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giovedì 30 marzo 2017

IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Forse hai presente gli ultimi capitoli dell’Odissea, quando Ulisse torna a Itaca dopo vent’anni di assenza. Gira per la città vestito di stracci, nessuno lo nota e una volta era il Re dell'isola. Oggi non è "nessuno": i suoi genitori sono morti, suo figlio Telemaco neanche si ricorda (sfido, aveva un anno quando se ne è andato) e, incredibile, nemmeno sua moglie Penelope, che tanto lo aveva aspettato, lo riconosce.

Mentre vaga per le strade di Itaca si imbatte nel suo vecchio cane Argo, ormai morente, che lo riconosce e sbatte la coda. Il primo a capire che era lui. Ulisse, senza parlare, commosso lo accarezza e Argo muore felice tra le braccia del suo padrone. Solo altri due lo riconoscono, una anziana balia ormai cieca per via di una cicatrice sulla gamba e un porcaro di nome Eumeo.

Omero ci stava lanciando un messaggio: sono personaggi tra i più semplici del suo lungo poema, ma riescono a capire qualcosa che uomini e donne più intelligenti di loro non arrivano nemmeno a concepire, che quel vagabondo lacero è in realtà il loro re Ulisse. Quasi come se l’intelligenza, la più nobile delle qualità umane, in certi momenti diventasse non una via, ma un ostacolo alla conoscenza e ai rapporti profondi, che sono il segreto della felicità.

Per essere felice, per riuscire a capire veramente, per andare a fondo, non usare l'intelligenza o perlomeno non limitarti a quella. Piuttosto ricordati di Argo, della vecchia balia, di Eumeo.

Per altre strategie, continua a seguirci

MAESTRO YODA
Come si dice a Milano, il nanerottolo verde è “picinìn, brut e cattif” (piccolo, brutto e cattivo). Ma quando il maestro Yoda parla in Guerre Stellari, tutti muti e ascoltare si deve.
Ieri per esempio non volevo fare una cosa, con sforzo mi son detto
“vabbè dai, proviamoci…”. Ma Yoda mi ha guardato male e mi sono ricordato delle sue parole. Oh, alla fine ha funzionato!
(Per i colleghi psicologi: il Super-Io ha trovato una forma moderna, e che diamine!)
CHERCHEZ LA FEMME!

I francesi lo avevano capito da tempo, da qualche parte all'origine di tutto c'era sempre una donna.

IL PRIMO AMORE

Vale anche per i papà col biberon! Secondo anzi molti psicoanalisti, questo contatto visivo col volto dell'amoroso genitore è per gli esseri umani un vero imprinting, è all'origine di quel senso di bellezza che ci porteremo dietro tutta la vita.
PAROLE AFFETTUOSE

Detto in altri termini, "il dono è la forma più moderna del baratto" (Jared Diamond). Chi regala qualcosa sottintende cioé la frase "mi aspetto in cambio qualcosa di analogo da parte tua".
E' uno dei significati profondi del regalo. Anche se sembra innocente, non sfugge alla umanissima legge della Reciprocità: io faccio qualcosa per te quindi tu farai qualcosa per me. Ecco perché chi riceve un regalo spesso si sente in imbarazzo (lo devo accettare?). La Reciprocità lavora.
Conclusioni: Plutarco ci indica una semplice via per sfuggire a questo disagio, accompagnare sempre il regalo con parole affettuose. Mai dimenticare il bigliettino insomma!
QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO

“One flew east, one flew west, one flew over the cuckoo’s nest”
(Uno è volato a est, uno è volato a ovest, uno è volato sul nido del cuculo – canzoncina per bambini americana che indica chi finisce in manicomio)
Un libro e un film bellissimi e commoventi, che hanno cambiato per sempre il nostro modo di vedere i “matti”. Jack Nicholson al culmine della sua bravura.
Quando sei determinato nulla può fermarti
SAPORE DI SALE

Questa famosa canzone contiene una profonda verità psicologica.

Siamo abituati infatti da sempre a definire il sentimento dell’amore come dolce e tenero, a tal punto che spesso diventa stucchevole. Un evidente tentativo di “addolcire” l’amore e renderlo in qualche modo addomesticabile, zuccherino, non pericoloso. A volte certo l’amore è molto dolce, ma è sempre così?

