UNA LETTURA GIOVANILE
Che impressione
rileggere questo libro.
Quando lessi da
giovane “La conquista del Messico” di Bernal Diaz de Castillo,
soldato al seguito del conquistador Hernan Cortèz, ricordo che
rimasi intrigato dalla descrizione di tante battaglie tra sangue e
spade, delle strategie per avanzare in territorio nemico, del
coraggio al limite della follia, la “noche triste” quando lo
stesso Cortèz si accasciò sotto un albero e pianse, della estrema
determinazione nell’affrontare pericoli sconosciuti, dei sacrifici
umani etc.
Bernal Diaz ormai
vecchio ricordava i giorni della sua gioventù con onestà e senza
nascondere nulla. Erano passati più di 60 anni ma quei giorni del
1521 erano ancora vividi in lui. Si capisce che li aveva già
raccontati intorno al camino tante volte.
Essendo un semplice
soldato non si poteva pretendere da lui descrizioni accurate delle
bellezze del Nuovo Mondo, Bernal Diaz sa parlare solo del suo
stupore, da uomo semplice non avrebbe trovato parole adatte davanti a
tanta bellezza.
Volendo rivivere il
suo coraggio e riprendendo in mano questo libro, grande però è
stato il mio di stupore.
Ho scoperto infatti
che le battaglie occupano infatti solo una minimale parte del libro:
la maggior parte di esso è dedicata alla arte diplomatica di Cortèz,
che mi era completamente passata di mente.
Consapevole infatti
delle sue scarse forze (qualche centinaio di uomini per un
continente), Cortèz nei primi tempi della sua avanzata si preoccupò
di farlo pacificamente, intessendo spregiudicate relazioni a destra e
a manca. Faceva spesso con abilità il doppio gioco, il triplo gioco,
usando la forza solo quando necessario.
E sarebbe forse
riuscito nel suo intento se il crudele luogotenente Pedro de Alvarado
non avesse inutilmente massacrato dei messicani. La nazione si
ribellò e, come si dice, il resto è storia.
Ci furono 93 giorni
di feroci combattimenti e, quando cessarono, Bernal Diaz pensò di
essere diventato sordo. Cortèz si era dimostrato anche un
valentissimo combattente, non solo un diplomatico. Una volta ebbe la
meglio su 8 avversari che lo circondavano, ed erano tutte guardie
scelte.
Ma subito dopo la
vittoria ritornò l’abile diplomatico di sempre, si dimostrò
generoso con gli sconfitti e affabile. Voleva donare al Re di
Castiglia una nazione pacificata, non soggiogata e scontenta.
Grande lezione per
me. A rischio di sembrare ipocrita, ma diplomazia e ad ogni costo.
E anche altro:
riprendere in mano le amate letture giovanili (le vostre?) a volte
riserva parecchie sorprese.
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