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domenica 14 luglio 2019


UNA LETTURA GIOVANILE

Che impressione rileggere questo libro.

Quando lessi da giovane “La conquista del Messico” di Bernal Diaz de Castillo, soldato al seguito del conquistador Hernan Cortèz, ricordo che rimasi intrigato dalla descrizione di tante battaglie tra sangue e spade, delle strategie per avanzare in territorio nemico, del coraggio al limite della follia, la “noche triste” quando lo stesso Cortèz si accasciò sotto un albero e pianse, della estrema determinazione nell’affrontare pericoli sconosciuti, dei sacrifici umani etc.

Bernal Diaz ormai vecchio ricordava i giorni della sua gioventù con onestà e senza nascondere nulla. Erano passati più di 60 anni ma quei giorni del 1521 erano ancora vividi in lui. Si capisce che li aveva già raccontati intorno al camino tante volte.
Essendo un semplice soldato non si poteva pretendere da lui descrizioni accurate delle bellezze del Nuovo Mondo, Bernal Diaz sa parlare solo del suo stupore, da uomo semplice non avrebbe trovato parole adatte davanti a tanta bellezza.

Volendo rivivere il suo coraggio e riprendendo in mano questo libro, grande però è stato il mio di stupore.
Ho scoperto infatti che le battaglie occupano infatti solo una minimale parte del libro: la maggior parte di esso è dedicata alla arte diplomatica di Cortèz, che mi era completamente passata di mente.

Consapevole infatti delle sue scarse forze (qualche centinaio di uomini per un continente), Cortèz nei primi tempi della sua avanzata si preoccupò di farlo pacificamente, intessendo spregiudicate relazioni a destra e a manca. Faceva spesso con abilità il doppio gioco, il triplo gioco, usando la forza solo quando necessario.

E sarebbe forse riuscito nel suo intento se il crudele luogotenente Pedro de Alvarado non avesse inutilmente massacrato dei messicani. La nazione si ribellò e, come si dice, il resto è storia.
Ci furono 93 giorni di feroci combattimenti e, quando cessarono, Bernal Diaz pensò di essere diventato sordo. Cortèz si era dimostrato anche un valentissimo combattente, non solo un diplomatico. Una volta ebbe la meglio su 8 avversari che lo circondavano, ed erano tutte guardie scelte.

Ma subito dopo la vittoria ritornò l’abile diplomatico di sempre, si dimostrò generoso con gli sconfitti e affabile. Voleva donare al Re di Castiglia una nazione pacificata, non soggiogata e scontenta.
Grande lezione per me. A rischio di sembrare ipocrita, ma diplomazia e ad ogni costo.

E anche altro: riprendere in mano le amate letture giovanili (le vostre?) a volte riserva parecchie sorprese.

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