LA PAURA PIU’ PROFONDA
I
neonati ho notato che hanno paura di una cosa, rimanere fermi.
Scriveva Chatwin che in fondo è logico, se nella savana sei fermo, indifeso e
solo significa diventare presto il pasto di qualcuno. Solo questione di tempo. Presto, qualcuno mi venga a prendere.
E di
solito gli adulti cosa fanno quando sentono un infante strillare?
Senza pensarci lo tirano su, lo rassicurano e lo cullano. Cantano una
ninnananna, portandoselo avanti e indietro nella stanza.
Perché
il movimento è vita e questo lo sanno sia adulti che piccini. Vuol
dire che non sei solo, che c’è qualcuno che pensa a te e ti
difende.
Non
siamo nati per stare fermi. Ogni tanto ci può stare ma in generale no, stare fermi immobili non è
letteralmente nel nostro DNA. Una quarantena può essere imposta per
un po’, poi dopo l’essere umano esplode.
I
nostri antenati camminavano tantissimo e portavano con sé i loro
piccoli. E il pianto dei neonati diventa una prova che agli inizi dei
tempi l’essere umano era nomade, non stanziale.
Ma
se un neonato rimane troppo solo allora che succede, continua a
strillare? No, accade una cosa strana: si ammutolisce. Ed è
comprensibile, così non segnala ai “cattivi” nelle vicinanze,
che si aggirano affamati, di essere solo.
In
certe nursery e negli orfanotrofi c’è un silenzio tombale,
impressionante. Guai se un neonato sveglio e rimasto solo rimane
anche zitto. Sta vivendo una paura profonda.
Tirate
su i bambini se piangono, non lasciateli fermi, non lasciateli soli. Neanche quando sono
adulti, mi verrebbe da dire.
C’è
una malattia che conduce all’immobilità, la sclerosi multipla. Non
è dolorosa o deformante o mortale, eppure la gente comune è
terrorizzata da essa. Come mai, mi sono chiesto?
Per
l’immobilità a cui conduce, mi sono risposto. Una immobilità che
richiama la paura più profonda, quella a cui non si può resistere.
Molti si lasciano andare e non dicono più niente. Aspettano…
qualcuno che li venga a prendere. Come è difficile contrastare questo sentimento.
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