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domenica 28 febbraio 2016

STUPIDO UMANO
"Ma ancora con quel maledetto cellulare stai?"
"Saran cavoli miei no? A te cosa importa?"
"Adesso ci penso io."
"...ti ringrazio cara. Mettersi in mezzo tra me e il cellulare cosi non mi fai più vedere niente é un atto di cortesia immagino. È il colpo di coda che distratta mi hai dato alla faccia passando mi fa capire chi comanda qui dentro."
"Non hai capito niente. Dai che ci arrivi."
"Arrivo dove?"
"Stupido umano."
"Io vedo che ti sei sdraiata sulla mia mano e sul cellulare bella comoda. Ma è possibile che stai sempre per i fatti tuoi ma appena vedi che lo accendo ti fai viva? Oramai se devo guardare il cellulare tranquillo mi devo mettere sotto le coperte. Sarai mica gelosa?"
"Io? Figurati."
"E allora cosa vuoi? Le crocchette te le ho date, l'acqua ce l'hai, la lettiera è pulita....cosa vuoi di più ? Son mica il tuo sguattero."
"Guardami."
"A cosa stai pensando? Sai che mi mancano le parole quando ti guardo."
"Guardami negli occhi."
"Ahhh vuoi far l'amore... Aspetta che prendo il pèttinino così ti dó una bella ripassata."
"Bravo, obbedisci."
"Vuole che prenda il pèttinino fitto o quello di tartaruga, onorevole micia?"
"Fammi vedere. Si, quello di ferro andrà bene. Mi piace sentire i suoi dentini sulla pelle. È molto piacevole. Rilassante."
"Ma così ci metterò mezz'ora a lisciarti tutto il pelo, minimo. Non possiamo fare una cosa più veloce? Veramente stavo facendo qualcosa di importante."
"Oh. Come mi dispiace."

                                             I BAMBINI

Un amico medico l'estate scorsa lasciò la città per un tirocinio nel Centro Africa. Si era laureato da poco e aveva capito che in Italia doveva mettersi in fila e dare la precedenza ai figli di. Ma lui scalpitava, voleva farsi presto le ossa, sperimentare intensamente, eseguire tutti i giorni operazioni che in Italia avrebbe fatto (se gli andava bene) una volta l'anno.
E’ così che si diventa bravi. Rispettare sempre tutte le regole non va bene. Bisogna buttarsi.
Aveva chiesto di andare nella regione più sperduta e selvaggia. Venne accontentato. Da quelle parti non ci sono medici e aveva da lavorare sette giorni su sette, aiutato solo da due infermiere nere reclutate a Kinshasa.

La sera ci raccontò che non poteva uscire dalla capanna perché c'erano ghepardi in giro che cacciavano. Diventò in breve un chirurgo abilissimo. Dopo quattro mesi tornò in Italia, sostituito da un altro medico. Aveva degli occhi diversi appena sceso dall’aereo, ma dopo qualche tempo riacquistò l'umore abituale e gli venne voglia di raccontare quello che aveva visto. Certo, molta miseria, ma anche molta serenità e disponibilità. Non c'è rabbia negli africani sembra, hanno un atteggiamento molto serafico e fatalista, tutt'altro che ostinato.

Ma tra gli aneddoti e le notizie su quel paese c'era una cosa che lo aveva lasciato francamente stupefatto. Davanti all'Ambulatorio vedeva un campo coltivato a grano, e lui notava spesso delle bande di bambini fare delle scorribande nei campi. Aveva osservato che i bambini erano diversi tutti i giorni. Torme di bambini, bande di bambini che si autoregolamentavano da sole, chissà come.
"L'Africa è piena di bambini abbandonati". Era un dato talmente abituale che dopo un po' non ci faceva più caso, ogni giorno doveva affrontare malattie sconosciute (poche) e malattie divenute fatali che si sarebbero potute curare con una piccola prevenzione (la maggioranza). L’Aids sembrava un’epidemia. Una prostituta di 13 anni rovinata dalla sifilide venne nel suo Ambulatorio non per essere guarita, ma per morire in pace. Non volle nemmeno essere toccata da lui, che era un uomo, solo le infermiere potevano avvicinarla.
E c'erano i bambini, i bambini. Non si avvicinavano all'Ambulatorio, andavano chissà dove.









