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martedì 1 dicembre 2015

SHOPPING

Tempo fa ero stato intervistato in quanto “esperto” (ahahah) da Psychologies, mensile della Rusconi dedicato a svariati temi di psicologia ma non in maniera specializzata, piuttosto per il grande pubblico a maggioranza femminile. In linea con le lettrici della rivista, il tema della mia intervista era…lo Shopping Compulsivo, la mania cioè di acquistare cose fondamentalmente inutili ma tanto carine. Malanno tipicamente femminile, se un uomo è disperato è più facile vada a far baldoria piuttosto che svaligiare un negozio d’abbigliamento o altro. A volte nemmeno un malanno, quasi una terapia.
Però, dato che soltanto i soldatini sono completamente maschili o le bambole completamente femminili… anch’io confesso (ma non ci vuole un grande sforzo) un lato femmineo e fanciullesco in me. Un giardino segreto, tenuto tutto sommato sotto controllo, ma che coltivo con cura e annaffio di nascosto. Che soddisfazione vedere crescere in me certi fiori, non ci voglio rinunciare.

Beh, tagliamola corta. La Tartarina in me talvolta fa capolino, soprattutto quando accompagno la morosa a fare compere. Di solito annuisco con grugniti neanderthaliani ai suoi acquisti, ma qualchevolta… qualche volta mi inserisco nel flusso gratificante dello shopping. Vado da solo, abbandono la mia postazione che vorrebbe essere protomaschia e seguo l’istinto della vanità. E me ne accorgo perché inizio a comprare roba assolutamente inutile, ma tanto bellina.

Mi piace in quei casi aggirarmi tra le bancarelle, palpando nelle tasche i soldini e valutando come spenderli tutti. Perché DEVO spendere. Se spendo esisto. E aiuto pure l’economia. Fortunati i commercianti che mi incrociano in quei momenti.
Proprio per questo motivo, quando esco, evito solitamente di portarmi dietro tanti soldi. La maggior parte delle volte non spendo nulla, ma non si sa mai quando mi coglie la febbre.

Per esempio, quella volta che sono stato… che sono stato a Napoli, ricordo la via San Gregorio Armeno con tutte le sue interessantissime bancarelle. E’ stata la morte mia. Un sogno mi ha afferrato, e nel sogno ho iniziato a contrattare per corni rossi antisfiga, statuette di Pulcinella, vedute di Posillipo, magneti di Totò da attaccare al frigo, un santino di Maradona, un babà di gesso, foto del Vesuvio col pennacchio, un cavalluccio marino, il Maschio Angioino nella palla di neve, portaceneri di lava, cartoline di Napoli etc. Purtroppo avevo finito i soldi e non sono riuscito a comprare l’indispensabile barattolo con dentro l’aria di Napoli.
La mia compagna di allora quando è tornata dai suoi giri mi ha guardato negli occhi, e dato che mi conosceva ha chiesto subito: “che stronzate hai preso?” Ah, come è difficile essere uomini oggi.

Conclusione: l’impulso allo Shopping esiste, è quasi atavico in ogni essere umano e irresistibile in certe occasioni, si può contenere ma non eliminare. E i commercianti lo sanno…e ora che sta arrivando Natale si fregano le mani.

Non uscite mai con tanti soldi, e non fate i furbetti: lasciate a casa le carte di credito.

venerdì 20 novembre 2015

"Ho bisogno di un delirio che sia ancora più forte, ma abbia un senso di vita e non di morte"(Giorgio Gaber)

sabato 14 novembre 2015


UN COMMENTO A CALDO SUI FATTI DI PARIGI

Ammettiamo per orribile ipotesi che invece di 100 vittime, i terroristi ne avessero uccise 1000, 10.000, 100.000... Cosa pensano i terroristi, che la Francia impaurita mettesse il velo e si convertisse all'Islam? Che tutti si mettessero a studiare il Corano? Oppure, come è più probabile, che le frontiere venissero chiuse e ci fosse un giro di vite sui mussulmani residenti?

Il processo di integrazione, già di per sé lungo e faticoso, subirà invece un serio colpo e per molto tempo ci saranno ripercussioni profonde. Ci saranno controlli, rappresaglie, diffidenza. Molta gente soffrirà.

Ma, e questo io l'ho ben chiaro, il processo di integrazione non si fermerà. So che questa frase darà fastidio a tanti, che forse non vedevano l'ora di menare le mani ed estremizzare un contrasto, ma la convivenza continuerà. La maggior parte delle persone e delle famiglie, siano essi mussulmani cristiani cinesi o americani, vuole integrarsi e vivere in pace, non farsi la guerra e ammazzarsi.

Che cosa stupida, che crudeltà inutile. Inutile.

sabato 7 novembre 2015

LA VITA E' UNO SCATOLONE

Quanta roba ho buttato via, quante cose non pensavo di avere, quante cose in fondo inutili. Un tempo sembravano preziosissime e oggi, guarda caso, si rivelano senza il minimo valore. 
Oggi per me, nella piccola storia della mia piccola vita, è una data importante. Ho finito di preparare gli scatoloni per l'imminente trasloco nella mia nuova casa. E si spera ultima oltre che nuova. Yeahhh.
Voglio essere il più leggero possibile oggi, portare con me solo ciò che mi dà gioia. Niente "non si sa mai", "questo potrebbe tornare utile", "e questo? quanti ricordi", via via. Quando è troppo è troppo. Solo ciò che mi dà gioia, questa è stata la discriminante mentre preparavo gli scatoloni.
Ci abiteremo io More, la mia micina, e in fondo alla felicità basta poco. Per iniziare al meglio una nuova vita ed essere fortunati, meglio essere leggeri.
Mi aspetta un periodo impegnativo, fate il tifo per me.

sabato 31 ottobre 2015

Un tappeto di fiori! Il deserto di Atacama nel Cile, uno dei posti più aridi della terra, dove non pioveva da più di 200 anni, è rifiorito. 
E' bastato poco, un acquazzone, e tanti semi si sono fatti rivedere. Che bellezza, quanti colori.
Un bel messaggio per chi pensava di non avere più niente da dire, per tutti gli extraterrestri che arrancavano nel deserto sotto un sole implacabile.

