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giovedì 18 luglio 2019

CASINI CLINICI
E' uscito il nuovo libro di Luca Tartaro!

"Dagli adolescenti ribelli ai grandi delinquenti, i casi clinici più intriganti di un moderno psicologo italiano.
Una lettura emozionante!
"
(Journal of Italian Psychology)

Il libro non è in vendita nelle librerie normali ma se ne vuoi una copia gratis, basta che mi mandi in privato il tuo indirizzo.
Su, che aspetti, incasina la tua estate!



UN EVENTO ECCEZIONALE

“A che ora c’è l’allunaggio?”
“Hanno detto a notte fonda, comunque per tutta la notte c’è la diretta con Houston in Florida.”
“Va bene dai, stanotte tutti davanti alla tv. Questo è un evento eccezionale, non me lo voglio perdere. Oggi, 20 luglio 1969, la fantascienza diventa realtà!”
“E con i bambini cosa facciamo?”
“Li mandiamo a letto alla ora solita, no?”
“E tu pensi che dormiranno? Resteranno svegli, non credere. Soprattutto Luca. Quel bambino è giorni che ritaglia tutte le notizie sui giornali per metterle in un librone.”
“Eh, a 8 anni è bello avere dei sogni. Un sogno americano. Tu dici che dobbiamo tenerlo sveglio?”
“E quando mai ricapiterà di vedere qualcosa del genere? I primi passi dell’uomo sulla Luna, è un evento storico, tra 50 anni se ne parlerà ancora.”
“Mmmm va bene. Aspetta che lo chiamo... Luca?”
“Eccomi eccomi papà, dimmi!”
“Stanotte ti va di restare sveglio così guardiamo l’Apollo che arriva sulla luna?”
“Sìììì!!!”
“La mamma ci prepara qualcosa così mangiamo davanti alla tv e non perdiamo nulla. Però tu fai il bravo.”
“Sììì! Sììì! Che bello! Vado a prendere il librone! Lo prometto, faccio il bravo!”
“Dovrai restare sveglio sin dopo mezzanotte mi sa.”
“Ce la farò, ce la farò!”

martedì 16 luglio 2019

UNA PERSONA NORMALE
Una persona normale ha esigenze normali.
Vede che fuori dalla finestra splende il sole e dice “Luca! Guarda che bella giornata! Andiamo fuori a fare una passeggiata?”
Odio le belle giornate. Preferisco quelle uggiose.
Poi arriva il pomeriggio, cala il sole ed esclama: “Ho proprio voglia di uscire e vedere gente. Che ne dici se andiamo a prenderci un aperitivo/il gelato/il caffè in piazza? Dai ti spingo io.”
Che gioia.
E la sera? Un tripudio: “Guarda, è uscito il film con il mio attore preferito! Andiamo al cinema?”
Ah, se non ci fossi tu.
“Domani mattina ci alziamo presto, il mare ci aspetta! Tutto il giorno in spiaggia voglio stare, voglio sentire la sabbia che scotta sotto i piedi. Che bello!”
Bellissimo.
Facciamola corta: mi rendo conto che...forse non sono più una persona normale.
Che pena, voler restare e dentro sentire il vecchio desiderio di andare.

domenica 14 luglio 2019


SEMPRE VOGLIA DI SCHERZARE

“Ma io ti conosco!”
“Zitto.”
“Sei un mito per me, hai dato dignità al mio strumento! Sei stato il primo batterista conosciuto per nome!”
“Per favore che sono qui in incognito….”
“Con quel cappellino e la camicia a righe? Hai sempre voglia di scherzare, R...”
“Zitto e non far tanto lo spavaldo che ho riconosciuto pure te. Ho anzi il sospetto che facciamo lo stesso mestiere.”
“Non ti sfugge niente eh? Anch’io sono conosciuto con un soprannome. E il mio gruppo ha un certo successo.”
“Ah sì sì, vi conosco. Belle canzoni. Senti, ti do due suggerimenti, sei molto bravo ma innanzitutto picchia meno. Fai troppi colpi.”
“Abbiamo due stili agli antipodi!”
“E poi stai calmino: ne dovete ancora mangiare di polenta, noi abbiamo venduto più del triplo di voi.”
“Ma ai vostri concerti non veniva così tanta gente!”
“Vedremo tra 50 anni chi verrà ricordato di noi due...a proposito guarda lì, c’è un ragazzino che ci vuol far la foto.”
“Aspetta, mettiamoci in posa.”
“Momento che gli chiedo: hey ragazzo, ci hai riconosciuto?”