sabato 27 febbraio 2016

LIVIDI D’AMORE

“Che cos’hai alla mano? E’ tutta piena di graffi!”
“Ho una gatta e quando la accarezzo mi mordicchia, per dimostrarmi che è contenta.”
“Veramente? E se è arrabbiata che fa, ti salta addosso?”
“Non si vede, ma ho anche le caviglie piene di segni.”
“Ma scusa, tu non le dici niente? Non la educhi?”
“Fosse facile. I gatti non sono cani, che obbediscono mansueti al padrone. Se la sgrido quando esagera oppure le dò uno scapaccione in quel momento scappa via. Ma subito dopo torna e presto More riprende con i morsi e gli agguati. All’inizio magari piano ma poi sempre più forte.”
“More?”
“Come a-more, ma senza la a. La a la riservo agli esseri umani. Lei però ha tutto il resto.”
“Ti sei fatto mettere sotto da una gatta, eh? Senti, ma di solito non sono animali docili? Non mi sembra tanto affettuosa questa.”
“Oh ma lei è affettuosa, di questo son certissimo. Anzi ti dirò, i morsetti sono uno dei modi in cui dimostra il suo sentimento. Sin da quando era piccolina morde.”
“Pensavo che dimostrassero affetto facendo il pigia-pigia.”
“Anch’io la pensavo così, ma lei di pigia-pigia ne fa poco. Quando si sdraia su di me e inizia con le fusa, dopo arrivano puntuali morsetti e artigli.”
“Tagliale almeno le unghie!”
“Eh sì, adesso il gatto si fa fare la manicure! E poi accorciare le unghie ai felini è pericoloso. Zampate a parte, vicino alle unghie passano vene e nervi che è meglio non toccare.”
“Cosa fai allora, ti rassegni ad avere le mani piene di graffi? Non è tanto bello presentarsi sul lavoro così, chissà cosa pensa la gente. Senti, ti do un consiglio, so che le vuoi bene ma cambia gatto.”
“Ah no, questo mai. Mi sarebbe piaciuto averla più dolce, ma è come per i bambini, si prende quello che arriva. E di cosa pensa la gente me ne frego. Tanto non sono perfetto nemmeno io. Comunque mi sono premunito, ho la casa piena di tiragraffi, spesso si sfoga con loro.”
“E se ti viene una infezione?”
“Ma perché sei così disfattista? Nessuna infezione, anzi non devo nemmeno disinfettare. Sono scalfitture superficiali, fidati, poco profonde. In faccia per esempio non mi ha mai graffiato. A modo suo questa gatta mi ama e rispetta.”
“Tu sei matto.”
“Forse. Il fatto è che lei ha una sua personalità, ben precisa che non si può cambiare. E’ selvatica, ama passionale, è irrequieta, è fatta così e bisogna rispettarla. Non è vero che i gatti sono tutti uguali. La riconoscerei tra 100.”
“Sarà. Certo che quando ami tu ti abbandoni. Ma io non mi farei trattare in questo modo da un gatto.”
“Sono lividi d’amore quelli che ho sulle mani, io li vedo così e ne sono orgoglioso. Tu non sei d’accordo?”
“Basta, ci rinuncio. Non vi capirò mai a voi.”

(Quanto mi faceva sorridere questa canzoncina dello Zecchino d'Oro. Profetica!) https://www.youtube.com/watch?v=RnHSvsW0MII

martedì 23 febbraio 2016

Quasi una dichiarazione programmatica



SCEGLI PURE NELLA LISTA


“Ah, potessi esprimere ciò che ho dentro
Potessi aprirmi e fare centro….”

Veramente? Musicisti? Son drogati
I pittori alcolizzati
Muor d’invidia lo scrittore
Se un collega ha più successo

I poeti pipparoli
Con le loro pezze al culo
Gli architetti sono esosi
E gli attori vanitosi

Sono ipocriti i cantanti
Mentre i cuochi son violenti
Fumettari tutti scemi
I creativi dei falliti

Gli stilisti froce perse
I registi degli stronzi
Le cantanti primedonne
Ballerine un po’ puttane