No. L’amore sarà dolce come il miele ma possiede anche una componente salata, selvatica, non eliminabile. Che anzi spessissimo prende il sopravvento e rivela la sua forza esplosiva, anarchica. Non accettare questa parte si è visto che riduce l’amore ad un trasporto privo di corpo, incompleto, quasi noioso.

Sarà anche la scoperta dell’acqua calda ma osservando la melassa di cuoricini che ci circonda non è male tenerla presente. Freud stesso nei suoi “Tre saggi sulla sessualità” del 1905 metteva in guardia dal considerare l’amore solo nelle sue parti più accettate e comuni, improntate alla dolcezza. “Non siamo ipocriti”.


E l’amore salato, come ci ricorda Gino, può essere molto, molto bello. Grazie!

lunedì 27 marzo 2017

RESISTERE! RESISTERE!

“Comandante, cosa ne pensa? Quelle nuvole sono nerissime. Al mio naso non piacciono.”
“Il tuo naso ha ragione, John. Sta arrivando una burrasca e sarà di quelle forti.”
“Forte come in Olanda?”
“Di più. Non me la sento di mentire, sarà forse anche peggiore di quella volta.”
“Impossibile.”
“Le previsioni peggiori si sono avverate. E adesso fa pure troppo caldo. E c’è un silenzio e un vento di libeccio che non mi piace. A volte caldo a volte freddo. L’ho sentito così solo una volta e dopo si è scatenato l’inferno.”
“Il libeccio porta la morte.”
“Zitto! Pensate a chiudere tutti i boccaporti.”
“Oddio mi sta venendo la nausea. Oh Capitano, non possiamo evitare la tempesta?”
“No, siamo accerchiati dal maltempo. Mettete in sicurezza tutto quello che si trova nella stiva e nella cambusa. Presto, obbedite!”
“Aye aye sir!”
“Legate anche tutto quello che trovate nel Quadrato Ufficiali. Tutto. Si ballerà. Massima allerta.”
“Agli ordini. Capitano, cos’è quella linea nera? Oddio il cielo è diventato tutto scuro.”
“Stai calmo, marinaio, lasciami prendere il binocolo. …Sì, è quello che temevo. Un’onda anomala, si sta dirigendo verso di noi. E’ gigantesca, tra pochi minuti sarà qui.”
“Oddio moriremo tutti! Moriremo in questo sporco viaggio!”
“No non moriremo, nessuno morirà. State calmi e preparatevi. Nostromo, metti la nave di punta, le andremo incontro così.”
“Non ce la faremo mai Comandante, non ce la faremo mai!”
“No, la nave è solida. Resistete e ce la faremo.”
“Sta arrivando! Sta arrivando!”        
“Tenetevi forte, aggrappatevi, se volete vivere dovete resistere!”
“Eccola eccola, Dio perdonami perdonami non voglio….”
“Basta frignare! Dovete resistere! Resistere!“

https://www.youtube.com/watch?v=3UCCjUra9Nc





giovedì 23 marzo 2017

SELVATICA!

“Ahia, Bea!”
“Ti ho fatto male?”
“Ma sei matta? Mi sei saltata sulla pancia!”
“E’ che ho visto qualcosa muoversi sotto le coperte.”
“Ero io che mi grattavo la pancia. Possibile che adesso non posso grattarmi in santa pace che tu subito mi zompi addosso?”
“E’ che voglio giocare.”
“Sono giochi che non mi piacciono, Bea. E meno male che la settimana scorsa ti ho tagliato le unghie, altrimenti bucavi il piumone.”
“Dai, lasciami giocare, non capisco perché te la prendi.”
“Alle 4 di notte? E lasciami dormire tranquillo, io sono democratico, mica ti disturbo quando dormi.”
“Sciocco, sai che non sono democratica. Nessuno di noi lo è. La democrazia è una invenzione di voi umani e io sono un animale. Sono selvatica, che ti piaccia o no.”
“Ma le regole della civile convivenza valgono anche per i gatti immagino.”
“Non ti preoccupare, so rispettare chi comanda.”
“Va bene dai, non litighiamo più Bea. Vieni qua che ti accarezzo, facciamo pace.”
“Eccomi.”
“Bella micina, amore amore fai le fusotte al Luca, amore amaUAAAHIAA!”
“Morsetto amoroso.”
“Morsetto amoroso un corno, se ti acchiappo…”
“Prima devi prendermi! Marameo!”
“Guarda, guarda! Mi hai lasciato il segno dei denti. E io che volevo solo dormire!”
“Uh, quante storie.”
“Se lo racconto in giro non mi credono ma io devo trovarlo un modo per calmarti, ci sarà pure un modo… un addestratore, un farmaco, una macumba…”
“Fai fai, intanto ti zompo addosso però. Hihihihihi.”
“Oddio cosa mi sono messo in casa. Sembri tanto buonina e innocente ma tu non sei un gatto, dì la verità, sei una piccola tigre!”





