PAPALAGI
Questo libretto è
straordinario. Questo libretto non dovrebbe esistere.
Negli anni ‘20 il
re di un’isoletta Samoa del Pacifico venne invitato per un tour in
Europa, come curiosità etnica immagino. Dopo qualche mese di full
immersion ritornò nella sua isoletta e descrisse ai concittadini ciò
che aveva visto.
Un antropologo
tedesco registrò di nascosto i discorsi. Pensava di trovarci gli
elogi per le nostre grandi conquiste (noi siamo così orgogliosi della
nostra civiltà) da un altro punto di vista ma quello che ascoltò lo
stupì moltissimo e decise di pubblicarlo - io l’avevo trovato in
uno di quei libretti da 1000 lire -, certo contro il volere del re.
Perché lui ammoniva
i suoi compaesani a stare attenti al Papalagi (l’uomo banco), a non
venire inquinati da lui: “Ho scoperto che il Papalagi è afflitto
da una malattia, la malattia del pensare. Lui pensa, pensa sempre.”
Aveva provato un
brivido di puro terrore nel vedere nei musei i busti. Che non erano
macabri trofei, perché per il Papalagi “avere una bella testa” è
un complimento, è la parte del corpo più importante.
E portava vari
esempi di questo: “se vede il sole pensa “oh che bella giornata”,
ma noi sappiamo che è sbagliato, sbagliatissimo! Perché quando il sole splende è meglio non pensare affatto”. E ogni mattina
leggeva a lungo grandi fogli, e chiamava questo “informarsi”.
Povero, povero Papalagi.
Insomma, era stato
un vero choc culturale per il re. Noi siamo così orgogliosi della
nostra civiltà.
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