Visualizzazioni totali

giovedì 2 giugno 2016

STORIA DI TAMIT

Presso il Museo del Cairo è conservato un sarcofago in miniatura appartenuto a una defunta un po’ speciale, una gatta di nome Tamit, curiosamente sepolta con onori degni di una principessa di alto lignaggio, seduta di fronte ad una tavola riccamente imbandita e chiamata “defunto venerabile”.

Quello di Tamit è un caso particolare. In via del tutto eccezionale e straordinario, fu sottoposta agli stessi rituali e alle stesse procedure d’imbalsamazione riservate agli esponenti della élite (ben pochi potevano permettersi tale lusso). Il padrone di Tamit, infatti era un principe di sangue reale destinato a divenire un faraone di nome Tuthmose.
Si possiedono pochissime notizie sul suo conto, ma Tuthmose non fu un faraone qualsiasi. Abbandonò il culto politeista dei padri e, per la prima volta nella storia, cercò di imporre la fede in un Dio unico. Fu una sorta di “rivoluzione culturale” che però non ebbe fortuna. Presto i sacerdoti si ribellarono e Tuthmose fuggì.

Sigmund Freud in suo famoso libro (“L’uomo Mosè e la religione monoteista”) ipotizzò che il principe Tuthmose, dopo essere stato cacciato si fosse posto alla guida di un popolo in cerca di una nuova terra, cambiando il nome nel più famoso Mosè. Dunque, Tamit potrebbe dunque essere stata nientemeno che la gatta di Mosè, il primo ebreo, uno dei fondatori della civiltà occidentale come oggi la conosciamo. 


Forse è solo una leggenda, forse è tutto inventato ma non è una bella storia? Mosè amava la sua gatta e voleva anche dopo la morte mantenere un rapporto speciale con lei. E forse la amava così tanto perché alla luce di una candela, specchiandosi nei suoi occhi, aveva trovato la forza per fondare qualcosa di rivoluzionario, che vive ancora oggi. A me piace pensarla così: nei suoi occhi, Mosè aveva visto un nuovo mondo.

Nessun commento:

Posta un commento