martedì 29 settembre 2015

MORE


Dopo pochi giorni in cui la micina More è entrata nella mia vita posso dire che
1.Mi sto adattando a mangiare con lei che infila la testa nel piatto. Impossibile allontanarla. Il mio concetto di igiene è cambiato.
2.Abituarla ad usare la lettiera è stata dura però alla fine ci son riuscito (mi dai tante soddisfazioni). Butto poi le cacchine nel water. Come le mamme, non ho schifo dei suoi escrementi.
3.Giocandoci, ha fatto sparire i miei occhiali da lettura. Poco male se non posso più leggere, c'è lei da guardare.
4.Non riesco a fare più niente da solo. Questa gattina pretende tutta la mia attenzione. Scrivo questa nota in un momento di pausa.
5.Ho la mano tutta graffiata. Segni d'amore. E' molto selvatica, graffia e morde.
6.Non riesco ad essere arrabbiato con lei.
7.In pochi giorni questa micina ha compiuto un miracolo, ha trasformato questo appartamento in una casa. Ieri, per la prima volta dopo tanto tempo, ero contento di ritornare dal lavoro. C'era lei che mi aspettava.

domenica 20 settembre 2015

IL PRIMO BACIO D’AMORE

Ho un vago ricordo di lei, son passati troppi anni. Ricordo i suoi capelli, una nuvola bionda, il naso a patatino, gli occhi chiari. Chissà dov’è finita. Non ho nemmeno una foto di lei, vive solo nella mia memoria.
Il nome lo ricordo bene, Mariagrazia, ma il cognome invece non lo rammento più ed è strano, perché dopo quell’estate le scrissi molte lettere. A qualcuna rispose, ad altre no. Poi ci pensò il tempo e nuove esperienze a farmi dimenticare tutto, quando si è adolescenti non si può restare tristi troppo a lungo. Quante cose sono cambiate.
Un episodio però mi è rimasto impresso e ogni volta che ci ripenso mi addolcisce la giornata. Un pomeriggio prendemmo l’ascensore insieme e appena si chiuse la porta ne approfittammo subito per baciarci. Ogni occasione è buona, come sanno i giovani innamorati.
Sarà stata l’inesperienza, la felicità, la giovane età, chissà che, ma in quei momenti stretto tra le sue braccia avevo il cuore che andava a 1000 all’ora. Bum bum bum. Speriamo non si accorga che sono così emozionato.
Solo che, mentre l’ascensore saliva, mi accorsi di un fatto insolito. I battiti nel petto pulsavano a destra, non a sinistra! Ma…allora…non è il mio cuore, è il suo! Allora anche lei è emozionata come me, anche lei prova le stesse cose che provo io.

Ero solo un ragazzino ma ricordo che fu una grande scoperta per me. L’amore è reciproco, coinvolge entrambi. E anche se dopo finirà, ho scoperto poi, non ha importanza, il ricordo rimarrà indelebile. Ho amato ma sono stato anche molto amato, e questo alla fine basta a dare un senso a tante cose della mia vita.

mercoledì 16 settembre 2015


LARK’S TONGUES IN ASPIC
Lark’s tongues in aspic era il titolo di un vecchio album dei King Crimson, un gruppo rock inglese che da giovane ho amato molto. E non solo io, dato che era la musica di sottofondo nelle scene sexy di Emmanuelle Emoticon smile.
Letteralmente il titolo significa Lingue di allodola in gelatina, e allora immaginavo nella mia mente di adolescente un grande budino tremolante e trasparente pieno di puntini rossi, le lingue di allodola appunto. Ho sempre pensato -anche da ragazzo- che il titolo quasi dipingesse la vita, un grande budino in cui ogni tanto incappare in momenti intensi.
Fuor di metafora, per caso e sempre inaspettate mi arrivavano incontro “perle di saggezza”, frasi ascoltate all’inizio distrattamente ma che ogni volta poi illuminavano la giornata, lingue di allodola degne di riflessione. Molto importanti, tanto che le raccolgo diligente in un quadernetto. E dato che, come dice Linus strappando la coperta per darne metà a Charlie Brown “LA FELICITA’ VA CONDIVISA”, mi sembrava giusto riportarne qualcuna per voi:

ERRANDO DISCITUR
Il doppio senso di questo proverbio latino è noto: da un lato vuol dire “sbagliando si impara” ma può anche significare “viaggiando si impara”. Dipende da come la vedi. Che relazione c’è però tra sbagliare e viaggiare? Per molto tempo mi sono arrovellato ma alla fine la relazione penso sia quella più semplice: ogni volta che viaggiavo incappavo in esperienze diverse dal solito e incontravo persone nuove ma notavo che sempre commettevo degli sbagli. Ne ho fatti a raffica nei miei viaggi Emoticon smile esperienze di vita), di ogni sorta e a volte dolorosi, ma alla fine dovevo ammettere che… è vero, ero diventato una persona migliore di quando avevo iniziato.
Aveva ragione da vendere J.J. Tolkien nel Signore degli Anelli quando scriveva “LA STRADA CONDUCE SEMPRE AVANTI”. Non è solo una ovvia esortazione all’avventura, un invito verso l’ignoto, è anche un incoraggiamento a migliorarsi viaggiando. Errando discitur. Ogni volta che vedo una strada davanti a me (praticamente ogni giorno eheheh) me lo ricordo. Non negarti delle esperienze, anche se fanno paura, prendi le tue precauzioni ma vai, comincia. Esplorare, che vita meravigliosa.
E non è nemmeno una questione di “provare”. Non mi piace la parola “provare”. Nella vita sono personalmente convinto che non si “prova” niente, quando si decide di iniziare bisogna buttarsi con decisione. Lo ha bene espresso il Maestro Yoda, il nanerottolo saggio di Star Wars, dal “basso” della sua sapienza: “NON ESISTE PROVARE, ESISTE FARE O NON FARE”. Decisione quando si parte. Nessun rimpianto e non guardarsi indietro. Lo so che farò degli errori e che mi darò dello stupido ma un errore ben più grave sarebbe stato restare fermo. Non bisogna deprimersi se si son fatti degli errori, i conti si faranno alla fine.
I bellicosi spartani non conoscevano Yoda ma avevano un detto simile sulla determinazione e sui pericoli nell’iniziare esitanti: “SE VAI IN BATTAGLIA PENSANDO DI VIVERE, MORIRAI. SE VAI IN BATTAGLIA PENSANDO DI MORIRE, VIVRAI”. Sempre in campana! Massicci e incazzati!

