IL
VECCHIO INNAMORATO
L’ultimo ricordo che ho di zia
Rosa, di cui vi ho parlato altrove, non risale alla sua scomparsa e nemmeno al
suo funerale. Ero troppo bambino, non ricordo praticamente nulla. Rammento solo
che la causa fu un incidente stradale e che mia madre addolorata pianse molto
la morte della sorella.
Io la guardavo di nascosto: non
avevo mai visto un adulto piangere, anzi non credevo si potesse piangere così
tanto. Confesso che è l’unico ricordo vero della morte della zia Rosa che tengo.
Strano, perché le volevo bene però è vero che non saprei nemmeno indicare dov’è
la sua tomba. Non pensate a me troppo severamente, contate che avevo solo dodici
anni.
Aspetta però, il vero ultimo
ricordo che ho su zia Rosa risale a qualche anno dopo, e fu molto curioso. Sempre
mia madre un pomeriggio mi mandò a prendere il pane (quasi come Gianni Morandi
ma senza ancora la fidanzatina). Io, baldanzoso e spavaldo diciannovenne
sdraiato sul divano a guardar annoiato la tv, tentai di tirare in lungo ma alla
fine cedetti. In fondo andare dal panettiere del quartiere era una piacevole
incombenza. Era gradevole, quasi eccitante il profumo di farina che sentivo
sempre entrando in bottega. Ero ancora adolescente, avevo sempre fame e sicuro
ci scappava un bel pezzo di focaccia.
Dopo aver fatto la fila al bancone
ordinai presi la busta pagai salutai, tutto come al solito.
Mentre uscivo dalla panetteria
però avevo notato che un signore anziano vicino a me mi aveva seguito ed era
uscito anche lui dal negozio. Con la coda dell’occhio l’avevo spiato, adesso
sarebbe stato il suo turno.
Mi chiamò con un cenno e si
rivolse a me: “Tu ti chiami Luca?”
“Sì signore.” Mai visto né
conosciuto.
“Ti ricordi di me?”
“No…no, mi spiace. Forse mi
confonde con qualcun’altro.”
“Tu sei figlio di (e qui fece il
nome dei miei genitori) e avevi una zia che si chiamava Rosa?”
“Ah sì, la zia Rosa!” Era tanto
che non pensavo a lei.
“E proprio non ti ricordi di me?”
Vuoto assoluto, con un filo di
panico per l’interrogazione. Cosa voleva da me quest’uomo? Continuò.
“Beh, in fondo c’era da
aspettarselo, eri troppo piccolo. Tu non ti ricordi, ma abbiamo giocato insieme
tante volte quando andavo a trovare tua zia. Ti tenevo sulle ginocchia, ti
cantavo pin pin cavallin e tu ridevi.”
Ad essere sincero odiavo profondamente
quelle situazioni, in cui qualcuno mi ricordava episodi della mia infanzia a me
ignoti. E magari ci ride sopra. Mi sembrava di avere l’aria di un perfetto
idiota, smemorato e pure irriconoscente. Balbettai qualcosa in mia difesa.
“Sì…no… forse! Ecco sì, forse. Ha
saputo quello che le era successo, vero?”
“Certo che sì, sono pure venuto
al suo funerale. Ero quasi in incognito, con gli occhiali scuri, ma avevo la
morte dentro. Che giornata triste. Non potevo non salutarla un’ultima volta.”
“Perché? Cioè, perché è venuto in
incognito al funerale?”
Qui il vecchio ebbe un attimo di
esitazione.
“Ma sì, oramai posso dirlo. E’
passato tanto tempo e queste sono vecchie storie. Io e tua zia abbiamo avuto
una relazione, ma all’epoca lei ufficialmente stava con un altro.”
“Veramente? Zia Rosa faceva la
doppiogiochista? Che storia!”
“Non giudicare, ragazzo. Tu sei
giovane, imparerai che nella vita le cose non sono così semplici.”
“E l’altro sapeva della sua
esistenza?”
“Penso di sì, quando Rosa rimase
incin…”
“Incinta? Ma la zia Rosa non ha
avuto figli!”
Il vecchio sospirò. “Hai ragione.
Quando il suo compagno seppe del figlio impazzì, la pregò in ginocchio di
abortire, non voleva allevare un figlio bastardo. Lei alla fine si convinse ma
c’era un problema.”
“Quale?” Quel vecchio mi stava
aprendo un mondo.
“All’epoca l’aborto era ancora
illegale, così le pagai l’intervento in una clinica in Svizzera. Rosa alla fine
aveva deciso di restare con lui.”
“Cavoli…non ne sapevo niente… -a
parte le rivelazioni su zia Rosa, il mondo dei grandi per un momento mi sembrò
più complicato di quel che mi era sempre apparso. Contate poi che come tutti
gli adolescenti pensavo di essere il primo ad aver provato certe emozioni-. E
poi come è finita?”
“Andò in Svizzera e quando tornò
mi lasciò. Lo fece con una telefonata brusca, non volle nemmeno vedermi
un’ultima volta. Dopo tutto quello che c’era stato. Ci ho sofferto ma lei fu
irremovibile.”
“Non l’ha più rivista?”
“No, mai più, anche se l’ho
supplicata molte volte. Tua zia Rosa era una gran donna ma spesso…faceva
soffrire chi la amava.”
“Ma lei signore, le voleva ancora
bene?”
Qui il vecchio non rispose.
“Signore, si sente bene?”
Il vecchio con una mano si coprì
gli occhi. Abbassò la testa e iniziò a piangere: “Rosa… Rosa…”
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