UNA LETTURA GIOVANILE

Che impressione rileggere questo libro.

Quando lessi da giovane “La conquista del Messico” di Bernal Diaz de Castillo, soldato al seguito del conquistador Hernan Cortèz, ricordo che rimasi intrigato dalla descrizione di tante battaglie tra sangue e spade, delle strategie per avanzare in territorio nemico, del coraggio al limite della follia, la “noche triste” quando lo stesso Cortèz si accasciò sotto un albero e pianse, della estrema determinazione nell’affrontare pericoli sconosciuti, dei sacrifici umani etc.

Bernal Diaz ormai vecchio ricordava i giorni della sua gioventù con onestà e senza nascondere nulla. Erano passati più di 60 anni ma quei giorni del 1521 erano ancora vividi in lui. Si capisce che li aveva già raccontati intorno al camino tante volte.
Essendo un semplice soldato non si poteva pretendere da lui descrizioni accurate delle bellezze del Nuovo Mondo, Bernal Diaz sa parlare solo del suo stupore, da uomo semplice non avrebbe trovato parole adatte davanti a tanta bellezza.

Volendo rivivere il suo coraggio e riprendendo in mano questo libro, grande però è stato il mio di stupore.
Ho scoperto infatti che le battaglie occupano infatti solo una minimale parte del libro: la maggior parte di esso è dedicata alla arte diplomatica di Cortèz, che mi era completamente passata di mente.

Consapevole infatti delle sue scarse forze (qualche centinaio di uomini per un continente), Cortèz nei primi tempi della sua avanzata si preoccupò di farlo pacificamente, intessendo spregiudicate relazioni a destra e a manca. Faceva spesso con abilità il doppio gioco, il triplo gioco, usando la forza solo quando necessario.

E sarebbe forse riuscito nel suo intento se il crudele luogotenente Pedro de Alvarado non avesse inutilmente massacrato dei messicani. La nazione si ribellò e, come si dice, il resto è storia.
Ci furono 93 giorni di feroci combattimenti e, quando cessarono, Bernal Diaz pensò di essere diventato sordo. Cortèz si era dimostrato anche un valentissimo combattente, non solo un diplomatico. Una volta ebbe la meglio su 8 avversari che lo circondavano, ed erano tutte guardie scelte.

Ma subito dopo la vittoria ritornò l’abile diplomatico di sempre, si dimostrò generoso con gli sconfitti e affabile. Voleva donare al Re di Castiglia una nazione pacificata, non soggiogata e scontenta.
Grande lezione per me. A rischio di sembrare ipocrita, ma diplomazia e ad ogni costo.

E anche altro: riprendere in mano le amate letture giovanili (le vostre?) a volte riserva parecchie sorprese.

venerdì 12 luglio 2019



UNA CANZONE IMPORTANTE

Dazed and confused” mi è sempre sembrata la canzone più importante del primo album dei LZ, quasi costruito intorno a questa canzone.
Si capisce che ai tempi era Jimmi Page il leader del gruppo, dava lui la direzione e imponeva la via. L’importanza di Plant e Jones sarebbe emersa dopo, quando Page per via di problemi personali (maledetta eroina) avrebbe abdicato.

Ma nel primo album la impronta di Jimmi Page resta fortissima. Fu lui il vero fondatore dei LZ. Io trovo geniale la sua idea di fondere rock e blues (due stili che all’epoca erano agli antipodi, un po’ come sarebbe oggi mescolare reggae e hard metal). Quante belle canzoni sono uscite da questa mescolanza.

Però...però, mi spiace dirlo e so che mi attirerò le ire degli irriducibili, ma “Dazed and confused” è invecchiata molto male come canzone. Sono sei minuti di virtuosismi chitarristici che nei concerti si dilatavano anche a 30.
Assoli lunghissimi. Noiosi. Sentite come sono bravo. Una palla mortale. E oggi un brano così, quasi una masturbazione pubblica, sarebbe improponibile. Sì, va bene l’archetto, va bene suonare 100 note al secondo, sì sì sei bravo. Ma adesso basta, passiamo alle canzoni.

