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domenica 26 giugno 2016

IL PAVIMENTO DI UN UOMO
“Tutte le famiglie felici si somigliano”, scriveva Tolstoj e aveva proprio ragione. Una famiglia felice che ho conosciuto mi rimase particolarmente impressa, forse perché ero molto giovane e come tutti cercavo modelli a cui ispirarmi.
Un amico mi invitò una domenica a casa sua in un paesino tra le montagne. Il viaggio era lunghetto ma appena scesi dal pullman rimasi a bocca aperta. Il paesino splendeva tutto al sole, i prati erano curati, le casette avevano i fiori ai balconi, i bambini giravano in bicicletta. Sembrava di essere entrato in una favola. Si respirava un’aria buona, di grande serenità e armonia.
Il mio amico era lì ad aspettarmi, ci salutammo con gioia e dopo mi invitò a casa sua. E quando arrivai a casa la mia buona impressione continuò: erano tutti molto cordiali e mi accolsero a braccia aperte, facendomi sentire veramente a casa.
Quando tutta la famiglia poi si riunì a tavola nel grande terrazzo non potevo fare a meno di notare lo spirito che legava tutti i componenti. Una bella famiglia, una delle cose più preziosa sulla terra. Si scherzava, si rideva, ci si rispettava. Che differenza con le grigie famiglie suburbane che di solito frequentavo, piene di problemi.
Qui c’era armonia, avevo proprio l’impressione di vedere una famiglia felice, stile Mulino Bianco. Il papà lavorava nella piccola fabbrica che dava lavoro a tutta la valle, la mamma badava ai numerosi figli, che andavano a scuola ed erano pieni di progetti. C’era affetto per tutti.
Il pranzo fu molto buono (la madre e la figlia si erano sbizzarrite) e passai un piacevolissimo pomeriggio, che ricordo ancora dopo tanti anni, ascoltando storie di paese e raccontando le mie di città.
Confesso che in certi momenti pensavo “ecco, da grande vorrò una casa e una famiglia così”. Quando arrivò la sera poi ci salutammo con la promessa di rivederci presto, era stato tutto veramente molto confortevole. Distrattamente prima di andare chiesi in che fabbrica lavorasse il padre e venne fuori che era uno degli operai specializzati che costruiva carri armati da inviare nelle lontane zone di guerra.
Rimasi di stucco. Ma allora tutta quella felicità che avevo visto, tutta la serenità che avevo percepito a livello quasi pubblicitario, la tranquillità la bellezza…si fondava sul dolore e sulla morte altrui. Sulla sofferenza. I bambini che giocavano felici non ne sapevano nulla e “Qualcuno li deve pur costruire” ma bastava a giustificare tutto?’ Tornai a casa guardando dal finestrino. Per tanti motivi non andai più a trovare il mio amico ma quella giornata fu importante per me.
Mi accorgo oggi che mi rimase dentro una sorta di diffidenza davanti alle felicità perfette, quasi esibite. Le esibizioni nascondono una realtà differente. E troppo, troppo spesso il pavimento di un uomo è il soffitto di un altro.

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