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lunedì 12 giugno 2017

UNA LEZIONE IMPARATA DA UN BAMBINO

Tanti anni fa mi arrivò in terapia un bambino biondo sui 10 anni. Mi sembra si chiamasse Davide ma non ne sono sicuro, sono passati tanti anni.
Quello che ricordo bene però era come fosse in grande crisi, gli era appena morto il padre ed era distrutto. Gli era mancata la terra sotto i piedi. Non se ne faceva una ragione, aveva continui incubi la notte, non parlava più con nessuno, a scuola era una continua scena muta.

Lo accolsi con tutta la delicatezza possibile. Mentre la madre mi spiegava blablabla la situazione lui restava in sala d’aspetto seduto a guardare per terra. Finalmente la madre uscì dallo studio ed entrò Davide.
In questi casi le regole di intervento sono piuttosto semplici. Silenzio. Rispetto. Evitare commenti da “pacca sula spalla”, invasivi o diretti. Non provare insomma a “tirarlo su” (questo in genere vale con tutti i depressi) anche se l’han mandato da te per questo. Il risultato sarebbe fasullo.

Il bambino non piangeva neanche (brutto segno). Si limitava a guardare il pavimento. Dopo un po’ mi presentai e chiesi se era disposto a farmi qualche disegno. All’inizio era titubante, poi quando capì che non li avrei mostrati a sua madre divenne un fiume in piena e mi riempì una intera cartelletta. Aveva proprio bisogno di esprimersi, in quella famiglia il dolore era troppo congelato.

Una disegno tra i tanti mi rimase impresso. Erano i tempi della morte per Aids di Freddie Mercury, la potente voce dei Queen. Morte relativamente giovane, proprio come il papà del bambino.
Davide disegnò una storia in cui un dottore comunicava a Freddie Mercury che era malato e purtroppo sarebbe morto presto. Al che Freddie, dopo averlo ascoltato, pensava “allora ho poco tempo, devo scrivere ora le mie canzoni più belle”. Guardai la storia e mi commossi. Quel bambino era salvo, suo padre gli aveva trasmesso la cosa più importante, come trasformare una tragedia in una speranza, come reagire.

Davide, chissà dove sei e cosa fai adesso. Che dolcezza quando penso a te.

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