“TUTTO CIO’ CHE PUO’ ESSERE DETTO, PUO’ ESSERE DETTO CHIARAMENTE” (Wittgenstein).
Questa frase del filosofo tedesco è uno dei capisaldi delle mie giornate, per non dire della mia vita.
Spessissimo infatti ho notato, non ho mai capito bene perché, che quando compaiono argomenti seri o profondi le persone iniziano discorsi arzigogolati, oscuri, complicati. In definitiva incomprensibili. Sembra si divertano ad usare parole più lunghe di 5 sillabe e impostare discorsi lunghi, causando nell’ascoltatore o nel lettore una fatica terribile. No, non va bene. Non mi è mai piaciuto. Sin da piccolo ho sempre detestato chi si comportava in questo modo, anche se erano persone di valore.
E se in tempi antichi forse tutta questa oscurità aveva un senso perché allora le conoscenze erano segrete, riservate a pochi eletti ed espresse in forma enigmatica, oggi non è più così e un atteggiamento simile non è ai miei occhi giustificato.
Bisogna certo evitare di cadere nell’eccesso opposto quando si parla, nella banalità superficiale, nella trappola del “politicamente corretto” o del risaputo, ma quando Italo Calvino scriveva del valore prezioso della LEGGEREZZA intendeva proprio questo, sapersi esprimere in maniera coinvolgente, affascinante e sempre comprensibile malgrado la serietà dell’argomento. Divertente nel senso migliore della parola.
Anche per questo (ora mi permetto un po’ di pubblicità) ho voluto intitolare il mio sito internet Psicologiachiara.it: molti concetti per esempio in psicologia sono espressi in maniera contorta, involuta e anche se il senso sottostante era più che apprezzabile (certi filosofi sarebbero da fucilazione. Sul campo. Due volte. Non fatemi parlare oltre che mi comprometto) alla fine rimangono lettera morta, inattuati, e sento forte il bisogno di parlare chiaro. Basta enigmi.
Questo non significa certo fare solo il divulgatore, professione comunque stimabilissima, come sprezzantemente penserà il malevolo, qualcosa di originale e personale cerco di inserirlo sempre. Alla faccia insomma di chi mi vuol male e pensa che bisogna sembrare complicati per essere ammirati o riconosciuti. La grandezza sublime per esempio di una canzone come Imagine di John Lennon è che le sue parole sono profondissime ma possono essere capite anche da un bambino. Provateci, vi renderete conto che non è facile.
Ah, una precisazione. Dire la verità non autorizza ad essere villani o antipatici. Circola di questi tempi una idea di sincerità che trovo orripilante, per cui si ascoltano frasi sprezzanti del tipo “dirò sempre la verità, costi quel che costi!” oppure “anche se non vi piace io dirò quello che penso!”, magari rafforzando il concetto con parolacce. Madonnina santa.
Mia nonna aveva a questo proposito un proverbio azzeccato, vero faro nella notte per me: “LA VERITA’ E’ NUDA, PER QUESTO VA RIVESTITA CON L’EDUCAZIONE”. Spesso la verità può infatti avere risvolti sgradevoli e perciò venire rifiutata, allora bisogna proporla con parole gentili e adeguate al contesto. E non serve proprio, anzi è dannoso, esprimersi in forma astrusa o antipatica. Facciamo del nostro meglio per essere semplici ma efficaci, insomma.
(prima parte)
(seconda parte)

“… PER IL MIO MESTIERE HO FATTO L’AMORE CON UOMINI DI OGNI RAZZA E COLORE, E HO NOTATO CHE FACEVANO TUTTI L’AMORE NELLO STESSO MODO. QUESTO MI HA CONFORTATA MOLTO.” (Moana Pozzi)
Vi ricordate di Moana? Ma sì che vi ricordate, fate finta di non saperlo ma l’occhietto vi brilla quando pensate alla pornodiva, donna molto intelligente e acuta nonostante il lavoraccio (insomma una santa).
In una delle sue ultime interviste venne fuori con questa frase, dal messaggio chiaro: siamo VERAMENTE tutti uguali, e non è solo una questione di biologia. Attraversiamo tutti bene o male gli stessi problemi e abbiamo gli stessi desideri. Ed è vero, pensare di essere tutti simili rasserena molto.
Rimane comunque un problema non piccolo. Nella vita infatti si incontra sempre qualcosa di misterioso, che blocca. Resto sul vago, non voglio portare esempi del cavolo. Mi limito a dire che spesso non capivo ciò che mi stava succedendo. “ATTENTO, QUELLO CHE NON SI CAPISCE E’ LA COSA PIU’ IMPORTANTE”, sentenziava mio figlio a 11 anni mentre giocava alla Playstation. Hai ragione bambino, e non solo nei videogiochi.
Dove sta la verità? La risposta più straordinaria l’ho ricevuta ascoltando Stanley Kubrick, il famoso regista (adoro film come Arancia Meccanica, 2001 Odissea nello Spazio, Shining etc, scusate se nel frattempo mi prostro). Esasperato dai giornalisti che gli chiedevano cosa significava questo o quello, un giorno sbottò e disse che non avrebbe spiegato nulla, tanto ”LA VERITA’ DI UNA COSA CONSISTE NELL’EMOZIONE CHE HA DATO, NON NEL PENSARLA”.
Risposta molto, molto saggia, che da allora vive dentro di me. Una delle mie citazioni preferite. Sono le emozioni, le vibrazioni, le sensazioni che provo a dare spessore e valore alla vita, non certo i pensieri o le riflessioni. Solo che… le passioni sono così incasinate, senza una logica razionale, a volte nemmeno ragionevole. E’ facile perdersi se non si ha una guida stabile (non sto ovviamente parlando di me Emoticon smile ). Ma provare emozioni profonde, vivere la vita intensamente, provarci perlomeno… alla fine è l’unico modo per vivere una vita bella. Errando discitur, come dicevo ieri.
Butta via i libri, Luca!

NULLO IURARE IN VERBO MAGISTRI
Altro proverbio latino, gli antichi romani ci sapevano fare con le parole. Significa (ne dò una interpretazione libera) ”non serve argomentare usando le parole di un altro, anche se è stato un maestro”. Utilissimo consiglio nella vita quotidiana. In altre parole, attento alle citazioni, è inutile e quasi ridicolo mettersi a dire “l’ha detto quello”, con le varianti moderne “l’ho sentito alla tv” oppure “l’ho letto su internet”. I romani ci erano già arrivati 2000 anni fa. Dai, fai uno sforzino, cerca di essere originale.

domenica 13 settembre 2015

OGGI ESCO DALL'OSPEDALE!
(da cantare sulle note di Beginning to see the light dei Velvet Underground)

Io oggi esco dall'ospedale!
Finalmente esco dall'ospedale!
Forza dottore si sbrighi, c'è tutto un mondo che aspetta
Che aspetta fuori dall'ospedale!
I miei compagni di stanza
Li ho salutati tutti
Insieme abbiamo passato
Tanti momenti brutti (mi puoi credere)
Ma lascio tutto. alle spalle
Per ritornare alla luce
La luce fuori dall'ospedale!
Quante novità
Nella mia città
Gente viene, gente va
E nuova pubblicità!
Ma oggi esco dall'ospedale (oh sì! Sì! Sí!)
Oggi riprendo la libertà (ooooooh!)
Ho pochi soldi ma dentro ho tanta voglia di fare
Qualcosa fuori dall'ospedale!
È tempo di ringraziare
Infermiere e dottori
Mentre raccolgo il mio zaino
Prima di andarmene fuori
Voglio tornare nel mondo
E rivedere la luce
La luce fuori dall'ospedale!
Quante novità
Nella mia città
Gente viene, gente va
E nuova pubblicità
Oggi riparto, sono nuovo!
Oggi riparto, sono nuovo!

