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giovedì 14 febbraio 2019


CONIGLIO BIANCO

Se io fossi uno spacciatore internazionale... darei una pensione gratis all’autore di questa canzone, per riconoscenza.
Questa canzone è un inno alla droga. Quanti hanno iniziato ad assumerla dopo averla ascoltata.

Tipico prodotto degli anni ‘60, “White Rabbit” (coniglio bianco) è un crescendo perfetto, un bolero rock che emoziona ancora adesso dopo 50 anni. La bellissima hippie Grace Slick, vestita nei concerti solo di fiori e con una voce da dea, è da venerare (beato chi se l’è fatta allora).

Perché questa è una canzone stupenda, cazzo. Hai voglia ad avvisare i giovani contro la droga, a mettere in guardia dai suoi rischi, a spiegare che è la morte lenta. Poi arriva un brano così, guardi i loro occhi e ti rendi conto che ci pensano mentre ti ascoltano.

Pensano al coniglio bianco che nella favola di “Alice nel paese delle Meraviglie” insegna alla ragazzina come distinguere i vari funghi, quello che ti fa grande e quello che ti fa piccolo, e poi alla fine canta “Feed your head!” (nutri la tua mente!).
In tanti ci hanno creduto, come i soldati di Platoon. In tanti ci sono rimasti.

All’epoca doveva sembrare bellissimo, ma oggi ne è rimasto solo il lato sgradevole. Non è un angelo che canta, è il demonio.
Basta andare in qualunque parco per capirlo. Una volta vidi mio figlio raccogliere curioso una siringa nell’erba, gli gridai “cazzo fai, butta via!”.

Perché non espande la realtà, ti solo dà l’illusione di fuggire per qualche ora. Poi la realtà riprende ed è come prima, peggio di prima. Oggi lo sappiamo bene.
“Ma è proprio quello che voglio, scappare da questa realtà di merda”.

Ma non così, non così. Perdi lucidità, l’unica cosa che può cambiare veramente la tua vita. Ti rimane solo un sogno, dove hai sprecato la tua vita ad inseguire un coniglio bianco.

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