mercoledì 22 marzo 2017

L’IMPASSIBILE PROFESSIONISTA

Piero non era stato trattato bene dalla vita. I primi anni da bambino erano stati una serie di violenze, abusi e maltrattamenti impressionanti. Quel pover’uomo era partito proprio dal basso. La sua famiglia era anche uscita un paio di volte sui giornali e per i motivi sbagliati.
Diventato a fatica un adulto, Piero era rimasto in ogni caso un uomo tormentatissimo, che più volte aveva tentato il suicidio. Trattate bene i bambini per favore, non li farete soffrire da grandi.

Durante i nostri incontri al CPS (centro psicosociale) dove lavoravo come psicologo mi mostrava disegni e scritti sempre di una cupezza impressionante. Quando arrivava la sera si metteva al tavolino e buttava sui fogli il mare di dolore che aveva dentro. Piangeva e ascoltava sempre quella canzone dei Queen “Who wants to live forever?”. Povero Piero, avrei voluto aiutarlo di più ma non sapevo bene come. Comunque lo ascoltavo con riguardo, aveva bisogno di sfogarsi.

Anche perché uno spiraglio c’era stato. Nella sua vita buia anni prima era avvenuto un vero miracolo, che lo riempiva di speranza e luce e sa Dio quanto ne avesse bisogno: aveva trovato una moglie che lo amava profondamente e che lui ricambiava con una devozione assoluta. Quando parlava di lei gli occhi si aprivano e la magnificava senza ritegno, senza di lei era veramente perduto.
A sentirlo così infervorato mi ritrovavo spesso ad immaginare un incrocio tra Sharon Stone e la Madonna e talvolta vagheggiavo anch’io. Uno splendido esempio di resilienza!, come diciamo noi psicologi. “L’amore ti ha salvato, Piero”, pensavo con una punta di invidia.

Comunque la storia che volevo raccontare è questa. Un pomeriggio arrivai al CPS e mi sento chiamare da Piero in sala d’aspetto. “Dottore, dottore! Le voglio presentare mia moglie, voleva ringraziarla per quello che sta facendo per me.”
“Oh finalmente la conosco –dissi-, ho sentito tanto parlare di lei.”
Mi avvicinai per salutarla e spero che tanti anni di impassibilità professionale mi siano serviti.

Dicesi Impassibilità Professionale quella capacità che prima o poi un professionista acquisisce, per cui riesce a rimanere calmo e freddo anche in situazioni di lavoro critiche. Se siete anziani del mestiere sapete benissimo di cosa parlo.

La donna che mi salutava con calore….era lievemente diversa da Sharon Stone o dalle immagini iconiche della Madonna a cui siamo abituati. Anzi. Non vado oltre ma avete capito. Le strinsi la mano e feci entrare Piero nello studiolo per il nostro solito colloquio settimanale.
Però presto notai un cambiamento spiacevole in me. Adesso quando Piero mi parlava di sua moglie…non vagheggiavo più. Ed era brutto. Prima la vedevo con i suoi occhi innamorati e la pensavo bellissima, ora però la realtà oggettiva imponeva la sua brutalità, un tributo che non mi piaceva affatto ma con cui bisognava fare i conti. E non seguivo più veramente Piero nelle sue fantasie.
Mi accorgo che ho già fatto questo discorso a proposito di Sarita Colonia, la ragazza che molti peruviani vorrebbero santa e che nelle sue rare foto appare molto diversa dai dipinti sacri che circolano. Questa volta però è stata una mia esperienza personale, in cui per così dire ho perso qualcosa del mondo interiore e il sacro era diventato profano.
E non è stata una perdita da poco: Piero grazie a questa donna era riuscito a costruirsi una casa, una famiglia, un futuro. Per lui era veramente stata una salvatrice. Il mondo è così villano.

