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giovedì 25 aprile 2019


L’ULTIMO PARTIGIANO

“Buongiorno Professore, come sta?”
“Oh buongiorno, Dr Tartaro, bene bene grazie. Si tira avanti. Sa, alla mia età ogni giorno è un piccolo miracolo.”
“Non dica così Professore, lei con più di 90 anni è un esempio per tutti noi, una roccia.”
“Eh, siamo rimasti in pochi. Ogni giorno mi faccio delle scale a piedi per non perdere l’esercizio. E lei come sta piuttosto?”
“Anche qui stringiamo i denti, Professore. Indovini perché le ho telefonato oggi?”
“Non saprei, mi dica.”
“Oggi è il 25 Aprile! E lei è l’unico vero partigiano che conosco. Lei ha combattuto veramente i fascisti! E’ un onore per me poterle telefonare.”
“Ah già, il 25 aprile. Ma sa, per me non è una bella data.”
“Ma cosa dice, Professore. La festa della liberazione, quando tutta Italia nel 1945 si è scrollata di dosso la dittatura per la democrazia. Deve essere stata una giornata epica, Professore. Come la invidio per averla vissuta.”
“Eh me la ricordo. Io ero a Verona in quei giorni ma non fu bello. Entrammo in città felici ma ebbi subito una orribile impressione.”
“Perché?”
“Perché vidi personaggi che fino al giorno prima erano fascisti della peggior specie osannarci. Anzi erano quelli che facevano più baccano.”
“Era una festa.”
“Per me, Dottore, questa giornata è un ricordo triste. Vidi in quei giorni molti prendersi meriti che non avevano. Tanti giravano con un’arma in mano dicendo che volevano fucilare i fascisti ma io ricordavo bene le loro facce. E qualcuno….non mi faccia ricordare Dr Tartaro è doloroso.”
“Mi spiace.”
“Gli angloamericani erano già arrivati da qualche giorno, diretti verso il Brennero. Mi piacevano gli americani, in libera uscita si mettevano la camicia ed erano liberi. Non come i nostri sempre in servizio. Gli americani hanno portato molta democrazia nell’esercito, anche se una cosa mi indignava.”
“Cosa?”
“In molti locali erano comparsi cartelli che i neri non potevano entrare. Ma come, mi dicevo, morire insieme sì ma prendere un caffè con loro no?”
“Si sa che gli americani sono razzisti.”
“E noi italiani fascisti. Io ero molto giovane ma capii subito una cosa: che non era cambiato niente. Niente. I fascisti continuavano ad essere tra noi, non ce ne eravamo liberati, avevano solo cambiato faccia.”
“Professore, è da sempre che è così. Il popolo italiano è noto per adattarsi ai conquistatori.”
“Purtroppo senza conservare la dignità. Noi di “Giustizia e Libertà” eravamo sbigottiti. E io ero molto deluso. Qualche compagno in montagna era morto, avevamo patito un freddo terribile, qualcuno era finito in Germania e per che cosa? Per vedere fascisti che festeggiavano. Ignobile.”
“Una brutta sensazione.”
“L’Italia è fascista, Dottore. Io oggi non mi indigno per Salvini…”
“Ah Professore, noto che si tiene informato... Voglio avere questa lucidità alla sua età.”
“Si tenga in allenamento, legga il quotidiano tutti i giorni! Comunque dicevo: io non mi indigno per Salvini, un fascistone, ma per chi lo vota.”
“E saranno tanti, Professore. Le ultime stime lo danno quasi al 40%.”
“Ascolti un vecchio resistente. Bisogna resistere, trovarsi tra noi, fondare dei piccoli gruppi in cui discutere liberamente.”
“Insomma, tornare clandestini?”
“Ci pensi Dottore, oramai siamo rimasti in pochi ma ci ritroveremo nelle cantine.”



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