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venerdì 16 marzo 2018


LA MIA PRIMA ASSEMBLEA SCOLASTICA

Me la ricordo bene, era il 16 marzo 1978. E’ passato tanto tempo ma la prima assemblea “politica” a scuola è ancora un ricordo speciale.

All’epoca ero un adolescente brufoloso che frequentava il liceo dai Salesiani, scuola molto compassata altro che i turbolenti licei statali di Milano pieni di scioperi, occupazioni, assemblee e dibattiti, lì non volava una mosca. Quella mattina però, durante una lezione di latino, si udì un rumoroso trambusto nei corridoi.
Gli studenti dell’ultimo anno, i “grandi”, erano usciti dalle loro aule e gridavano di recarsi nel salone centrale per una assemblea.

Una assemblea! In sei anni che ero di Salesiani non c’era MAI stata una assemblea, queste sciocchezze potevano accadere solo nelle scuole pubbliche, non certo dai preti dove vigevano decoro e timor di Dio.
Il professore di latino uscì irritato dall’aula, certo per redarguire i facinorosi, Noi studentelli eravamo attoniti. Era finalmente scoppiata la rivoluzione? Dopo due minuti il professore rientrò sbiancato in volto e disse di recarci subito nel salone con gli altri. Che stava succedendo?

L’aula magna era zeppa così di studenti, c’eravamo tutti. Don Zanichetti il preside non avendo il microfono ci intimò di fare silenzio, doveva dire una cosa importante.
Quella mattina le famigerate Brigate Rosse, il gruppo terroristico che allora spadroneggiava in Italia, aveva rapito Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana.
Aldo Moro rapito! Era una bomba! Fatte le debite proporzioni, era come se oggi terroristi islamici rapissero Berlusconi o Grillo. I preti invitavano alla calma ma era chiaro anche a noi ragazzini che l’Italia era sull’orlo della guerra civile contro un nemico invisibile ma spietato.

E’ difficile far capire ai giovani d’oggi l’angoscia e il turbamento che invase tutti dopo questa notizia. Oggi la situazione generale è molto più tranquilla, la politica certo può diventare importante (vedi le ultime elezioni) ma resta comunque una parte della vita. Negli anni ’70, i famosi “Anni di Piombo”, non era così, la politica colorava tutto. Tutto.

Musica, vestiti, libri, lavoro, amori, vacanze etc dovevano essere sempre filtrati dalle domande “Ma a che serve politicamente? Che messaggio vuoi inviare? Da che parte stai?”. Un giovane di oggi si mette a ridere nel sentire queste domande ma ai tempi il privato era veramente diventato politico e non si scappava.
Ricordo una pressione incredibile. Qualche anno dopo iniziò il cosiddetto “riflusso” in cui ci si voleva solo divertire e “politico” divenne una parolaccia (per esempio adesso alle elezioni molti si guardano bene dal presentarsi come politici di professione, se ne fanno un vanto di questo).

Torniamo al marzo 1978, mille anni fa. I 55 giorni che durò il rapimento di Moro li ricordo ancora come un incubo nazionale. C’era Polizia dappertutto e io stesso venni perquisito più volte mentre mi recavo a scuola. Cosa c’è nello zaino? Libri, solo libri. Di solito la Polizia con noi studenti era bonaria ma in quei giorni tenevano tutti le mitragliette in mano e il muso era cattivo.
Anni di Piombo.
Come andò a finire? Moro alla fine venne ucciso e il 9 maggio il suo corpo ritrovato nel bagagliaio di una Renault. E quel giorno dai Salesiani ci fu la seconda assemblea e decidemmo tutti di scendere in piazza.



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