Anche perché diventerebbe subito il tipico momento (temutissimo da tutti i musicisti) in cui la gente si alza e va al bar per prendere da bere.
Mi consolo pensando che questo errore l’hanno commesso in tanti negli anni ‘70 e che magari all’epoca aveva un senso. Anzi, ce l’aveva sicuramente, era finalmente una cosa seria (fin troppo) dopo tante sciocchezzine.

Poi per fortuna sono arrivati i Ramones e il punk a farci capire quanto deve durare una canzone.






giovedì 11 luglio 2019


LA CANZONE DEL VAGABONDO

Quando Jimmi Page inizia il giro in maggiore (in fondo due accordi, Mi e LA) di Ramble On interrompo sempre ciò che sto facendo e mi metto ad ascoltare. E’ uno dei loro vertici.

Tipicamente zeppeliniana, introduzione sognante ed esplosione centrale. L’intreccio tra la linea melodica e il basso è veramente bello. E lo stranissimo tup tup tup ritmico a mani nude resterà un mistero, ci sono molte voci su come Bonzo ci sia riuscito.

Il testo è un inno al vagabondaggio, con Plant che si scusa con la donzella di turno ma è più forte di lui e deve andare. Ramble on.
Molto curioso nel finale poi è il riferimento a Gollum del Signore degli Anelli (nel 1969 la saga era praticamente sconosciuta in Italia) che occupa una intera strofa .

Può far sorridere che un sex symbol come Plant cantasse che Gollum gli aveva rubato la ragazza, ma c’è da dire che nel libro Gollum non è il comico mostriciattolo (il mio tesssoro) del film, ma un hobbit tormentato dal ricordo dell’anello che una volta possedeva. E quindi condannato a cercarlo in un eterno vagabondare. Ramble on appunto.

Grazie Robert. Mi hai fatto capire meglio di tanti altri lo spirito vero e la grandezza di Gollum.
“Non tutti quelli che vagano si sono persi”.



martedì 9 luglio 2019


L’HANDICAPPATO (Avvertenza: parole forti. Non leggere se siete sensibili o deboli di cuore).

Voi non avete mai l’impressione di essere amati, accuditi, seguiti etc… a condizione di rimanere un handicappato? Che i vostri tentativi per una autonomia siano visti con condiscendenza, paura, sospetto?

Invece di entusiasmo, sprone, ricerca di nuove soluzioni, spesso ho notato in familiari e personale paramedico sguardi pieni di muto rimprovero se facevo da solo. Lo so che rischio di scivolare, inciampare, cadere per terra, farmi male. Senza contare il tempo che ci metto. Che ai loro occhi quando ci provo sono un ingrato, un illuso, uno strambo.

Il guaio poi è quando mi accorgo che questo sentimento l’ho interiorizzato e faccio il “bravo malatino” che aspetta gli altri perché ha paura di muoversi da solo. Mi odio in quei momenti.

Faccio un esempio pratico: ricordo ancora di quando l’anno scorso ero in ospedale per la polmonite. Due mesi allettato. A parte una infermiera (che ricordo ancora con gratitudine) che mi accompagnava in bagno ogni volta, quando dovevo far pipì tutte le altre mi guardavano stupite. “Hai il pannolone, falla lì”.

E se dicevo che volevo farne a meno mi guardavano come avessi qualche idea balzana in testa. Soltanto dopo 10 giorni in cui, con manovre per il pappagallo e il bagno che vi lascio immaginare, il pannolone era rimasto asciutto si sono quasi rassegnate

“Vabbè, non ne hai bisogno”. Quella che per me era una grande vittoria non fu festeggiata (per inciso ho mantenuto questa autonomia, i rari incidenti non mi hanno fatto cambiare idea).
Però mi sono sentito relegato in un recinto. “Ti amo se stai buonino”.
No, non ci sto. Lo so che sono cattivo, uno stronzo irriconoscente, ma mi ribello.

Ogni tanto però sono stanco. Allora mi lascio manipolare senza protestare e chiedo aiuto.
Sono momenti diversi, magari a pochi minuti di distanza. Se incontri qualcuno che capisce quando vuoi fare da solo e quando invece sei troppo stanco, non fartelo scappare.







LED QUEEN

Due palle no, ma una me la gioco che per un momento hanno pensato di chiedere a Robert Plant di sostituire lo scomparso Freddie Mercury nei Queen.

Già i Queen erano notoriamente grandi fan dei LZ (nel sound check prima dei concerti provavano sempre Immigrant Song, ci sono registrazioni di Freddie che canta) e poi Robert aveva tutto ciò che serve per sostituirlo: carisma, voce, esperienza. Gli mancava la frociaggine, ma stai a guardà er capello.