Ecco perché io da allora evito, a meno che non sia necessario, di incontrare parenti o amici o altro dei pazienti. Io desidero entrare e comunicare con il loro mondo interiore, la “realtà” per favore teniamola fuori dalla porta.

Non voglio vedere il mondo con i miei occhi, ma con i tuoi.

https://www.youtube.com/watch?v=_Jtpf8N5IDE

lunedì 20 marzo 2017

IL TELEFONO CHE NON SQUILLA

“Cos’hai? Ti vedo molto giù.”
“Hai ragione, ma in questi ultimi tempi sto provando una delle sensazioni più mortificanti e umilianti che un adulto moderno e disoccupato possa provare, un telefono che non squilla.”
“In che senso?”
“Nessuno che ti cerca. Gli ami li ho lanciati, la pubblicità è stata fatta, public relations con tutti, professionalità aggiornata…eppure nessuno chiama. Provo una inutilità profonda.”
“E’ un momentaccio per tutti.”
“Lo so, per questo lo dico solo a te che sei un amico, ma la mia sensazione non avendo un lavoro impegnativo è proprio quella di essere un poverino, la dignità rischia di scivolare sotto i tacchi e già non è che fosse ai massimi. Tanto studio, tanto impegno, nottate spese in progetti che alla fine si sono rivelati fallimentari…”
“Forse dovresti abbassare le aspettative.”
“Già fatto, già fatto. Mi sono proposto anche…lasciamo perdere. Sotto un certo livello comunque non voglio andare, tanto varrebbe lavorare come volontario e farsi sfruttare.”
“E non essere pagato, che è un errore. Sai come dicono gli americani “se sai fare qualcosa bene, non farla gratis”. E hanno proprio ragione secondo me.”
“Anche secondo me, ma il telefono non squilla lo stesso. Sto scontando tutti i miei peccati professionali del passato e il brutto è che non capisco nemmeno l’errore vero dove sta veramente.”
“Forse ci vuole solo tempo.”
“Ne sta passando troppo, c’è qualcosa che non va.”
“Allora occorre cambiare rotta.”
“In che senso?”
“Se vuoi qualcosa di nuovo, devi fare prima tu qualcosa di nuovo, mai fatto prima.”
“Per esempio? Dimmelo, sinceramente. Sono in ascolto di qualsiasi proposta.”




