L’ULTIMO PARTIGIANO
“Buongiorno
Professore, come sta?”
“Oh buongiorno, Dr
Tartaro, bene bene grazie. Si tira avanti. Sa, alla mia età ogni
giorno è un piccolo miracolo.”
“Non dica così
Professore, lei con più di 90 anni è un esempio per tutti noi, una
roccia.”
“Eh, siamo rimasti
in pochi. Ogni giorno mi faccio delle scale a piedi per non perdere
l’esercizio. E lei come sta piuttosto?”
“Anche qui
stringiamo i denti, Professore. Indovini perché le ho telefonato
oggi?”
“Non saprei, mi
dica.”
“Oggi è il 25
Aprile! E lei è l’unico vero partigiano che conosco. Lei ha
combattuto veramente i fascisti! E’ un onore per me poterle
telefonare.”
“Ah già, il 25
aprile. Ma sa, per me non è una bella data.”
“Ma cosa dice,
Professore. La festa della liberazione, quando tutta Italia nel 1945
si è scrollata di dosso la dittatura per la democrazia. Deve essere
stata una giornata epica, Professore. Come la invidio per averla
vissuta.”
“Eh me la ricordo.
Io ero a Verona in quei giorni ma non fu bello. Entrammo in città
felici ma ebbi subito una orribile impressione.”
“Perché?”
“Perché vidi
personaggi che fino al giorno prima erano fascisti della peggior
specie osannarci. Anzi erano quelli che facevano più baccano.”
“Era una festa.”
“Per me, Dottore,
questa giornata è un ricordo triste. Vidi in quei giorni molti
prendersi meriti che non avevano. Tanti giravano con un’arma in
mano dicendo che volevano fucilare i fascisti ma io ricordavo bene le
loro facce. E qualcuno….non mi faccia ricordare Dr Tartaro è
doloroso.”
“Mi spiace.”
“Gli
angloamericani erano già arrivati da qualche giorno, diretti verso
il Brennero. Mi piacevano gli americani, in libera uscita si
mettevano la camicia ed erano liberi. Non come i nostri sempre in
servizio. Gli americani hanno portato molta democrazia nell’esercito,
anche se una cosa mi indignava.”
“Cosa?”
“In molti locali
erano comparsi cartelli che i neri non potevano entrare. Ma come, mi
dicevo, morire insieme sì ma prendere un caffè con loro no?”
“Si sa che gli
americani sono razzisti.”
“E noi italiani
fascisti. Io ero molto giovane ma capii subito una cosa: che non era
cambiato niente. Niente. I fascisti continuavano ad essere tra noi,
non ce ne eravamo liberati, avevano solo cambiato faccia.”
“Professore, è da
sempre che è così. Il popolo italiano è noto per adattarsi ai
conquistatori.”
“Purtroppo senza
conservare la dignità. Noi di “Giustizia e Libertà” eravamo
sbigottiti. E io ero molto deluso. Qualche compagno in montagna era
morto, avevamo patito un freddo terribile, qualcuno era finito in
Germania e per che cosa? Per vedere fascisti che festeggiavano.
Ignobile.”
“Una brutta
sensazione.”
“L’Italia è
fascista, Dottore. Io oggi non mi indigno per Salvini…”
“Ah Professore,
noto che si tiene informato... Voglio avere questa lucidità alla sua
età.”
“Si tenga in
allenamento, legga il quotidiano tutti i giorni! Comunque dicevo: io
non mi indigno per Salvini, un fascistone, ma per chi lo vota.”
“E saranno tanti,
Professore. Le ultime stime lo danno quasi al 40%.”
“Ascolti un
vecchio resistente. Bisogna resistere, trovarsi tra noi, fondare dei
piccoli gruppi in cui discutere liberamente.”
“Insomma, tornare
clandestini?”
“Ci pensi Dottore,
oramai siamo rimasti in pochi ma ci ritroveremo nelle cantine.”
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