vero artista, dedito solo al suo lavoro e che non ammette distrazioni.
“Scapolo impenitente”, per lui le donne sono al massimo amanti occasionali.
Alma, che prima di conoscere lui era una cameriera tanto goffa quanto bellina, è solo l’ultima della serie.
Quando va a vivere da lui come tante
altre prima di lei, Cyril -vera padrona di casa e antipaticissima sorella di
Reynolds- la mette subito al suo posto trattandola come una servetta.
Solo che Alma non è come tutte le altre:
sinceramente affezionata a Reynolds prova e riprova ad entrare nel suo cuore,
aspettando l’occasione giusta. E l’occasione giusta arriva: mentre sta cucendo
l’abito da sposa di una principessa Reynolds si sente male e Alma lo accudisce
con un tale affetto e dedizione che, tra una crisi e l’altra, Reynolds le
chiede di sposarla. Alma ce l’ha fatta e Reynolds torna al lavoro più carico di
prima.
Il segreto lo si intuisce osservando
alcune scene finali: era stata Alma stessa, che aveva lavorato nelle cucine, a
raccogliere alcuni funghi velenosi e a cucinarli per lui nella zuppa serale.
Non sufficienti per ucciderlo ma abbastanza per farlo stare male, molto male.
Ma Reynolds, che non è un uomo stupido e qualcosa aveva intuito, commosso dall’amore
di Alma decide di restare comunque con lei.
PERCHE’ NE PARLO QUI: il film (uno
splendido film, intendiamoci) mi ha lasciato l’amaro in bocca. Uno dei suoi
messaggi mi inquieta molto.
Non so infatti se vi è mai capitato, a
me qualche volta in passato è successo. Avevo notato che… talvolta… venivo
amato proprio in quanto malato. Mi spiego: più handicappatino mi mostravo, più mi
comportavo da bambolotto piagato dal destino crudele più ispiravo pietà e
venivo amato. Quelle (sempre più rare ahimè) volte che decidevo con
determinazione di far da solo e ce la facevo notavo quasi della contrarietà in
chi mi stava intorno. Eppure avrebbero dovuto essere felici dei risultati. E
invece no: facce preoccupate, scettiche, quasi arrabbiate (!!!).
Da qui a decidere di adagiarsi, di fare
il malatino perenne e costantemente accudito in tutto il passo è breve. “Siamo
tanto preoccupati per te”, e in fondo è quello che vogliono loro. Si vede che
infonde sicurezza sapere che sono malato, che dove mi hanno lasciato lì mi
trovano e non devono stare a preoccuparsi. E’ un discorso delicato, facile
essere frainteso. Non vorrei offendere nessuno.
Perché io..mi ribello a questo modo di
pensare, a chi mi vorrebbe sempre e comunque dipendente. Non l’ho mai accettato
in passato, lo so sono una capa tosta. Se io riesco a vestirmi da solo impiegando
certo tanto tempo… se sono in sedia a rotelle ma posso comunque fare qualche
passo… perché non me lo fate fare? So bene quando non posso farcela. “Abbiamo
paura che cadi e ti fai male.”
E così, combattendo contro il mio corpo
ma anche non notando certi sguardi, passo le mie giornate.
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