sabato 18 marzo 2017

IL PORO ZIO

“Attenta cara dove siamo ora. Stiamo attraversando corso Buenos Aires, una delle vie più eleganti di Milano.”
“Quanti negozi di design stupendi ci sono!”
“Ah sì il Design, l’arte utile. Milano dicono sia la capitale del Design.”
“Un giorno mi devi lasciare qui, me li voglio vedere tutti!”
“Insieme con un bancomat cicciotto!”
“Non essere stupido, sai che non sono così. Io voglio bearmi della bellezza. Quante marche famose che una volta vendevo: Alias, Zara, Infiniti, Gucci, Lube, T70, H&M….”
“Hitler e Mussolini!”
“Ma no, è una marca svedese. E’ la abbreviazione di femminile e maschile, mi pare.”
“A proposito di Mussolini, corso Buenos Aires termina proprio in piazzale Loreto. E’ quella grande che si intravede  in fondo.”
“Piazzale Loreto? L’ho già sentito questo nome.”
“E’ dove l’avventura del duce ebbe fine. Dopo averlo fucilato, i partigiani scaricarono il suo corpoe quelli dei fedelissimi in piazzale Loreto, dove erano stati fucilati dei partigiani. Attaccarono i cadaveri a testa in giù ad una pompa di benzina e per tre giorni vennero dileggiati dal popolo.”
“Poro zio.”
“Indro Montanelli era tra la folla e parlò di macelleria messicana. Poi dopo tre giorni il Cardinale Schuster, che all’epoca era il Cardinale di Milano, disse “basta così”. Fece prendere di notte le salme, o quello che rimaneva, e le fece seppellire.”
“Dove?”
“Non si sa di preciso, in un posto segreto. Ci sono tante ipotesi a riguardo.”
“Non si meritava una fine simile.”
“Ma ha trascinato l’Italia in una guerra sanguinosa e inutile. E poi ha fatto soffrire e uccidere tanta gente. Era un dittatore che alla fine ha rivelato la sua anima sanguinaria. Cosa deve fare una persona per parlarne male?”
“Ha fatto anche tante cose buone.”
“E l’han beccato mentre scappava in Svizzera con l’amante.”
“Eh già, perché nessuno ha l’amante!”
“Sì, ma non vanno in giro a dire “Chi abbandona Dio, Patria e Famiglia non merita rispetto”! Un po’ di coerenza, che diamine.”
“L’hanno tradito e abbandonato!”
“Non diciamo sciocchezze, è scappato, come il Re. Ricordo ancora il volto addolorato di mia nonna quando diceva “Il Re….l’è scapà…”. Ma sono vecchie storie dolorose, dai non ritiriamole fuori. Dopo la guerra l’Italia per me ha attraversato un periodo di guerra civile. Quante atrocità. Ma poi l’Italia ne è uscita ed è andata avanti. Forse se oggi vedi così tanti negozi di design è per la libertà che c’è stata in seguito.”
“Non ne sarei così sicura. Dov’è questa famosa pompa di benzina?”
“L’hanno smantellata e sopra ci hanno seminato l’erba, in modo che non ne rimanesse traccia. Un po’ come han fatto per il bunker di Hitler a Berlino, per evitare che i nostalgici si recassero lì.”
“Che peccato.”
“Sic transit gloria mundi.”



martedì 14 marzo 2017

CANTO IN LINGUE

Domenica ho provato la mistica esperienza del Canto in Lingue, un tipo di canto antichissimo e millenario.
Difficile e insieme facile descriverlo: per più di mezzora un folto gruppo radunato nella cripta della Chiesa dell’Osservanza di Siena ha mormorato ognuno andando per conto suo parole inventate o provenienti dal cuore, invocando lo Spirito. All’inizio sembrava un guazzabuglio ma in brevissimo tempo tutto il gruppo si è coordinato e ha raggiunto una sorta di trance collettiva, molto suggestiva. Massimo rispetto, anche per me che pur sperimentandola dall’esterno non potevo non riconoscerne la grande bellezza.

Per inciso, lo stesso Papa Francesco conosce benissimo la potenza del Canto in Lingue, essendo stato per anni a capo del movimento carismatico di Buenos Aires, dove veniva intonato spesso.

Questo ne è un piccolo esempio, che ho registrato domenica.

https://www.youtube.com/watch?v=WbRUCBqrWxw



lunedì 13 marzo 2017

SARITA COLONIA

Sarita è un vezzeggiativo affettuoso, in spagnolo significa “piccola Sara”. E Sarita Colonia era una ragazza nata e vissuta a Lima, la capitale del Perù, morta molto giovane di malaria nel 1940 a soli 26 anni. Nei quartieri poveri di Lima però era famosissima, sempre con una buona azione e del pane per tutti, soprattutto i bambini piccoli. Una ragazza di trincea, che non esitava a prodigarsi e sporcarsi le mani. Come madre Teresa di Calcutta ma in versione giovane e sudamericana. Molto venerata dal popolo, dopo pochi anni sulla sua fossa comune venne eretta una chiesetta che è sempre piena di fiori e candele.

Avendo “fama de santidad” tra i peruviani sarebbero in tanti a volerla santa anche se in Italia è praticamente sconosciuta (nella Wikipedia italiana per esempio non c’è una pagina dedicata a lei). Il culto è troppo recente. Per meandri poi che non mi sono esattamente chiari i delinquenti le sono molto devoti e forse per questo non l’hanno ancora proclamata santa. Se vedete un latino con il tatuaggio di Sarita Colonia drizzate le antenne.