(Piccola lettura per scoprire la vostra età geologica)
È BELLO SENTIRSI AMATI
"Ciao a tutti, io esco."
"Fermo lì. Sono le otto di sera e tu, giovinotto, hai 16 anni. Dove è che vuoi andare a quest'ora?"
"Papà non rompere. Sto uscendo, no?"
"E dove vai?"
"Fuori."
"Precisamente?"
"Da queste parti."
"Perché?"
"Mi aspettano gli squali."
"Eh?"
"Amici."
"Chi?"
"Non li conosci."
"E dove andate?"
"In giro."
"In giro dove?"
"Boh."
"A fare cosa?"
"Decideremo."
"Hai bisogno di soldi?"
"No, ho quelli dei nonni."
"E a che ora torni?"
"Non ne ho idea."
"E no, qui l'idea ce l'ho io. Massimo per mezzanotte a casa, sennò son mazzate! Ricorda che domani devi andare a scuola."
"Ma dalla mamma torno anche alle due!"
"Ci devo parlare con quella donna. E qui no."
"Ma tanto la prima ora c'è religione e tutti la saltano! Almeno alla una!"
"Qui da me dong! dong! dong! entro i rintocchi di mezzanotte, ti voglio qui, sul tavolo."
"Non è giusto!"
(Inizia una lunga contrattazione che si conclude con un compromesso storico: rientro entro le 24.30 e portarsi dietro il cellulare).
"E mi raccomando che il cellulare sia sempre acceso."
"Mollami, papà. So come cavarmela."
"Mi devo trattenere, guarda. Non fare come l'altra volta, che eri sempre non raggiungibile."
"Siamo andati in un posto dove non c'era campo."
"E dove? In mezzo all'oceano indiano?"
(Brontolando) "che stress. Kpll"
"Cosa?"
"Niente, codice fiscale. Tu non ti fidi di me!"
"Mi fido figliolo, ma questo è un mondo difficile. Ascolta tuo padre. Io mi preoccupo per te."
"È bello sentirsi amati."
"Guarda che io ti voglio bene, grullo, e non è il caso di fare dell'ironia."
"No, tu vuoi controllarmi e basta! Non ti voglio più vedere! Tu non ti fidi!"
(Fine primo atto)

(Secondo atto, tutti seduti, presi i popcorn?)
"Senti un po', ma non eri già uscito stamattina? Anche stasera? "
"E va beh, papà, stamattina era stamattina!"
"Hai16 anni, non sarebbe il caso di stare a casa?"
"È che stasera vedo altra gente!"
"E chi sarebbero? Non li conosci. E dove andate? In giro. In giro dove? Boh. Portati dietro il cellulare, e che sia acceso. Ma sì, tanto lo tengo sempre acceso!"
(Il figlio ha ascoltato tutta la tiritera ad occhi aperti) "Bravo, papà! Si si! È proprio così! Allora posso uscire?7 Dai che mi aspettano."
"Facciamo un do ut des, come diceva un mio collega, il Dr Lecter, hai fatto i compiti per domani?"
(improvvisamente diffidente) "si, perché?"
"Bene. Dai, non fare quella faccia, fammeli vedere."
"No"
"Obbedisci a tuo padre, giovin studente. Voglio solo vederli."
(Con tono sarcastico) "E dopo non mi fai niente, vero?"
"Certo, son curioso e tu li tieni nascosti. Chissà chi ti ha messo in testa certe idee. Avrò il diritto di vedere se li hai svolti bene o male, no?."
"Io li faccio al mio meglio! Mi controlli? E poi non sei tu che li devi correggere!"
"E chi allora?"
"Li correggiamo in classe tutti insieme."
"E non vuoi che ti dia una mano?"
"No!"
"Neanche un aiutino per vedere se hai sbagliato qualcosa, o per essere sicuro che hai fatto tutto giusto e farti i complimenti?"
"No!!!"
"Hai solo 16 anni, figliolo, non sei infallibile. "
"Nemmeno tu! Sei arrogante! Mi vuoi correggere!"
"Stiamo calmi e non facciamo tragedie che non è il caso. Ma allora io non posso fare proprio niente?"
"Niente! E poi io stasera voglio uscire!"
"Figuriamoci! E poi cosa vuol dire "niente"? Cosa ti faccio? Si può sapere?"
"Ti impicci delle cose mie."
"Se permetti sono anche cose mie, visto che se poi vai male a scuola ne risentiamo tutti qui dentro."
"Non è vero! A scuola io vado bene!"
"Ma per favore! Per favore! Che la settimana scorsa all'ultima interrogazione hai pre… -con un gesto sbagliato l'irato e goffo papà fa cadere la tazzina del caffè. Caffè dappertutto-. Noooo diobono nooo!!"
"Aspetta, vado in cucina a prendere uno straccio!" (Va via mentre il papà cerca di pulire con un fazzoletto di carta)
"Maledizione! Non ci voleva, caffè dappertutto...sul tavolino, per terra! Che imbranatissimo, maledetta goffaggine!"
(Il figlio torna con uno straccio) "aspetta, faccio io"
(Il padre guarda il figlio che pulisce e intanto pensa: però, è un bravo figliolo)
"Grazie, prima durante la discussione ho fatto un gesto inconsulto…"
"Che vuol dire?"
"Qualcosa di scoordinato, che non dovevo fare. "
"...Ecco fatto, mi sembra che non siano rimaste macchie."
"Grazie, bel lavoro. A proposito...stasera volevi uscire?"
"Si si!"
"Tieni il cellulare acceso, mi raccomando."
"Vabbene, avviso subito i miei amici!" (Corre via mentre il padre agita la manina)
"Torna presto....Oddio, com'è difficile educare un figlio maschio"