Scegli pure nella lista
Ma con calma, senza fretta
Questo è il mondo che ti aspetta
Se vuoi diventare artista




lunedì 22 febbraio 2016

BUONA FORTUNA, SIGNOR GORSKY!”
Il 20 luglio 1969 fu una data storica, per la prima volta l’uomo camminava sulla luna. Quell’uomo era l’americano Neil Armstrong e tutto il mondo lo guardava in diretta. I russi rosicavano dall’invidia ma io ero troppo piccolo per capirlo.
Ricordo che dalla mia sediolina guardavo in tv le immagini in bianco e nero ed ero affascinato. L’uomo sulla luna! Mi sembrava di vivere veramente dentro un mondo dove tutto era possibile.
Alla fine della storica camminata mentre saliva la scaletta per tornare, Neil Armstrong si voltò verso la telecamera e in diretta mondiale esclamò: “Buona fortuna, signor Gorsky!”
Ad Houston restarono esterrefatti ma alla CIA scoppiò il panico. Chi diavolo era questo Gorsky? Erano tempi di Guerra Fredda e si vedevano nemici ovunque. Furono immediatamente setacciate conoscenze vicine e lontane dell’astronauta ma il mistero restava. Un collega sovietico? Una spia slava? Un messaggio in codice?
Tornato sulla terra, dopo le celebrazioni trionfali, Armstrong venne a lungo torchiato dalla Cia ma tenne sempre il becco chiuso. Era però diventato un eroe nazionale e presto si preferì insabbiare il tutto. Comunque la Nasa come precauzione disturbò l’audio in quel punto, non si sa mai.
Solo 20 anni dopo l’americano rivelò la verità, quando ormai il signor Gorsky era morto: i Gorsky… erano i suoi vicini di casa quando era un semplice ragazzino. Un pomeriggio d’estate, mentre giocava a baseball, la palla finì nel loro giardino. Con cautela, cercando di non farsi vedere, il piccolo Neil andò a recuperare la palla. Ma mentre era nel loro giardino da una finestra aperta sentì la signora Gorsky gridare: “UN POMPINO? TU VUOI UN POMPINO? TE LO FARO' QUANDO IL RAGAZZO DEI VICINI ANDRA’ SULLA LUNA!”



LA PAZZA

"Andale andale! Arriba arriba! Pista, fate largo!"
"Uè, sei impazzita? Cosa corri a fare?.....ma si può sapere cosa ti ha preso alle due di notte?...il bello è che di giorno dormi... Cosa corri nel buio?…Ferma! Stai buona! Ferma...ahia perché zompi sulle coperte?… ..Ecco, il solito momento di pazzia che ti piglia tutti i giorni...adesso pure di notte….Attenta al vaso! Il vaso! Il va.... Nooo ma tu guarda che casino....ti ho detto 100 volte che li non devi andare!...nessuno ti può dire cosa devi fare, eh?... Uela che balzo...Come hai fatto? Fin sopra l'armadio....eh miao miao, è inutile che ti lamenti…e adesso? Come fai a scendere giù…aspetta che prendo la scala...speriamo che quelli di sotto non si lamentino, domani spiego tutto…ecco brava, attaccati a me....attenta...in fondo mi piace quando fai la pazza, vuol dire che sei bella vitale...però adesso basta, mi prometti che stai buona?...ahia! Selvatica cosa mi graffi?...via, tira in dentro gli artigli, anima in pena….aspetta! Aspetta almeno che son sceso dalla scala! Aspetta. ASPAAARGH!!!"

domenica 21 febbraio 2016

IL GIOCATORE DI RUGBY

Il Rugby è uno sport affascinante. Molto fisico e rude ma pieno di regole e regolette che impediscono ai giocatori di esagerare e trascendere quando lottano nel fango. Inoltre è caratterizzato da una altissima dose di fair-play, di correttezza, evidentemente mutuata dai paesi britannici dove ha avuto origine. Regole e fair-play lo rendono assai poco latino, per questo penso che non ha mai veramente attecchito nel nostro paese.

Tutto questo per dire che questa domenica, accompagnato da un amico, ero andato con la mia solita andatura stampellata a vedere una delle partite forse più importanti della stagione, lo scontro tra la squadra di Milano e quella di Roma. Sarà la terza partita di rugby che vedo in vita mia e anche oggi eravamo quattro gatti.
Poche centinaia di persone malgrado l’importanza della partita, che non si pagasse neanche un minimo biglietto all’entrata –mondo villano- e la bellezza della giornata piena di sole. Finalmente Luca esci a prendere un po’ di sole.

