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sabato 5 marzo 2016

MICIOTERAPIA

“Dao.”
“Ciao umano, come stai?”
“Non moldo bene. Benso di avere un bo’ di bebbe.”
“E perché parli così?”
“Zono raffreddado. Gradie ghe sei venuta qui sul leddo.”
“E’ da stamattina che non ti muovi, ero preoccupata. Non hai acceso nemmeno la luce.”
“Non preogguparti, non è niende di grave. Butrobbo per noi ghe siamo già malati anghe solo un bo’ di bebbe è devasdande ma domani sdarò meglio. Oggi gomungue mi riboso. Ghe sghifo di vida.”
“Non dirlo. Ho notato che in ogni caso stamane presto ti eri alzato.”
“Zì, ho faddo bibì e ti ho riembito la ciotola di grogghedde.”
“Ah, ecco. Non dimentichi le cose fondamentali. In effetti la ciotola era vuota.”
“Veramende g’erano angora grogghedde. Solo ghe non era colma come al solito.”
“Appunto. Era vuota.”
“Non mi far bolemizzare ghe non ho le forse. Non ti voglio far mancare nulla, lo zai. Du sei imbordande ber me.”
“Anche tu.”
“Ci benzavo ieri... che forse ci zono gatti più belli in guesdo mondo ma tu sei mia, e per me tu sei la biù bella.”
“Qui ti devo dar ragione. Posso stare qui con te?”
“Cerdo. Mi piage guando parli con me. Tu usi gli occhi guando mi parli. Con te ho cabito che la telebadia esiste.”
“Per me è naturale, non devo fare sforzi. Mi adagio qui sul tuo petto intanto. Tu chiudi gli occhi.”
“Bello guando vibri.”
“Te l’ho detto, per me è naturale. Ed è anche molto facile. Non l’avevi capito? Vedrai che ti farà bene e starai meglio.”
“Solo tu mi cabisci.”
“Come le chiamate voi, medicine? Seeeenti, però c’è qualcosa qui dentro che non va…”
“Gosa?”
“Le vibrazioni che mi ritornano indietro sono distorte. Cosa c‘è qui?”
“Il guore.”
“Non è bello rotondo. Sembra ci sia una ferita. Non deve essere nemmeno recente.”
“Ghe brava dottoressa ghe sei. Zì, è dell’anno scorso.”
“Bisogna ripararla. Qui mi devo impegnare. Adesso dormi.”
“Va bene, ora boglio dormire un po’. Poi guando mi sveglio ribrendiamo. Speriamo di sdare meglio.”

“Lascia fare a me.”

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