domenica 6 settembre 2015

Oggi vi riporto uno strano dialogo, che in molti non capiranno. Come dicono nei film, ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. La donna nella foto è Florence Nightingale, la famosa infermiera inglese che ispirò la Croce Rossa, soprannominata "la signora con la lampada" poiche di notte si aggirava tra le corsie.
RIFIUTARE UN AIUTO
"Ha bisogno di aiuto?"
"No grazie, infermiere, penso di farcela da solo."
"Ne è sicuro? Prima la vedevo camminare con la sua stampella per il corridoio e mi è sembrato avesse bisogno proprio di una mano."
"Sembro così instabile?"
"Sinceramente si, un paio di volte mi è sembrato che fosse lì lì per cadere. Non abbia timore di chiedere aiuto, in reparto siamo qui apposta."
"La ringrazio, mi rendo conto io stesso che barcollo e vado troppo piano, ma… niente, lasci perdere. Se proprio vuole fare qualcosa mi dia dieci anni di meno (sorride)"
"Non faccia troppo lo spiritoso. Guardi che è una questione seria, di sicurezza. Lei rischia di cadere e farsi molto male."
"Qui ha ragione. Anzi le dirò di più. Non è un rischio, è una certezza. Ma ho imparato a cadere senza farmi male, più che cadere mi affloscio."
"Quante volte cade in una settimana?"
"Non glielo dico."
"Perché questa ostinazione? Guardi, se vuole ho con me una sedia a rotelle, le può tornare utile...eccola...la provi, è comodissima. La spingerò volentieri dove deve andare."
"Ancora una volta la ringrazio ma devo dirle no. Quello che lei chiama aiuto io lo chiamo perdita di autonomia."
"In che senso?"
"Tutte le persone che sono in sedia a rotelle, e intendo proprio tutte, mi hanno ripetuto la stessa cosa, di resistere il più possibile, che la sedia a rotelle è una amica molto pericolosa."
"Pericolosa?"
"Forse non è la parola giusta ma il concetto è quello. È talmente comoda che quando uno si siede poi non si rialza più."
"Ma io non intendevo questo, che lei deve starci per sempre. Non possono averle detto una cosa del genere, non è assolutamente vero che chi finisce sulla sedia non si rialza più, io stesso ho visto gente che…."
"Mi scusi, non mi voglio certo inimicare la classe degli infermieri, siete voi a decidere le dimensioni di aghi e cateteri, ma ormai con internet i malati parlano tra di loro."
"Sin troppo a volte. Stia attento a quello che legge su internet. Girano tantissime bufale, per la medicina poi… Può anche non credermi ma noi pensiamo alla vostra sicurezza. Se vi fate male la responsabilità è nostra, non vostra."
"Si sbaglia, la responsabilità è comunque mia. Voi dovete solo offrirmi assistenza, ma io ho tutto il diritto di rifiutarla. E se devo proprio fare lunghi percorsi la carrozzina la uso, stia tranquillo. Ma nei brevi tratti no."
"Lei ha camminato trenta metri ed è già tutto sudato."
"Lo so che devo pagare un prezzo (sospira) ma preferisco."
"Senta, non vorrei far discorsi pessimistici, ma lei lo sa che sta solo rinviando l'inevitabile? Lodo la sua caparbietà, impossibile non farle i complimenti, ma perché non cercare di abituarsi adesso e non all'ultimo momento?"
"Lotterò per la mia autonomia sino all'ultimo momento. E per il futuro…Come diceva Epitteto, la porta è aperta ."
"Non capisco."
"Non ha importanza, veramente. E visto che lei ha descritto il mio futuro lasci che ora parli del suo. Tra tanti anni da oggi un giovane infermiere vedendola arrancare le offrirà una sedia a a rotelle. In quel momento forse capirà. Comunque la ringrazio delle sue buone intenzioni e mi scusi ancora se rifiuto."
"Scuse non accettate. Devo insistere per la tua sicurezza e la tranquillità di tutti, si sieda."
"Non voglio rinunciare alla mia indipendenza."
"Che testa dura ha."
"Ho antenati calabresi."
"Non ne dubito. Ma anche loro prima o poi le direbbero che si deve adattare."
(Il paziente non parla più e lentamente se ne va)

UN ANGELO ACCANTO AL LETTO


"Quando mi sono svegliato non mi ricordavo più nulla. Non sapevo nemmeno il mio nome o dove abitavo. Un dottorino mi ha detto che ero in un ospedale di Milano e mi chiamavo Antonio e poi...accanto a lui vedevo una donna che piangeva."
"Che donna Antonio?" Antonio, un sessantenne coi baffi bianchi ricoverato dopo un aneurisma cerebrale, era il mio nuovo compagno di camera. Per due giorni dopo il suo ingresso era rimasto silenzioso, si guardava in giro e rispondeva a bassa voce ai saluti. Si stava ambientando. Quel pomeriggio però dopo il pisolino si era svegliato sorridente e con la voglia di parlare. 
"Ah non avevo assolutamente idea di chi fosse quella donna, mi chiamava per nome e insisteva, ma per me era una perfetta sconosciuta. Le dissi sereno "mi spiace signora ma io non la conosco", e lei piangeva ancora di più. Diceva che eravamo sposati da 35 anni ma evidentemente si confondeva con qualcun altro."
"Ma proprio non ti diceva niente?"
"Niente di niente. Mi dispiaceva vederla piangere ma non sapevo cosa fare. Mi fece vedere anche qualche foto di bambini e ragazzi, perfetti sconosciuti. In una di queste foto si vedeva questa donna e un signore che ballavano insieme. La signora affermava che ero io ma non poteva essere, quell'uomo era troppo vecchio. Quanto piangeva, povera donna."
"Ma tu quanti anni hai Antonio?"
"Sono nato a Mantova 37 anni fa e lavoro alla fabbrica della Pirelli, operaio tornitore! Mi piace ballare il liscio e il risotto con la salsiccia! Ma perché mi hai chiesto l'età?"

Per un momento, solo per un momento, fui tentato di prendere uno specchio e fargli vedere il suo vero volto. Scacciai subito quel pensiero sadico, Antonio aveva bisogno di serenità adesso, non certo della "verità". Bah, la realtà. Quanti guai in nome della verita. 
Se in fondo al suo cervello sospettava qualcosa non toccava certo a me rivelarla. C'è sempre tempo per le cattive notizie. Lui aveva trovato un suo fragile equilibrio e chi ero io per spezzarlo? Nessuno, diciamoci la verità, quella onesta, quella vera.  
Insomma, non agii per nulla e non mi sono pentito. E poi parlare con Antonio mi faceva bene, ero affascinato dal suo sforzo di recuperare la dignità e il pensiero dopo il colpo durissimo che aveva ricevuto.  
"Eh.…oh niente, è che non riuscivo a capire bene la tua età."