La passione di chi era presente però ripagava tutto e penso che sia pure per questo che la sfavorita squadra di Milano è uscita vincente dalla gara, seppur di poco. La passione anche degli altri, il loro incitamento, riesce spesso a trascinare fuori il meglio di se stessi.
“Attenzione, c’è da spostare una Kia metallizzata. Bisogna spostarla! Sta già prendendo la multa! Di chi è?”
“…è dell’arbitro!”

Ad un certo punto passa lento davanti a noi un ragazzo. Molto lento, strascina un piede ed è evidentemente sofferente.
Il mio amico, più esperto di me, mi mormora all’orecchio: “ecco, quello è il tipico giocatore di rugby, tutto saccagnato e pieno di segni”.

E io, pensando alle mie cadute di stamattina e ai miei lividi, sorrido. Forse è vero, abbiamo una passione per la terra in comune.

sabato 20 febbraio 2016

SONO PENTITO

“Signor Giudice, sono pentito.”
“Va bene, ma a quella bambina hai fatto una cosa orribile.”
“Non me lo perdonerò mai, non mi sono controllato. In quei momenti ho perso la testa, ho capito solo dopo quello che avevo fatto. Quando mi sono svegliato dal sogno avrei voluto ammazzarmi, è la verità. Le ho scritto una letterina per chiederle perdono.”
“Dubito che la leggerà, visto che ha 6 anni e all’epoca dei fatti ne aveva compiuti appena 4.”
“Mi spiace, mi spiace… (piange)”
“Avvocato, lei cosa dice?”
“Signor Giudice, questo ragazzo aveva 15 anni quando ha commesso il fatto per cui è stato imprigionato. Oggi non è nemmeno maggiorenne e ha già passato più di due anni della sua vita in carcere. Lo psichiatra che lo segue da allora ha scritto una relazione in cui afferma che ha compiuto grandi miglioramenti.”
“Si spieghi meglio.”
“Dopo la perizia, secondo le indicazioni degli specialisti ha iniziato a seguire una terapia farmacologica e una psicoterapia due volte la settimana ed è sempre più consapevole del disvalore del suo reato. All’epoca era troppo giovane.”
“A 15 anni, Avvocato, si è già abbastanza grandi per capire la differenza tra il bene e il male e questo ragazzo non fa eccezione. Anche la perizia lo ha riconosciuto.”
“E’ vero signor Giudice, ma bisogna anche considerare la famiglia dove è cresciuto il ragazzo, un padre violento, una madre che ha presto abbandonato i suoi figli, un ambiente degradato. Non possiamo fargliene una colpa.”
“Il Tribunale ha letto bene la perizia. Conosciamo tutti le svantaggiose condizioni di partenza. Quel ragazzo è partito dal basso.”
“E purtroppo non ha avuto la forza per uscirne.”
“Avvocato, sa bene che questi elementi possono essere forse delle attenuanti ma la gravità del fatto, particolarmente odioso, odiosissimo, comunque permane.”
“Il mio giovane cliente lo ha ben presente. In carcere ha subito delle… delle ritorsioni.”
“Non esiste solo il Tribunale degli Onesti in questo mondo. Non siamo ancora riusciti ad eliminare un certo tipo di giustizia selvaggia, molto arcaica ma rapida. Quelli sono tribunali che non fanno appello.”
“Signor Giudice, il ragazzo vuole uscirne, ha compiuto tutti i passi che gli sono stati ordinati. Anzi nel desiderio di riscattarsi è andato oltre, scrivendo una lettera in cui chiede scusa.”
“Vediamola allora questa lettera….(il Giudice legge un foglio, poi lo passa ai suoi collaboratori)… Qui hai scritto che le chiedi scusa,  che hai ammesso le tue responsabilità e che proverai a risarcire il male che le hai fatto.”
“Sì, è così.”
“No, non va bene. Un risarcimento vero in questi casi è impossibile, ma qualcosa va comunque tentato. E non esiste provare, esiste fare o non-fare. Risarcirai?”
“Sì, anzi lo sto già facendo ogni mese.”
“E scrivi anche che non solo chiedi scusa a lei, ma anche a tutta la sua famiglia.”
“Il padre ha detto che se mi vede mi ammazza.”
“Forse allora è un bene se resti ancora dentro per qualche tempo, e nel dire questo il Tribunale non è ironico. Hai iniziato un percorso impegnativo, quello della tua rieducazione, molto impegnativo. Ma sei ancora all’inizio e ci vorrà tempo. Hai bisogno di rinforzare il tuo controllo agli impulsi.”
“Sì, io ho ancora bisogno di qualcuno che mi protegga.”
“Non è quello che ha detto il Tribunale.”
“Ho paura, il mondo mi fa paura. Io mi faccio paura. Ho paura di diventare pazzo. Ogni volta che vedo una bambina tremo.”
“Per molto tempo sospetto sarà ancora così.”
“E’ giusto, ho sbagliato. Ma voglio pagare tutto e uscirne.”
“Non succederà presto. Passerai dei momenti difficili in carcere. In bocca al lupo.”