Ma ecco il dato interessante. Di Sarita Colonia esistono anche rarissime foto in bianco e nero, da cui non emerge certo una ragazza particolarmente avvenente. Molto diversa dalle immagini purificate e quasi ascetiche che circolano e avete visto prima, in cui gli occhi sono grandi, il volto affusolato, la pelle sbiancata e il collo sottile, da “santa anoressica”.


Chissà come sarebbero i volti dei santi che amiamo se li potessimo vedere realmente. Ma poi penso, ha davvero così importanza? E’ questo quello che conta? Affannarsi a cercare il potere e la gloria, ed ecco che una povera ragazza del popolo supera tutti e lancia il suo messaggio. Non sarà il tuo aspetto o le opere eclatanti a renderti oggetto di venerazione.
Ma allora come si fa? In fondo è semplice: se vuoi essere ricordata come bella non sarà per il tuo aspetto o per quello che tieni dentro, ma per le cose che fai e l’amore che doni ogni giorno.



venerdì 10 marzo 2017

IL CALZINO PERDUTO (ultima parte)

“Oddio ma sei tu! Sei tu!”
“Eccomi tesoro, te l’avevo detto che avrei fatto qualunque cosa per venire da te. Senza di te io non sono niente, ho bisogno di te. Non piangere adesso, ti prego, è un momento felice questo.”
“Vieni qui! Vieni qui! Stringimi! Quanto ho pregato di ritrovarti. Avevo così paura, pensavo di averti perso per sempre, sempre al freddo dell’incompletezza, della solitudine. Ho ancora freddo! Freddo!”
“Stai tremando, vieni, lasciati abbracciare.”
“Oh amore, mia gioia, abbracciami, ho bisogno di te. Abbracciami, riscaldami.”
“Sono momenti felici questi, vivranno per sempre in noi.”
(dopo queste parole arriva un vento potente e naturale, quasi divino, che loro conoscono bene. Presto i due calzini si ritrovano riuniti in un abbraccio totale)
“Sì sì! Dimmi che non mi lascerai mai più.”
“Mai più, mai più amore. Tu sei tutto per me. Non posso pensare di vivere senza te, fino alla fine del tempo.”
“Stringimi stringimi forte!”
“Voglio stringerti così tanto, così tanto da perdere i nostri colori. Voglio…voglio sbiadire con te, meravigliosamente. Voglio diventare come quella coppia di calze in fondo al cassetto, piena di buchi e che dorme abbracciata da anni.”
“Quante coppie intorno a noi che dormono al buio tiepido. Finalmente anche noi.”
“Tienimi forte mentre ci addormentiamo. E’ la cosa più bella del mondo addormentarsi insieme.”
“Addormentarsi abbracciati. E’ questo l’amore. E’ questo.”

mercoledì 8 marzo 2017

IL CALZINO PERDUTO (parte prima)

“Tienimi per mano, per favore. Ho paura.”
“Eccomi, son qui, sai che non ti lascio. E’ normale avere paura, tesoro, con tutte le storie che si sentono nel cassetto.”
“Normale?”
“Sì, però ti assicuro che non c’è da preoccuparsi.”
“E’ la prima volta che vengo qui.”
“Anche per me, lo sai. Qualcuno mi ha parlato molto bene della Purificazione, altri meno. Ma tutti alla fine dicono la stessa cosa, che è una esperienza da provare. Boh chissà dove sta la verità.”
“Si racconta di un grande buco nero che rotea rotea finché perdi la memoria.”
“Sì, l’ho sentita anch’io quella storia. Ma poi ti svegliavi con la luce del sole e un buon profumo. E se è così vedi che non c’è nulla da temere? Non stare ad ascoltarli certi discorsi, a volte chi li racconta si diverte a spaventare, ci fanno solo del male.”
“Ma un pericolo vero c’è, lo sai bene.”
“Di cosa parli?”
“Di perderci, di non trovarci più. A qualcuno è successo, è rimasto da solo. Non so se riuscirei a sopravvivere.”
“Non succederà nulla di tutto questo.”
“Non mi lasciare, ti prego. Non voglio diventare come uno degli spaiati che stanno nel cesto di plastica. Sai che per noi essere da soli è la morte.”
“Non può succedere. Non può perché io sento un amore profondo per te, le nostre anime sono intrecciate. Senza di te non c’è completezza in me, solo infelicità. Ti cercherei ovunque.”
“Anch’io non voglio perderti. Sta per arrivare una prova terribile, lo sento, fammi coraggio. Stringimi forte e non mi lasciare per nessun motivo, hai capito?”
“Va bene, guardami. Guardami adesso. Ed entriamo, io sarò con te. Io sarò con te.”