"Ah va bene. Comunque per non essere più imbarazzato da quella donna che piangeva mi girai dall'altra parte del letto e sai chi ho visto?"
"No. C'era qualcun altro in stanza?"
"Sì, ma lo vedevo solo io. Ho visto Gesù che mi ha detto "vai con quella donna. Fidati di lei." E io gli ho obbedito. Che bel volto sereno aveva Gesù. Mi sono girato e ho detto alla donna "va bene signora, mi fido di lei. Dove andiamo?" Scoppiò a piangere ma di gioia e disse che mi avrebbe portato subito a casa."
"Allora ce l'hai una casa!"
"Certo, tutti hanno una casa. Ma il dottorino si è opposto, dovevo stare qua per degli esami, non ho capito bene. La donna protestava ma il dottore non voleva sentir ragioni. Io non sapevo che cosa fare. Allora voltai la testa e lo vidi ancora."
"Gesù?"
"Si, il suo volto santo. Che mi disse "non temere. Resta pure lí. Con te ci sarà sempre qualcuno a proteggerti." In quel momento è sceso un angelo dal cielo che da quel giorno è  qui con me."
"In che senso? Che angelo?"
"È lì. Non lo vedi? -Antonio indicò l'angolo più buio della camera dove c'era una sedia-. È bello, con le sue ali bianche e gli occhi azzurri. Che bello il mio angioletto."
Come vorrei aver avuto i tuoi occhi Antonio, e non vedere solo una sedia  vuota. Un uomo semplice mi mostrava la bellezza e io non avevo gli occhi per vederla. 

Da quel giorno Antonio divento una celebrità in reparto.  Ogni mattina si svegliava con gli occhi incantati e restava per qualche minuto con lo sguardo estatico. Perchè ogni notte andava in paradiso a trovare i suoi cari e poi ci raccontava cosa gli avevano detto gli angeli. Ogni volta una storia diversa e per fortuna non venne imbottito di psicofarmaci, in fondo il suo era un delirio innocuo con tratti anzi positivi. 
Era sempre un piacere stare ad ascoltarlo e pochi lo prendevano in giro. Accompagnato dagli angeli, il suo spirito volava libero. Non ho mai conosciuto una persona come lui. 
Ogni tanto veniva a trovarlo sua moglie, che  si abituò presto alle sue stranezze. La chiamava sempre signora, lei ìo prendeva per mano e lui la seguiva docilmente come un'ombra dal cuore contento.
 
Una mattina, dopo essersi svegliato beato, gli portai il caffè, una delle nostre piccole abitudini. 
"Allora Antonio, come è andata stanotte? Hai viaggiato?"
"È stato bellissimo. Erano tutti intorno a me, in cerchio. Non posso raccontarti quanto era bello. C'erano luci bianche, azzurre e arancioni. Mi parlavano e rispondevano alle mie domande con tanta pace."
"Sei fortunato ad avere questi sogni, Antonio."
"Grazie! Luca, poi lo sai chi ho visto? Il tuo angelo!"
"Scusa?"
"Si, mi ha detto che era il tuo angelo e mi ha rivelato delle cose per te."
"Ah si? Quali notizie, cosa ti avrebbe detto?"
   
Fine prima parte 

 -seconda parte-

"Questa notte il tuo angelo è venuto accanto a me."
"Aspetta aspetta Antonio, come fai a sapere che era il mio angelo custode? Come potevi essere sicuro che era lui?"
Intendiamoci, non è che non credessi alla sua buona fede, Antonio, ex operaio della Pirelli in pensione, era una delle persone dal cuore più puro che abbia mai conosciuto. Dopo l'aneurisma che lo aveva colpito diceva di vedere gli angeli e in reparto ormai lo sapevano tutti, ma io volevo capire di più. 
 
Notai però che dopo la mia domanda un filo scettica mi osservava dispiaciuto, con le labbra tristi sotto i baffi bianchi. Poi il suo sguardo come per magia cambiò, divenne sorridente, come se avesse intuito di avere davanti un bambino che non sa niente e a cui bisogna spiegare tutto (vi avevo detto del suo gran cuore). 
"Luca, non ci sono segreti in cielo. Le cose si sanno. Lì c'è tanta purezza e pace, non so come spiegarlo... Forse pensi che in paradiso si possono dire bugie o mezze verità?"
Capii che mi ero spinto troppo avanti. "Scusa, hai ragione. Era una domanda sciocca. Scusami ancora, non sono mai stato in paradiso."
Ma ci sono andato vicino, pensai dopo la mia goffa battuta. Mi sentivo in paradiso mentre stavo con lei. Che nostalgia. E che inferno il periodo successivo, che ancora durava. Non mi rassegnavo a farne a meno. Mio Dio, che sofferenza. 

Antonio riprese a parlare con il suo sorriso, che avrebbe sciolto il Polo Nord. "Il tuo angelo custode era proprio bellissimo, sai? Devi essere orgoglioso di lui. Aveva gli occhi azzurri come il manto della Madonna. E quando ha saputo che nel mondo potevo parlare con te mi ha dato dei messaggi."
"Quali messaggi?"
"La prima cosa che mi ha detto è stata questa, non pensarci più. Adesso hai il cuore chiuso, vivi nel passato, soffri. Ma il futuro ha in serbo cose bellissime per te, devi solo lasciare la porta aperta."
Ascoltai le parole di Antonio esterrefatto. Non avevo parlato con nessuno dei miei tormenti e certo non con lui, da pochi giorni in camera con me. Antonio non si accorse del mio turbamento e continuò. 
"Io non capivo niente ma per l'angelo non aveva importanza, dovevo solo riferirtelo e basta. "Digli che ha già sofferto troppo e non deve pensarci più." Per te hanno un senso queste parole?"
Abbassai gli occhi. Antonio mi aveva colpito nell'anima. Non ci dovevo pensare più. Ci proverò, mi dissi silenziosamente. Ci proverò. Ci riuscirò. 
Come tanti sono incuriosito dall'aldilà ma dopo tante fregature divento subito diffidente quando qualcuno me lo propina. Eppure Antonio mi aveva spiazzato. In reparto c'era chi lo prendeva in giro e visto che frequentava il paradiso gli chiedeva i numeri del lotto. A volte la gente è stronza. Non volevo fare come loro. 
"Me..me io ricorderò Antonio. Forse ho capito di cosa parli."
"Il merito non è mio, sono loro che sanno tutto. E poi il tuo angelo mi ha chiesto di dirti un'altra cosa, di abbracciare le persone a cui vuoi bene il più forte possibile. Non rimandare, non perdere altro tempo. Fallo subito."
"Certo che le abbraccio, perché dovrei farlo subito?"
"Perché ti mancheranno."
Iniziai a capire. 
"Cosa sta per accadere, Antonio. Cosa mi succederà?"
"Non lo so Luca. Solo Dio lo sa, non io. Abbraccia oggi le persone a cui vuoi bene. E aspetta… ho anche qualcosa per te. Stanotte mentre ero lì ho raccolto...aspetta..."
Antonio si mise le mani in tasca e ne tirò fuori qualcosa. 
"Che roba è?"
"Sono semi no? Non li riconosci? L'angelo mi ha pregato di darteli."
"Semi del paradiso? Antonio mi stai prendendo in giro?"
Antonio mi guardò con una espressione tra il perplesso e l'offeso. 
"In cielo ci sono degli enormi gigli sotto i quali riposare, pensavo ti avrebbe fatto piacere averne qualcuno"
Lo ringraziai e li presi senza più dire nulla. A casa li pianterò veramente, pensai, e li innaffierò con cura. Chissà che cosa uscirà. Qualcosa nascerà ma cosa?

