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domenica 28 ottobre 2018


ARTE NATURALE

“Quando ero bambino e passavo dei pomeriggi da solo in campagna, facevo un gioco tutto mio. Mi sdraiavo sull’erba, chiudevo gli occhi e ascoltavo.”
“Cosa?”
“Tutto, non avevo preclusioni. Ero in un posto dove il silenzio era assoluto.”
“Beato te. In città non si potrebbe fare.”
“All’inizio sentivo solo le vocine stridule dei vari insetti, poi man mano ascoltavo lo zampettare delle formiche sul terreno e alla fine riuscivo a sentire il rumore dell’erba che cresceva.”
“Non ti credo, immaginavi tutto. Avevi già una bella fantasia.”
“Bisogna essere bambini per sentirlo, da grande non ci sono più riuscito.”
“E che rumore fa l’erba che cresce?”
“Molto simile ad un fuoco che crepita, unito ad un suono basso bmmmmm… era l’energia della terra che veniva fuori.”
“Detta così sembra che eri diventato tutt’uno con la natura che ti circondava.”
“Non credere, conservavo la mia individualità. Un giorno mi sembrò di sentire dei passi pesanti, come se elefanti si stessero avvicinando. Aprii gli occhi per vedere da dove arrivavano e mi alzai. Sembrava tutto così reale!”
“E li hai visti? Erano scappati dallo zoo?”
“No, non c’erano elefanti, ero solo nel prato. Mi resi improvvisamente conto che con le orecchie ero riuscito a udire il battito del cuore, lo avevo scambiato per un elefante che camminava!”
“Ti sarai spaventato. Quanti anni avevi?”
“Penso 10 o 11. Mi misi a ridere e mi ributtai sull’erba. All’epoca facevo un altro gioco, guardavo la forma delle nuvole e immaginavo cosa potevano essere.”
“Lo abbiamo fatto un poco tutti. Mi sembra fosse Leonardo da Vinci che lo consigliava ai giovani pittori, serviva a stimolare la fantasia. Tu che ci vedevi?”
“Oh un sacco di cose tipiche dell’età. Facce, il fumo di scappamento delle macchine, qualche animale. Una volta vidi nettamente un lupo, ma durò solo qualche istante. Era un teatro in continuo mutamento. Presto arrivava sera.”
“Dai, giovane sognatore, è ora di tornare a casa.”
“E proprio lì iniziava il bello. Tornando a casa notavo sempre dei sassi dalle forme o colori strani e li raccoglievo. Un giorno trovai un ramo che mi sembrò molto bello, non mi ricordo più perché ma so che lo conservai molto tempo insieme ai sassi.”
“Ho letto di uno scultore che in Francia realizzava cose simili. Raccoglieva ed esponeva dei rami trovati nel bosco come opere d’arte sue. Asseriva che erano proprio sue perché per primo ne aveva intuito la bellezza. So anche che vendendole ci faceva dei bei soldi.”
“Ah che bravo, io mi sono sempre chiesto a cosa potevano servire quei miei pomeriggi. Erano piacevoli ma in fondo inutili, come scoprire un volto sulla corteccia di un albero. Una foglia o un sasso mi suggerivano il concetto della bellezza, anche se all’epoca non ne sapevo niente.”
“Forse allora già da bambino eri alla ricerca del tuo Paradiso Perduto, lo ricercavi nelle nuvole, nell’arte naturale. Gli studiosi dicono che qualcosa di simile succedeva anche nella Preistoria. Forse quella che noi oggi chiamiamo Arte è nata proprio da lì.”
“Ah sì? Quante cose che si scoprono. Io mi sono sempre un po’ vergognato di queste mie fantasticherie.”
“Non dovresti: spesso si sono trovate nei siti preistorici, accanto a lance, ossa e armi, anche dei sassi dalle forme insolite, quasi giocattoli. L’essere umano anima con la fantasia bambole e giochi e all’epoca la Natura doveva offrirne parecchi di stimoli.”
“Chissà come si divertivano!”

(precisazione sull'immagine: un burlone inserì questa incisione vistosamente falsa nel settore "Arte Preistorica" del British Museum. Nessuno se ne accorse. Dopo circa un mese un visitatore impietosito avvertì i guardiani del museo che gli avevano tirato uno scherzo :) )

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