“Grazie.”

martedì 16 febbraio 2016

PIPI’ INSIEME

“Posso fare la pipì adesso insieme con te? Io nella lettiera, tu nel gabinetto. Non ti darò fastidio, mi accuccio qui piccola piccola vicino a te.”
“Lo sai che non provo fastidio, tu per me sei come…sei come…non so come, però ti prego stai vicina a me. Mi fa bene averti vicino.”
“Quella signora che viene ogni tanto dice che mi vizi. Non so cosa significa, è una brutta parola?”
“Lascia perdere, non ci pensare. Veramente, non è importante.”
“Sì, anche io ho avuto questa sensazione. Non è nulla. Mi metto qui vicino a te allora.”
“Brava che sei. Tesoro, già che ci sei voglio confessarti una cosa. Le prime volte che mi seguivi qui dentro sai che lo trovavo curioso? Mi faceva quasi ridere, una stranezza della natura. Poi ho capito che mi imitavi senza capire. Come i bambini piccoli che prima imitano i grandi e solo dopo capiranno.”
“A volte mi sento tanto piccola di fianco a te. Sono una sciocca a sperare che tu mi ami?”
“Amore, hai solo sei mesi di vita, è ovvio tutto questo, è normale questa intimità. Non ti stupire. Ci pensavo ieri, tu in questa vita hai conosciuto solo questa casa, per forza io sono diventato il tuo punto di riferimento. Non è che volessi questo quando ti ho portato qui con me ma le cose vanno così.”
“Quali cose?”
“Ti farà sorridere ma sento che è una responsabilità, ti sto insegnando a vivere. Come sarai, dipende anche da quello che oggi sono io. Tu non sei solo istinto, sei anche affetti e gli affetti si formano ogni giorno. Anche facendo pipì insieme. E sai cosa desidero per te?”
“Una lettiera pulita?”
“Sciocchina. Che tu non abbia paura del mondo.”
“Ah ecco perché ogni volta che arriva qualcuno a trovarci gli dici di darmi la pappa buona e non le solite crocchette!”
“Certo, perché io voglio che tu abbia fiducia nel mondo, negli estranei. Non bisogna avere paura del mondo, è un posto meraviglioso.”
“Ti voglio bene.”
“Te ne voglio anch’io. Dai, andiamo a letto ora. Quando ogni sera ti accarezzo il manto è bellissimo, mi ricorda di quando passavo le dita tra i capelli di una donna. Dolcezza infinita.”
“Come sei sentimentale.”

“E’ vero. Ma non mi importa, per me va bene. Per te?”