In ogni caso grazie Antonio. Un uomo come te  nella sua semplicità era riuscito a conoscermi meglio di fanti altri. Non solo, mi avevi regalato una speranza, un futuro. 
Forse è vero che Dio ama i semplici. 

domenica 23 agosto 2015

LETTERA D'AMORE
Amore,
dove sono finiti i nostri sogni? Passare una sera davanti al camino, come due sposini, a bere vino bianco e farci le coccole. E il mattino dopo uscire insieme e andare al mercato, per comprare qualcosa di bello per la nostra casa. Scoprire con te angoli nuovi, vederti muovere nelle stanze ancora vuote, ma piene della tua presenza. Perché sei tu che rendi bellissimo tutto solo sfiorandolo, che colori la mia vita, che la trasformi in qualcosa degna di essere vissuta. Come avrei voluto durante una vacanza portarti in cima ad un vulcano, e lì fare l’amore con te dopo la salita. Comprarti una gatta bianca che la notte dorme serena tra le tue gambe. Toglierti con mani tremanti un vestito nuovo. Come vorrei, come vorrei. I miei sogni sono più forti delle mie gambe, ma questo dà solo slancio alla mia fantasia.
E ora tu hai portato una sensazione nuova nella mia vita, che prima di te era maledetta e senza fiori. Grazie a tuoi occhi mi accorgo di tante cose prima date per scontate, solo ora vedo le nuvole, il cielo, gli alberi, la gente, e penso che tutto, anche le cose brutte, ha un senso. Il tuo amore, l’amore che provo mi segue come un’ombra gentile, una vibrazione, un diapason interno che risuona ogni volta che penso al tuo nome. Amore e timore per la tua bellezza. L’ombra di perderti mi rende intollerabile anche solo scriverlo. Guardami. Nessuno sa chi sono io, tranne io e te. Aiutami nella mia superbia, sorridimi e prendimi in giro, ma dimmi che mi vuoi bene.
Sono troppo timido per dirti queste parole a voce, posso solo scriverle. Oh amore, ho solo parole nella mia giostra per te. Come posso difendere i miei sentimenti se non ho nemmeno la forza per aiutare me stesso? Di camminare di notte sino a casa tua? Di salire le tue scale? Ma solo arrancare, arrancare… ma non rinuncio. No, non rinuncio. La voglia e il desiderio di vederti e stare con te è più forte di tutto, perché sono felice con te.
Voglio chiamarti, sentire la tua voce, guardare la notte insieme, scoprirci primitivi.
Sinceramente tuo

(Parte seconda)

Il mio obiettivo era chiarissimo. Aspettare l'ora pomeridiana in cui zia Rosa schiacciava un pisolino e poi in silenzio esplorare l'anta superiore dell'armadio in camera da letto, il bersaglio finale. Se zia Rosa nascondeva dei segreti, sentivo che era lì che li avrei trovati.
Il giorno seguente tutto andò secondo i miei acerbi piani di 12enne. Dopo pranzo zia Rosa si appisoló sul divano del soggiorno, dove c'era sempre un bel fresco. Io mi sdraiai sul lettino in camera e aspettai dieci minuti, che mi parvero lunghissimi.
Quando finalmente sentii che il respiro di zia in sala si era fatto regolare decisi di far scattare l'operazione, che io avevo denominato La Scalata del Monte Bianco.
Con cautela e assoluto silenzio, come avevo visto fare dai Marines in un film, mi alzai dal lettino e presi una sedia, mettendola sotto l'armadio. Salii sulla sedia e notai che arrivavo facilmente alla chiave dell'anta, per fortuna ero piuttosto alto per la mia età. Girai silenzioso la chiave e la aprii. Mi congratulai con me stesso. Stava procedendo tutto secondo i piani.
Nell'anta di sinistra non trovai nulla di particolare, era piena di vecchie coperte, ma in quella di destra…la scatola era a portata di mano, neanche tanto nascosta, più o meno grande come una scatola da scarpe. 
Dentro, come molti già avranno intuito, c'erano dentro tanti oggetti segreti di mia zia, quelli che oggi vengono comunemente chiamati sex toys. Ditoni di ogni forma e misura, palline di ferro, due boccette di olio di rosa, anelli strani, corde di cui ignoravo l'uso, un frustino (un frustino? Forse mia zia aveva avuto un cavallo, pensavo). E poi strani aggeggi che ancora oggi non riesco ad identificare nella memoria, contate però che son passati tanti anni. In fondo alla scatola YEAHH trovai dei giornalini porno. Ero giovane, ma non così giovane da non sapere cos'erano quelle riviste.
Le sfogliai con gusto ma non era certo finita. Era un vero antro di Ali Babá quell'anta.
Accanto alla scatola c'erano tanti vestitini di intimo come quelli che sbirciavo nelle vetrine delle mercerie, solo che questi erano pieni di fiocchetti, nastrini, pizzi, veli. Uh quanti ce n'erano! Uno sembrava addirittura fosforescente.
Mentre ero lì che esaminavo tutte quelle belle cose, sentii una voce severa alle mie spalle.
"Cosa stai facendo?" Mia zia si era svegliata ed era venuta a vedere cosa stavo facendo. Beccato con le mani nel sacco!
Lí per poco non successe una tragedia. Mi voltai di scatto, persi l'equilibrio e agitando le braccia cascai dalla sedia. 
Sotto c'era il comodino del letto con la lampada con uno spunzone di metallo. Per un attimo pensai che mi sarei infilzato e per fortuna zia Rosa mi prese al volo.
"Stupido ragazzino!"
"Scu...scusa zia." 
Con uno sguardo mia zia si accorse dell'anta aperta, mi lasció andare e si affrettò a chiudere l'armadio. 
"Non sono cose da bambini queste!"
Io ero tutto vergognoso. Non capivo bene cos'era quello che avevo trovato (tranne i giornaletti) ma intuivo che doveva essere un segreto. Molto segreto. 
"E pensare che proprio stamattina tua madre mi ha telefonato…ah! Non dirle niente di quello che hai visto. Hai capito? Niente!"
"Sí sí zia. Scusa, non volevo."
"Dimentica quello che hai visto."
Che detto per inciso è la frase migliore per far ricordare tutto ad un bambino. Non ha importanza se ha capito o meno, se lo ricorderà per sempre. 
"Zia -dissi tutto tremante- io neanche so quello che ho visto. Mica l'ho capito." Evitai di accennare alle riviste ma in fondo era la verità. Io non avevo compreso il senso di molti aggeggi, per non dire di tutti. 
"Niente, sono cose che fanno parte del passato di tua zia. Le tengo come ricordo."
"Anche il frustino? Hai avuto un cavallo?"
Qui zia Rosa si mise a ridere. "Ah ah sí un bel cavallino."
"Veramente?"
"No scherzavo. Erano cose che usavo per…giocare."
"Che giochi?"
"I giochi degli adulti, che sono diversi da quelli dei bambini, imparerai."
"Cosa devo imparare?"
Io ero seduto sulla sedia dopo lo spavento di prima, mentre mia zia si sdraiava sul letto per stare più comoda. La stanza era piccolina e non c'era tanto spazio. 
Sdraiata sul letto con il suo vestito leggero e i capelli corti, zia Rosa mi sembrava bellissima. Non ho mai amato tanto una donna in vita mia come zia Rosa. 
Fece per accendersi una sigaretta ma poi rinunciò, non voleva che la cenere finisse sulle lenzuola. Mi guardò in silenzio. . 
"Oddio, come faccio a spiegarlo ad un ragazzino…"
"Ho quasi 13 anni zia, non sono più un bambino!"
"Luchino bello, non sarai più un bambino ma ancora non sai come rendere felice una donna, ti assicuro. È un qualcosa che si impara da grandi."
"E come si fa a rendere felice una donna?”
Zia Rosa sorrise. "Ci vuole fantasia, impegno, amore e non tutti ce l'hanno. Ricorda Luchino, ascolta tua zia -tirò un lungo sospiro-. Non dare mai nulla per scontato con una donna. Devi farla sentire speciale in ogni momento, devi farla sentire unica! Te lo ricorderai?"
"Si certo, farla sentire unica."
"I miei momenti migliori li ho passati con uomini che mi facevano sentire unica. Una regina."
"Ah, ma hai avuto molti uomini, zia?"
Qui mia zia si accorse che era andata troppo avanti. Si alzò dal letto e si lisciò il vestito.
"Dai, andiamo in cucina, è l'ora del gelato. E mi raccomando non dire niente ai tuoi."
Zia Rosa mi conosceva bene, sapeva che a quell'età non sapevo resistere al gelato.
"Si sí il gelato. C'è quello alla frutta?"
"Andiamo a vedere."
Mentre stava per uscire dalla porta improvvisamente mia zia si fermò, si voltò e mi lanciô uno dei suoi famosi sguardi. 
"Ah, un'ultima cosa. Non so quanto capirai ma te lo voglio dire lo stesso. Sei attento?"
"Dimmi, zia Rosa."
"Nella vita… e nell'amore bisogna avere moderazione in tutto -zia Rosa sorrise-. Anche nella moderazione."


