I primi anni da bambino per Piero erano stati una serie di violenze, abusi e maltrattamenti impressionanti. Era stato violentato a meno di 10 anni da un fantomatico zio che poi era scappato e da bambino piangeva sempre. La sua famiglia era anche uscita un paio di volte sui giornali e per i motivi sbagliati. Diventato a fatica un adulto, Piero era rimasto in ogni caso un uomo tormentatissimo, che più volte aveva tentato il suicidio. Trattate bene i bambini per favore, non li farete soffrire da grandi.
Durante i nostri incontri al CPS (centro psicosociale) dove lavoravo come psicologo mi mostrava disegni e scritti sempre di una cupezza impressionante. Quando arrivava la sera si metteva al tavolino e buttava sui fogli il mare di dolore che aveva dentro. Piangeva e ascoltava sempre quella canzone dei Queen “Who wants to live forever?”. Povero Piero, avrei voluto aiutarlo di più, lo ascoltavo con riguardo, aveva bisogno di sfogarsi.
Anche perché uno spiraglio c’era stato. Nella sua vita buia anni prima era avvenuto un vero miracolo, che lo riempiva di speranza e luce e sa Dio quanto ne avesse bisogno: aveva trovato una moglie che lo amava profondamente e che lui ricambiava con una devozione assoluta. Quando parlava di lei gli occhi si aprivano e la magnificava senza ritegno, senza di lei era veramente perduto.
A sentirlo così infervorato mi ritrovavo spesso ad immaginare un incrocio tra Sharon Stone e la Madonna e fantasticavo anch’io. Uno splendore. “L’amore ti ha salvato, Piero” concludevo sospirando.
Comunque la storia che volevo raccontare è questa. Un pomeriggio arrivai al CPS e mi sento chiamare da Piero in sala d’aspetto. “Dottore, dottore! Le voglio presentare mia moglie, voleva ringraziarla per quello che sta facendo per me.”
“Oh finalmente la conosco –dissi-, ho sentito tanto parlare di lei.” Mi avvicinai per salutarla e spero che tanti anni di impassibilità professionale mi siano serviti.
Dicesi Impassibilità Professionale quella capacità che prima o poi un professionista acquisisce, per cui riesce a rimanere calmo e freddo senza farsi sopraffare dalle emozioni anche in situazioni di lavoro critiche, riuscendo comunque a conservare l'empatia. Se siete anziani del mestiere sapete benissimo di cosa parlo. E' qualcosa che si impara, ne avevo già parlato qui
Risposta di Luca Tartaro a Che cos'è l'empatia?
Quel giorno la moglie di Piero mi salutava con calore ma per farla breve era lievemente diversa da Sharon Stone o dalle immagini iconiche della Madonna. Raramente ho visto una donna così. Non vado oltre per non offendere ma avete capito. Le strinsi la mano e feci entrare Piero nello studiolo per il nostro solito colloquio settimanale.
Presto notai un cambiamento spiacevole in me. Adesso quando Piero mi parlava di sua moglie… non vagheggiavo più. Ed era brutto. Prima la vedevo con i suoi occhi innamorati e la pensavo bellissima, ora però la realtà oggettiva imponeva la sua brutalità, un tributo che non mi piaceva affatto e con cui bisognava fare i conti. E non seguivo più veramente Piero nelle sue fantasie. Il sacro era diventato profano. Solo a fatica, ricordo, riacquistai interiormente la capacità di immedesimarmi, ad amare oltre l'apparenza..
Ricavai comunque da questa esperienza una convinzione: da allora evito, a meno che non sia necessario, di incontrare parenti o amici o altro del paziente. Io desidero entrare e comunicare con il suo mondo interiore, la “realtà”, la "verità" per favore teniamola fuori dalla porta.
Non voglio vedere il mondo con i miei occhi, ma con i tuoi.
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