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venerdì 24 luglio 2015

“DI CHI E’ O’ BASTONE?”

Ho sempre desiderato visitare Napoli, ma con tutti i tuoi impegni per guadagnarti la pagnotta, caro il mio libero professionista milanese, quando riuscirai ad andarci?
Ma tutto (o quasi) si può fare se c’è la volontà politica, così rosicando un impegno qui e rinviandone un altro là, ero riuscito a liberarmi qualche giorno. Andiamo a Napoli allora?
“Paese del sole, arriviamo!”, esclamo io.

Quando scendiamo dal treno sta diluviando. “Mi sa che abbiamo sbagliato strada”.
Ma no, siamo proprio a Napoli, Napoli! Si vede il profilo del Vesuvio, si sente gente parlare in dialetto, c’è un traffico pazzesco. E per fortuna due amici stanno aspettando volenterosi i panettoni milanesi. Non li ho mai visti ma basta una occhiata per riconoscersi. Ci portano a mangiare subito da un certo Tonino. Sono sveglio dalle 4.00 ma sono caricato, sento poco la stanchezza.
La trattoria è piccola, calda e asciutta. Tonino, un omo de panza, ci fa accomodare in un tavolo con la tovaglia a quadretti e mi chiede qualcosa che non capisco, forse spiega cosa c’è da mangiare. Io rispondo sì sì, va benissimo. In realtà non ho ben compreso cosa mi porterà, ma sembra tutto buono, anzi è proprio buono (per la cronaca “melanzane a funghetto”, non domandatemi di che si tratta, dei locals bisogna fidarsi).
Mentre sta portando via i piatti adocchia il mio fedele aiutante e domanda:
“Di chi è o’ bastone?”
“Ehm, è mio. Mi… mi fa male la gamba.”
“Ma putite guarì? Passerà?”
(Cosa faccio? Gli spiego che ho la sclerosi multipla? Intristisco tutti?) “Mah… penso di no, me la tengo”.
“Non dite accussì! Dopo ve facc’ ‘na cosa che fa bbene assaje”.
Se ne va e riprendo a parlare con l’amico Carmine. All’improvviso sento Tonino arrivare alle mie spalle, mi appoggia una mano sulla coscia e mentre la strofina pronuncia qualcosa sottovoce (un antico scongiuro popolare? una formula magica contro la malasorte? Un incantesimo tramandato da generazioni?).
Io ero immobile. Forse vi sorprenderà, ma in tutta la mia vita a Milano nessun gestore mi aveva mai toccato, ed ecco questo sconosciuto entrare così nella mia sfera privata.
Benvenuto a Napoli.


LA SCULTURA PIU' BELLA DEL MONDO
La bellezza napoletana, signori, tende al “tanto”: una cosa è tanto più bella per loro se va “oltre” e questo in tutti i momenti della vita. I palazzi sono barocchi e infiorati, le statue ostentano elaborati virtuosismi, oro dappertutto, la musica è piena di note e lamenti, la poesia è ridondante, i dolci sono giganteschi, una donna è bella quando è formosa, l’uomo quando cammina da guappo ed è pieno di peli, i dipinti sono saturi di colori, i presepi pullulano di personaggi, la gente per strada grida, eccetera... Naturalmente è difficile conservare ordine ed equilibrio quando tutto è portato all’eccesso, ma ogni tanto il miracolo estetico riesce.
L’esempio migliore forse l’ho ritrovato nella Cappella di San Severo, che ha la più bella scultura che abbia mai visto, quella del Cristo Velato. Da secoli è considerata tra le più belle del mondo. E’ incredibile come si abbia l’impressione, guardandola, di intravedere il volto di Gesù SOTTO il marmo. Come è possibile? Non lo so.

Si dice che il Principe di San Severo abbia fatto accecare lo scultore perché non potesse ripetersi. Forse è solo leggenda, ma riflette bene l’eccezionalità della scultura. E non è l’unica leggenda legata a quest’opera straordinaria.
Ebbene non è finita qui. In un angolo, scendendo per una scaletta, si entra in una cantina dove sono esposte le orripilanti Macchine Anatomiche del Principe, due corpi –maschio e femmina- senza pelle, con le vene e i nervi esposti, congelati in una espressione di sofferenza. Anche qui le leggende si sprecano.

Si passa dal sublime all’orrido in pochi metri, come se fossero uniti insieme. Forse lo sono, sono la stessa cosa. Orrido e sublime, l’eccesso nei due sensi. E non solo lì, ma anche in tutta la città. Che non è solo composta dalle bellezze citate prima, ma pure dai cumuli di spazzatura che ristagnano per le strade (con prevedibili conseguenze estive), dai palazzi ovunque fatiscenti, dalla presenza della camorra che si avverte in molte cose, dai “bassi” degradati dove abita la povera gente, la microcriminalità, la disoccupazione, il selciato sconnesso, il sovraffollamento, le “mele marce che rovinano Napoli”, la minaccia terribile e bellissima del Vesuvio etc
Napoli è un corpo unico. Il Cristo Velato solo se accompagnato dalle Macchine Anatomiche è veramente napoletano. Accettare uno escludendo l’altro impoverirebbe questa città, e questo alla fine lo capisce anche uno straniero.

IL TRAFFICO DI NAPOLI
Guidare da quelle parti deve essere una esperienza interessante. Macchine parcheggiate in 4° fila, auto che prendono le rotonde al contrario, rossi inesistenti, un vortice di clacson e automobili, anche i pedoni usano la strada a piacere, sensi unici presi alla rovescia, tutti contro tutti…
Eppure in questo caos non ho mai visto incidenti, che mi sarei aspettato frequentissimi. Sembrava la normalità. Io le prime volte guardavo tutto dal taxi, con lo sguardo attonito dell’antropologo su Marte.

Però salta all’occhio, anzi all’orecchio, un aspetto: a Napoli è INDISPENSABILE avere il clacson. Auto e motorini lo suonano sempre. Il frastuono è continuo. Quello che al nord è rumorosa arroganza qui pare la norma. Ma perché suonano?, mi chiedevo ingenuo.
Oddio, forse è semplice. Il peet!peet! potrebbe non significare “fatemi largo” (come odiosamente da noi al nord), ma semplicemente dire “state attenti!”. Di più: suonare il clacson sarebbe come esclamare “accorti, ci sono anch’io!”. Gli altri ti considerano per forza, ti DEVONO considerare.
E difatti ho notato che i guidatori napoletani stanno attentissimi al contesto, a quello che fanno gli altri. E quindi sono prudenti. “Beh, è normale, no?”.
No che non lo è. A Milano se uno rispetta le regole può andare per la sua strada tranquillo, pensando ai fatti suoi. A Napoli non è possibile: devi sempre stare attento a quello che fanno gli altri, altrimenti sei un pazzo spericolato. Anche se rispetti i cartelli. Sei obbligato a metterti nei panni altrui.
Ovviamente ci sono i pro e i contro: a parte l’inquinamento acustico a qualunque ora, questa indisciplina continua sospetto che alla fine favorisca i famosi “furbi”. Però impari a stare attento agli altri, a considerare le persone più importanti delle regole, a sentirti parte di una cosa viva, grande, ad un tutto unico.
Non sei più su Marte. Dovevo proprio venire a Napoli per scoprirlo. Le persone sono più importanti delle regole.


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