IL PASSATO DI ZIA ROSA

È ora di raccontare forse la storia più segreta di me e della zia Rosa.
Premessa. Le ore estive del pomeriggio per un bambino sono le più noiose della giornata, soprattutto in estate. 
La zia Rosa dopo il pranzo si concedeva infatti una salutare pennichella in cui bisognava osservare un silenzio stampa assoluto. 
In teoria anche io dovevo riposare, ma chi li ferma i bambini, specie se come all'epoca il sottoscritto aveva 12 anni, con la molla dentro bella caricata e una energia vitale incontenibile.
Ricordo che a letto resistevo pochissimo, poi mi alzavo e iniziavo a vagare per la casa, in cui mia zia teneva le tapparelle basse contro la luce e il caldo del pomeriggio. 
In uno di quei pomeriggi silenziosi e annoiati cominciai ad aprire dei cassetti di mia zia. Lo so che era proibito ma così tanto per fare qualcosa e sempre in assoluto silenzio per non svegliarla.
Trovai vecchie posate, tanti asciugamani, libri di ricette, strani aggeggi per la cucina, medicinali, camicie, cappellini. Era tutto bene in ordine, quell'ordine femminile che poi avrei molto apprezzato andando avanti nella vita. E poi trovai una roba strana.
Era in fondo ad un cassetto, quasi nascosto, proprio in fondo sotto una pigna di vestiti, un piccolo aggeggio di colore rosa. Sembrava più un pennarellone, simile a quelli che usavo a scuola. Ma non c'era la punta per scrivere, era tutto compatto con tanti puntini neri per tutta la superficie. Sembrava un ditone con tanti puntini neri. Boh. 
Lo rimisi con cura e in silenzio al suo posto, chiedendomi come mai mia zia si era presa la briga di nasconderlo. Forse aveva qualche significato speciale. Oggi so benissimo che a trattava di un vibratore ma all'epoca me ne dimenticai subito. Cercavo dolciumi. I cassetti di mia zia Rosa erano pieni di sorprese e tantissime foto di quando era giovane. Che bella ragazza in costume da bagno!
Quella sera mia madre a tavola mi chiese al solito come era andata da zia Rosa, se avevo fatto i compiti, mi ero comportato bene etc. In estate mi mandava da sua sorella immagino per non avermi sempre tra i piedi che ciondolavo e anche forse per farle compagnia, era una donna buona ma sempre così sola. 
Raccontai tranquillo di avere fatto i compiti e poi dissi anche del ditone trovato nel fondo dell'armadio. 
Mentre raccontavo l'episodio successe qualcosa di logico ma che non mi aspettavo. Mio padre smise di colpo di mangiare e guardò in silenzio mia madre, che ricambiò lo sguardo.
Cosa avevo detto di sbagliato? Non capivo. Quanti misteri. Finimmo di cenare presto e andai a letto quasi subito. Dal mio letto sentivo i miei genitori in cucina che discutevano
"...non mi ha mai convinto tua sorella, lo sai. Non si è mai sposata eppure di pretendenti ne aveva …"
"Saran fatti suoi o no? Almeno lei è una donna libera"
"Libera? Sola direi!"'
"Non parlare male di Rosa. Lo sai quanto ha fatto per noi in passato. Te lo devo ricordare?"
"Si ma una cosa così…"
"La colpa è di tuo figlio che va a frugare nelle cose altrui."
"NOSTRO figlio va per studiare da Rosa, tu pensi che vada bene?"
"Ma certo. Domani le parlo e vedrai che certe scoperte Luca non le farà più."
Quali scoperta? Mi arrovellai sulla questione sino a quando mi addormentai. Avevo toccato uno dei segreti degli adulti questo lo capivo. Ma cosa?
Ancora non sapevo che il giorno dopo avrei avuto tutte le risposte, e da zia Rosa in persona. Ma prima doveva succedere qualcosa, e per poco non ci lasciai le penne.


(Fine parte prima)