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lunedì 25 maggio 2020


QUEL GIORNO CHE IGGY POP MI PARLO’

Era una belva che saltellava urlando, un animale da palcoscenico, un punk quando ancora di punk non si parlava, un drogato ribelle a torso nudo. Insomma, per essere chiari a 17 anni era il mio dio.

Quella sera però, al concerto nel Palalido di Milano, Iggy Pop era palesemente stanco, e chi lo sa perché, forse era a fine tournèe. L’avevo visto due anni prima in una serata di fuoco e ai tempi aveva più energia di una bomba. Ma quella volta no, ripeteva le sue canzoni un po’ svaccato, senza più l’antico guizzo. Vabbè, una serata storta capita a tutti.

Ma dentro anche se stanco era rimasto il solito, che se fregava di tutto. A fine concerto si avvicinò al microfono e iniziò a parlarci dentro. In americano stretto. Non si capiva una mazza. E noi 8000 giovani italioti stavamo ad ascoltarlo deferenti, cercando di capire qualcosa.

Dopo un minuto un brusìo iniziò a diffondersi nel pubblico come un’onda. I più acuti avevano capito cosa stava dicendo. Parolacce. Ci stava insultando! Pesantemente anche. Da solo contro tutto uno stadio, tranquillo come se stesse leggendo un articolo ma inesorabile. “You… fuckin’ bastards… assholes… bitches...” etc.

A poco a poco tutti i ragazzotti iniziarono a rispondergli a tono. Nel giro di pochi secondi tutto il palazzetto era in fiamme. Tutti urlavano la loro rabbia con insulti irriferibili. Io stesso mi lasciai trascinare e gridai parole che ehm non ricordo, ma che di solito non dico :) . 

Gli 8000 facevano a gara a chi urlava di più, il tetto del Palalido non venne giù per miracolo. Era un delirio, per un minuto ho provato la vera follia sciamanica, la tempesta collettiva. Era bellissimo. Quando oggi mi capita di vedere i concerti molto preparati degli idoli dei giovani, li trovo sempre molto diversi.

Imparai allora che non bisogna mai sottovalutare un artista, Iggy aveva raggiunto il suo massimo risultato con il minimo sforzo. Quel figlio di androcchia ci aveva in pugno.





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