martedì 9 febbraio 2016

LA STRAORDINARIA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA
“Ragazzi, ho scoperto una roba…”
“Dicci dicci.”
“Aspetta però. Prima faccio una premessa.”
“Ma è lunga? No, perché la parola premessa ha il magico potere di farmele girare da subito.”
“No no, tranqui. Voi sapete che ognuno di noi per il vestire ha il suo stile no? Che bene o male ci vestiamo sempre uguale, no?”
“Ovvio, ci ho messo anni per perfezionarlo ma adesso sul lavoro indosso la mia uniforme e me la tengo ben stretta, giacca cravatta camicia. Al massimo cambio cravatta.”
“Bravo, sei come me. Il mio sogno è essere come Einstein, che nell’armadio teneva 10 giacche pantaloni e camicie tutte uguali. Ogni mattina ne indossava una pulita e olè aveva risolto.”
“Un genio. Sempre detto.”
“Orbene, voi sapete che invece le donne si cambiano il vestito tutti i giorni, avete presente?”
“Sì è vero! Una volta ne ho conosciuta una che si cambiava il vestito anche due-tre volte al giorno! Un delirio.”
“E sapete perché lo fanno?”
“Perché sono pazze.”
“No.”
“Perché sono frivole e vanitose?”
“No no”
“Perché sono str… dolcemente complicate, come si dice adesso?”
“Acqua acqua. Sentite a me, cose inutili. Ho scoperto che le donne si vestono a seconda di come si sentono dentro!”
“In che senso?”
“Ma sì! Guarda, quando l’ho scoperto bang! Si è illuminato un faro. Vuoi capire cosa sta pensando una donna? Come si sente dentro? Guarda come è vestita: se quel giorno si sente frizzante sarà tutta colorata, se triste si vestirà di scuro, se si sente bella attiva si veste giovane, se aggressiva veste leopardato, se vuol sedurre ha lo spacco alla gonna etc. E poi lunga, corta, scollata, ogni dettaglio manda messaggi. E occhio agli accessori, spesso dicono tantissimo.”
“Veramente?”
“Sì sì!”
“Vuoi dire che si riesce a capire cosa ha dentro una donna dal suo abito? Diobono, ma questa è una scoperta pazzesca! E io che mi ero sempre scervellato. Ma tu guarda…”
“E non finisce qui: avete presente quelle donne che dicono Uff, non ho niente da mettermi…”
“Come la mia sabato sera. Come mi ha fatto incazzare, ha due armadi pieni di robe e non sa cosa indossare. Ma cosa vuole? Io al confronto ho solo due cassetti.”
“Secondo la mia teoria sapete cosa vuol dire?”
“Boh. Non ne ho idea.”
“Che non sa cosa mettere perché è tutta agitata e non ha capito come si sente dentro.”
“Ahhh come dicono i marinai allora, nessun vento è buono se il capitano non sa dove andare.”
“In quel caso sapete cosa bisogna fare? Io l’ho provato un paio di volte e funziona. Lo dico solo a voi ma per ora è un segreto. Pronti?”
”Vai, siam curiosi. Io più che incazzarmi non saprei che fare.”
“Bisogna prenderla per mano, sedersi e parlare dolcemente con lei, cercando di capire cosa la agita. Insomma ascoltarla, rassicurarla. Un gesto in fondo semplice.”
“Ahhhh, e quanto ci vuole?”
“A volte basta quarto d’ora, ma spesso ci vuole di più.”
“Allora bisogna parlare con lei. Fare questo sforzo.”
“Parlare con lei, sì.”

domenica 7 febbraio 2016

GLI ALTRI

“Ciao.”
“Ciao bellissima, non ti ho mai vista prima. Fatti vedere bene. Chi sei?”
“Sono nuova di queste parti. E’ da poco che noi ci siamo trasferiti qui.”
“Infatti, infatti. Ma quando dici Noi a chi ti riferisci esattamente?”
“A me e l’umano.”
“Ah sì, quello con gli occhiali. Ti tratta bene? Lo stai addestrando a dovere?”
“Oh certo, amo il mio umano. Peccato che giochi poco, è sempre davanti ad un vetro luminoso. Ma quando va a letto abbiamo inventato tanti giochi. Io comincio con le fusa e lui mi fa i grattini. Obbedisce.”
“Bene bene, micia fortunata. Ma cosa ci fai lì dietro il vetro della finestra? Sembra quasi che ti nascondi. Non ti lascia uscire di casa?”
“Oh no, sono io che non voglio! Sto bene in questo territorio, è il mio. Ogni tanto vedo l’umano lasciare aperta la porta, quella che conduce fuori. Sembra quasi lo faccia apposta…”
“Anche la mia umana lo faceva, forse pensava ad un esperimento. Voleva vedere se uscivo o no.”
“A me il mondo fa un po’ paura. E’ così freddo.”
“No, non devi aver paura. Qui ci sono tanti altri come noi due, farai amicizia, è pieno di gente come noi. Vedrai, tra poco arriveranno delle bellissime giornate, piene di sole. Avrai voglia di uscire.”
“Cos’è il sole?”
”E’ la cosa più bella del mondo, quando lo vedrai poi non lo dimentichi più. Ti aspetteremo allora, c’è tutto un mondo che ti aspetta.”
“Ho paura, sono piccolina, tu sei grande.”
“No, non temere. Vedrai, ci divertire...”

(in quel momento arriva un’umana che prende in braccio il gattone ed esclama “Ecco dove ti eri cacciato! Ti eri perso eh? Vieni che ti porto a casa!”)