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IL CALZINO PERDUTO (parte seconda)

Profonda tristezza. Come è triste rimanere la metà di due, abituati come si era ad essere insieme alla metà che non c’è più.
Era accaduto proprio ciò che temevo, ci eravamo persi. Io il calzino sinistro e tu quello destro non più uniti. Ma adesso eravamo distanti, separati. Non capivo come poteva essere successo.
Oh certo, in questo cestino la compagnia è molto variegata e qualche volta buffa ma non c’è più la completezza e serenità che provavo prima. Non c‘è più, mi manca qualcosa e il pensiero che potrebbe essere per sempre è intollerabile. Non mi ritrovo più.
Il cassetto è pieno di calzini spaiati che hanno perso la loro metà, fanno finta di divertirsi ma non ingannano nessuno. Tutti cercano negli occhi dell’altro un tessuto che non esiste. Devo…Devo recuperare la mia metà!


IL CALZINO PERDUTO (terza parte, presto ultima parte)

“Gina, ti posso raccontare una cosa strana?”
“Teresa oh, icche è successo? Hai un muso che ‘un mi garba. Oggi ti vedo più strulla del solito.”
“Hai presente il reparto asciugatura? Hai presente quella stanza?”
“Eccerto.”
“E’ tutto il giorno che ci penso Gina, forse sto diventando matta.”
“Strulla lo eri di già, Teresa. Vuoi aumentare il ‘arico?”
“Dio benedica la Toscana. Comunque mentre ero lì mi è sembrato di vedere un calzino che si muoveva.”
“Eh? In chessenso?”
“Nel senso che ogni volta che ci posavo lo sguardo sopra era sempre in un posto diverso. Ho incominciato a guardarlo con la coda dell’occhio e ad un certo punto giuro che si è mosso. Mi era addirittura sembrato che cercasse di salire nel cesto dei calzini scompagnati.”
“Gesummaria, c’è un topo in reparto!”
“Ho pensato anch’io a qualche animaletto, infatti l’ho stuzzicato col bastone della scopa ma era proprio piatto, l’ho sollevato ed era floscio come un calzino vuoto. Sembrava normale, normalissimo. Solo che si spostava.”
“Nun ci casco Teresa, nun mi incicci. Tu c’hai le chiorbe che ti ruzzano in capo, o bella.”
“Eppure è così, ti giuro che è vero. Si muoveva!
“Adesso pure il ‘alzino posseduto. Teresa, tu se’ storta come la strada di Prata!”
“Mah sarà. A proposito, poi ho controllato nel cesto dei calzini spaiati e ne ho ritrovati due uguali. Mi sa che ti erano sfuggiti. Li ho riuniti a palla e messi nel loro cassetto.”
“Brava. ‘osì mi garbi, Teresa. Basta pensà a certe strullate.”
“Però sai che a quel calzino che si muoveva continuo a pensarci?”
“Ma che, hai pisciato mentre ti battezzavano?”
“Eh?”
“Si dice dalle parti nostre, vuol dire che tusse’ grulla perridere!”
“Eppure quel calzino si è mosso, Gina.”

“Eh sì, adesso i calzini fanno le scalate!”