Sarebbe stata una grande band, i Led Queen, con un repertorio pazzesco. Godo solo a pensare ad una eventuale scaletta di canzoni, anche nuove (sogna Luca, sogna) e secondo me è stato Robert a fare il prezioso, volendosi tenere lontano dai fantasmi dei LZ. O forse per rispetto a Jimmi Page. Oppure pensava alla carriera solista. Chissà chi lo sa.

Ci rimangono in ogni caso testimonianze uniche, a dimostrazione che questo sogno volendo era possibile e che i due mondi potevano fondersi. Come questo spezzone di concerto, in cui una magica Thank you si trasforrma in Crazy little thing called love.

Avrebbero fatto sfracelli.



lunedì 8 luglio 2019


TROPPA GENTE

Uno degli aspetti più fastidiosi di questa malattia è il fatto di dipendere dagli altri e vi chiedo consiglio su come affrontare la cosa.

Molti avranno già capito: gira troppa gente in casa mia, ne ho bisogno perché non riesco più a fare in autonomia le semplici faccende quotidiane.
Dato che non mi va di avere un badante-assistente solo, dipenderei troppo dal suo umore e poi se gli succede qualcosa è un guaio, ho due – tre persone che girano, vivo da solo e un paio di ore al giorno viene sempre qualcuno in casa per le faccende. Pagando, ovvio.

Lo so che rischio di sembrare un ingrato, uno str, un poverino etc. Però ho notato che troppo spesso fanno le cose come vogliono loro, spostando per esempio le mie cose senza neanche dirmelo (in casa mia) secondo un personalissimo concetto di ordine, oppure non ubbidendo alle mie richieste ma facendo sottilmente a modo loro.

Non porto esempi perché chi vuol capire ha già capito. E’ una battaglia quotidiana.
Io sono buono e caro ma mi sarei anche stufato. Non ho detto che sono cattivi ma mi sento trattato come un bambolotto.
E purtroppo ho bisogno di loro, gente che se fossi stato bene (non voglio offendere nessuno) avrei visto solo da lontano. E’ questo che significa perdere l’autonomia?

Ora chiedo a voi come reagite, datemi un consiglio. Rassegnati lo accettate? Vi armate di pazienza e ripetete per la decima volta le stesse cose? Sbottate e minacciate? Pretendete?
Io sono ancora nella fase “pazienza”, ma non so fino a quanto.



venerdì 5 luglio 2019


SOLO PER INTENDITORI

I due secondi 3.39-3.40 apparentemente son di stacco e silenzio.
Apparentemente. Se alzate il volume al massimo sentirete una sorta di fruscìo.

Quel fruscìo ha fatto godere generazioni di rockers. Sono le mani dei musicisti (Jones e Page) che scivolano sul manico sfiorando le corde. Ma anche senza toccarle le vibrazioni elettriche restano.
E da quelle vibrazioni noi capiamo un sacco di cose su come lavoravano i LZ.

1.i LZ in studio suonavano e incidevano in diretta e tutti insieme
2.quindi poche sovraincisioni, tutto live. Buona la prima, porcaputtena; il fantastico assolo senza la band Jimmi Page però rivelò che l’aveva inciso in uno studio diverso, in quel tempo erano sempre in tour e si portava dietro i nastri.
3.gli amplificatori Marshall pompavano di brutto e non si perdevano nulla dell’atmosfera
4.la batteria era in mezzo a loro e non isolata in uno di quegli odiosi gabbiotti
5.dalle foto di loro in studio si capisce che suonavano così, all together.

Heartbreaker è stata la primissima canzone dei LZ ascoltata da ragazzo (la vostra?). Avevo il 45 e li ho amati da subito, soprattutto Jimmi Page il mioddio.
Se volete le prove può testimoniare lo specchione in camera mia eheheh.


