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martedì 2 settembre 2025

UNA PERPLESSITA'

Quando ero ragazzetto, andammo a trovare un lontanissimo parente, uno zio che viveva in una fattoria nel mantovano. Bel posto, un casolare tra i campi.

Ricordo poco o nulla di quella giornata, più di 50 anni son passati, solo che fu divertente. Ah, la natura. Mentre i grandi parlavano, noi bambini di città giocavamo a rincorrerci nell'erba. Rammento una cosa però che mi stupì. Una contadina prendeva direttamente un uovo da sotto una gallina che covava, lo cuoceva e ce lo dava da mangiare. Dal produttore al consumatore. Insomma, altro che kilometro zero, qui si era "metro zero".

A tavola ricordo un altro fatto che mi stupì, anche se all'epoca lo capivo poco. Il padrone della fattoria portò in tavola tra grida di giubilo il mitico SALAME DEL CONTADINO. Un salame che veniva consumato da loro stessi, che non era fatto per essere venduto. All'epoca non avevo idea del perché fosse così rinomato. Tutti erano entusiasti, io timido guardavo i grandi e stavo zitto.

Quel salame aveva due particolarità: innanzitutto non era come quello bello cilindrico e biancastro che si vendeva nei supermercati. Era tutto bitorzoluto, con la pelle di vari colori. Le fette erano tutte strane. La seconda è che era… era squisito! Mai mangiato un salame così buono. Un sapore come quello del bitorzoluto non l'ho più provato.

E da qui deriva la perplessità iniziale mia a cui non ho trovato ancora risposta: non è, mi son chiesto nel corso degli anni, che i contadini si tengono la roba buona per mangiarsela loro e a noi cittadini danno gli scarti? E li paghiamo pure! O cavoli….



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