venerdì 3 marzo 2017

SEGUA QUELLA MACCHINA

“Stiamo arrivando a destinazione, signora. Ancora un paio di minuti.”
“Sì, siamo vicini a casa. Bravo, lei ha guidato il taxi molto bene. Il tragitto più rapido.”
“Grazie signora, è trent’anni che in questa città ho la licenza. Adesso dove devo portarla esattamente?”
“Vediamo… ah… segua quella macchina davanti a noi.”
“Quale? Quella grigia?”
“Sì sta andando diritta verso casa mia, sono sicura. Gli stia incollato. Anzi non gli suoni nemmeno per favore, conosco bene quello che guida.”
“Oh, non sarà mica suo marito.”
“Eccerto.”
“E perché allora al treno non è venuto a prenderla lui e ha dovuto chiamare un taxi?”
“Perché…doveva lavorare ed era impegnato.”
“Le ha detto così? Non l’ha contata mica giusta secondo me.”
“Adesso gli faccio una sorpresa. Veramente una sorpresa.”
“Oh signora, pochi scherzi!”
“Tranquillo. Se domani non mi legge sul giornale vuol dire che è andata bene.”
“Ammazza! Certo che le donne son meglio dell’FBI!”




mercoledì 1 marzo 2017

MEDIAZIONE FAMILIARE
Consulenza rivolta alle coppie conflittuali, per riorganizzare le relazioni familiari in presenza di una volontà di separazione e/o di divorzio.
Contattare Dr. Luca Tartaro
cellulare 333.7754233
LUCA TARTARO
Psicologo e Psicoterapeuta, specialista in Mediazione Familiare e nel trattamento di depressioni e ansie
Studio in Milano, via Gaffurio 5 (MM2 Caiazzo)
Per contatti cell 333.7754233
UN PECCATO UMANO MA COSI’ MESCHINO

“Ah sei tu, è molto tempo che non ti vedo.”
“Mi perdoni, Padre, perché ho peccato.”
“In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Che hai combinato, figliolo?”
“Mi vergogno un poco a dirlo perché si è trattato di una cosa non bella.”
“Dio perdona tutti. Dimmi.”
“Ho…sparlato male di una ragazza. Molto male. Ho diffuso delle brutte robe. Mi volevo vendicare lo ammetto. Ma è stato meschino.”
“Come hai fatto?”
“Ho usato Facebook, è arrivato anche nella nostra campagna. Non so se lei ha presente cosa intendo.”
“Me ne han parlato altri confratelli. E’ roba di computer, se ho ben capito. E dunque?”
“Ho sparso delle maldicenze…in forma anonima.”
“Ahia.”
“Ma sono pentito subito. Mi rendo conto che ho fatto una cosa brutta.”
“Perché ce l’avevi su con quella ragazza? Che ti aveva fatto?”
“Aveva preferito un altro a me. Mi sono sentito ferito. Mi volevo vendicare, ma ho sbagliato.”
“Mmmm, ho capito. Un peccato meschino ma molto umano. Sei sinceramente pentito? Non lo farai più?”
“No, mai più, ho capito.”
“Allora ego te absolvo in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.”
“Amen.”
“La pace del Signore sia sempre con te.”
“E con il tuo spirito. Grazie Padre.”
“Devi però fare anche una penitenza perché la tua assoluzione sia completa.”
“Sono pronto, reverendo. Mi dica.”
“Per penitenza oltre alle preghiere dovrai portare al convento anche una gallina della tua fattoria.”
“Va bene, lo dirò a mia madre. Capirà.”
“Torna questo pomeriggio. Mentre sei per strada spiumala. Ci rivediamo qui.”
“Lo farò.”

(Il giovane torna a casa, parla con la madre che gli dà il permesso. Sceglie una gallina, la accoppa e poi mentre si reca in chiesa la spiuma per bene.)

“Eccomi Padre. Sono io.”
“Ah bene, bravo. Hai portato la gallina spiumata?”
“Sì, eccola qua.”
“E le piume? Dove sono?”
“Ma…dovevo portare anche quelle? Non lo sapevo.”
“Dove sono?”
“Non lo so, le ho gettate ai bordi della strada mentre venivo qui. Magari qualcuna riesco a recuperarla ma le altre le avrà portate via il vento.”
“Vedi ragazzo, il peccato che hai commesso è così. Ti sei pentito, hai fatto penitenza e questo va bene. Ma le tue parole si sono diffuse, sono volate lontane da te e non sapresti come recuperare. Non le controlli più.”
“Non ci ho pensato Padre, non volevo. Lei pensa che faranno ancora danno?”
“Stai attento con queste nuove tecnologie, ragazzo. Sono sicuramente belle e utili ma se usate male il loro danno è incalcolabile. Te lo ricorderai?”