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mercoledì 7 giugno 2017

UNA MORTE DIGNITOSA
Grande scandalo ha destato in Italia una recente sentenza della Cassazione che auspicava per Totò Riina, ormai da più di ventanni in carcere duro, il diritto ad una “morte dignitosa”. Sembrava aprirsi per il feroce boss siciliano uno spiraglio per uscire dal carcere ma la società civile italiana si è subito sollevata: mandante delle uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino, 18 ergastoli, autore di omicidi anche di bambini eseguiti personalmente tramite strangolamento, una fedina penale orribile, tutti si sono ribellati all’idea di un Totò “u curtu” libero anche se in fin di vita.
Ma come stanno veramente le cose? Quali prospettive si aprono? Avendo lavorato molti anni nel settore del Tribunale che si occupa dei detenuti (il Tribunale di Sorveglianza) forse potevo capirci qualcosa e dire la mia.
La Cassazione, il tribunale di “punta” in Italia, per quanto ho letto ha nella sua sentenza invitato i giudici di Bologna a riesaminare la situazione di Riina dicendo cose forse ovvie: che ogni persona ha diritto alla sua dignità, che bisogna motivare meglio la permanenza in carcere con la sua salute cagionevole (84 anni, un recente infarto, due neoplasie etc), di attrezzare il carcere a tutte le necessità mediche, che bisogna dimostrare la attualità della sua pericolosità dopo tanti anni di detenzione etc. Sia ben chiaro, la Cassazione NON ha detto che Riina deve essere scarcerato, ha solo rinviato e invitato il Tribunale che lo gestisce a motivare meglio le sue ragioni.
Come spesso mi è capitato di vedere, la sentenza della Cassazione offre amplissimi margini di interpretazione, dando come si suol dire un colpo al cerchio e uno alla botte. Lo stesso concetto di “morte dignitosa” per esempio non è nettissimo se il carcere offre in concreto tutte le garanzie sanitarie. Sarà facile dimostrare che in casa sua Totò sarebbe curato peggio. Naturalmente il suo Avvocato lancerà fuoco e fiamme ma il suo cliente non uscirà domani dal carcere di Parma dove sta in isolamento, controllato a vista 24 ore su 24 (per inciso questo salvò Riina quando due anni fa gli venne un infarto, l’intervento fu rapidissimo).
Faccio un profezia: Riina resterà dentro e come Provenzano morirà in carcere. Il fatto è che per gli italiani, e non con tutti i torti visto quello che ha fatto, Totò Riina rappresenta il male assoluto, l’incarnazione del demonio, il diavolo. Questa fama se l’è creata con le sue azioni lui stesso, lo precede e lo seguirà anche dopo morto, resterà il prestigioso “capo dei capi”. Il suo nome è diventato più importante di lui, Avvocato, e finché avrà “quel” nome sarà impossibile trattarlo come tutti gli altri.

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