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venerdì 5 luglio 2019


PAPALAGI

Questo libretto è straordinario. Questo libretto non dovrebbe esistere.

Negli anni ‘20 il re di un’isoletta Samoa del Pacifico venne invitato per un tour in Europa, come curiosità etnica immagino. Dopo qualche mese di full immersion ritornò nella sua isoletta e descrisse ai concittadini ciò che aveva visto.

Un antropologo tedesco registrò di nascosto i discorsi. Pensava di trovarci gli elogi per le nostre grandi conquiste (noi siamo così orgogliosi della nostra civiltà) da un altro punto di vista ma quello che ascoltò lo stupì moltissimo e decise di pubblicarlo - io l’avevo trovato in uno di quei libretti da 1000 lire -, certo contro il volere del re.

Perché lui ammoniva i suoi compaesani a stare attenti al Papalagi (l’uomo banco), a non venire inquinati da lui: “Ho scoperto che il Papalagi è afflitto da una malattia, la malattia del pensare. Lui pensa, pensa sempre.”
Aveva provato un brivido di puro terrore nel vedere nei musei i busti. Che non erano macabri trofei, perché per il Papalagi “avere una bella testa” è un complimento, è la parte del corpo più importante.

E portava vari esempi di questo: “se vede il sole pensa “oh che bella giornata”, ma noi sappiamo che è sbagliato, sbagliatissimo! Perché quando il sole splende è meglio non pensare affatto”. E ogni mattina leggeva a lungo grandi fogli, e chiamava questo “informarsi”. Povero, povero Papalagi.

Insomma, era stato un vero choc culturale per il re. Noi siamo così orgogliosi della nostra civiltà.

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