IL GIOCO DELLA BORSA

“Amo’, ma che brutta città è la tua. Altro che Roma mia.”
“Tesoro, ma stai scherzando? Sui giornali è tutto un parlare di spazzatura, voragini nelle strade e autobus bruciati nella capitale. Mi sa che la Sindaca Raggi ha qualche problemino.”
“Quella cretina per risparmiare ha tolto la manutenzione e sfido che vanno a foco!”
“Qui a Milano invece autobus puntuali, frequenti e che non bruciano. Non sei contenta?”
“Ma che, stai a scherzà? Che noia. Almeno a Roma ce consolamo con la musica. Aò, da quando son qui non ho sentito Venditti manco una volta, ma che v’ha fatto?”
“Mi sembra sia all’inferno con Er Monnezza, girone Coatti. Aspettano Totti.”
“Nun me toccà a Maggica. Qui a Milano sembrano tutti froci!”
“Mi rendo conto che l’educazione a qualcuno può dare questa impressione.”
“Ho chiesto le informazioni a uno e questo mi ha risposto tutto gentile, aò!”
“Incredibile. A Roma non sarebbe mai successo, se ben ricordo sono tutti Figli dell’Amore Eterno.”
“Te mannavano a fanculo de corsa e con la mano indicavano pure la direzione! Daje!”
“Ah ecco. Quanta vitalità, fa bene al cuore.”
“Lo sai che sulla Metropolitana qui a Milano faccio il gioco della borsa? Quanto me diverto.”
“Che gioco è?”
“Appena salgo mi siedo ma non solo. Appoggio la borsa sul sedile vuoto a fianco così nessuno si può sedere anche se il vagone è pieno. E nessuno dice niente!”
“Sono riservati.”
“So’ froci! Milanesi tutti appesi! Tutti mi lanciano occhiate brutte guardando ma nessuno fiata. Tu provace a fa così a Roma. Gettano fuori dal finestrino te e la borsa!”
“Uno spasso.”
“Oggi solo dopo 8 fermate una mi fa “Sposta la borsa che mi siedo?”. Me so’ informata, era calabrese!”
“E che vuol dire?”
“Me so capita da sola. Tiè!”


Cita la canzone sciocchina che ti ricorda il primo amore
(per me Forever and ever di Demis Rossous)


PAPALAGI

Questo libretto è straordinario. Questo libretto non dovrebbe esistere.

Negli anni ‘20 il re di un’isoletta Samoa del Pacifico venne invitato per un tour in Europa, come curiosità etnica immagino. Dopo qualche mese di full immersion ritornò nella sua isoletta e descrisse ai concittadini ciò che aveva visto.

Un antropologo tedesco registrò di nascosto i discorsi. Pensava di trovarci gli elogi per le nostre grandi conquiste (noi siamo così orgogliosi della nostra civiltà) da un altro punto di vista ma quello che ascoltò lo stupì moltissimo e decise di pubblicarlo - io l’avevo trovato in uno di quei libretti da 1000 lire -, certo contro il volere del re.

Perché lui ammoniva i suoi compaesani a stare attenti al Papalagi (l’uomo banco), a non venire inquinati da lui: “Ho scoperto che il Papalagi è afflitto da una malattia, la malattia del pensare. Lui pensa, pensa sempre.”
Aveva provato un brivido di puro terrore nel vedere nei musei i busti. Che non erano macabri trofei, perché per il Papalagi “avere una bella testa” è un complimento, è la parte del corpo più importante.

E portava vari esempi di questo: “se vede il sole pensa “oh che bella giornata”, ma noi sappiamo che è sbagliato, sbagliatissimo! Perché quando il sole splende è meglio non pensare affatto”. E ogni mattina leggeva a lungo grandi fogli, e chiamava questo “informarsi”. Povero, povero Papalagi.

Insomma, era stato un vero choc culturale per il re. Noi siamo così orgogliosi della nostra civiltà.

martedì 2 luglio 2019

PER UN MOMENTO...

Il dopo è sempre un problema, lo sappiamo. Nessuno ha minimamente raggiunto i fasti inarrivabili degli anni ‘70.
Jimmi Page, a parte quando rifà brani dei LZ, è sparito (ma non ci riesce proprio a sparire del tutto tutto, il suo nome è scolpito nel cuore), Jones come suo solito lavora dietro le quinte come produttore e arrangiatore, Bonzo mi guarda da lassù e dà il ritmo.

L’unico che ha continuato e ha provato una carriera solista è stato lui, the voice. Ci ha provato veramente, aveva e ha carisma, talento, capacità. E’ quel tipo di persona che quando appare in una stanza tutti si voltano a guardare e poi vanno verso di lui.
Gli album e i vari gruppi sono buoni ma niente de che (scordatevi la magica alchimia), anche se ogni tanto la zampata o’ lione britannico la dava eccome. La classe is not water.

Questo duetto con Alison Krauss è tra i migliori e per un momento...