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mercoledì 29 aprile 2015
Il neonato non pensa, il neonato sogna. Perché il sogno ha una forza creatrice che raramente il pensiero ha. Il neonato sta creando un mondo intorno a sé, sta imparando a vivere. E la Natura lo aiuta.
Chiunque abbia avuto a che fare con un neonato si è accorto che dorme tantissimo, sin 20 ore al giorno. Come attività cerebrale nel corso dell’evoluzione è comparso per primo nel mondo il sognare. Molto, molto prima del pensiero. Lasciateli dormire.
Si può dormire per anni, ma non si può rimanere vigili per più di qualche giorno, abbiamo bisogno di sognare, sembra più importante sognare che pensare. Tutti gli animali sognano. L’uomo primitivo sognava molto, doveva inventare un mondo nuovo.
Ho sognato di essere un grande professionista. Scrivevo libri importantissimi, e le mie parole erano come le pennellate di un pittore, tutti stavano attenti. Ero brusco o compassionevole al momento giusto. Lauree, attestati, premi. Vedevo persone che scrivevano mentre io parlavo. “L’essere umano è l’unico animale capace di perdonare” mormoravo, e c’erano file di pazienti in attesa, e per i bambini ero come un mago, e tutti si innamoravano. L’amore era, come dice una canzone, la mia unica ricompensa. Ovunque andassi la gente mi riconosceva e sorrideva, e spuntava la primavera. Avete presente la primavera?
Poi mi sono svegliato nel mio corpo. Questa è la mia stanza, questo il mio letto. Sentivo l’aria calma della domenica pomeriggio. Era solo un sogno, con un lascito dolce, un’ombra incantevole. Che però sfumava ogni secondo sempre più lontana, inafferrabile. Non si può tornare indietro. Apro gli occhi e il mondo reale mi saluta. Ora sono sveglio, e posso godermi la vita.
Dopo il post precedente, devo fare una precisazione, che riguarda un po' tutti.
Cosa vuol dire infatti "essere una persona cattiva"? Sono solo i criminali? Ma poi esistono veramente i cattivi, o sono solo frutto della società?
Lavorando da anni in un Tribunale mi sono accorto che purtroppo le "persone cattive" esistono. Non sono per fortuna tantissime ma ci sono.
E avevano tutte una caratteristica in comune: pensavano solo a se stesse, senza badare minimamente alle conseguenze o al mondo, percepito come qualcosa da sfruttare. Anche le persone purtroppo.
Al massimo nella loro cerchia comprendevano i familiari o il clan, ma non di più. Se beccati, dicevano di essere dispiaciuti per il dolore inflitto alle loro famiglie. Mai un pensiero per le vittime.
Insomma, la cattiveria è come un egoismo assoluto. Va bene e fa bene certo pensare a se stessi, anzi è doveroso (e possiamo discutere a lungo del limite), il guaio è quando si egoista in maniera totale. E diventa facile accettando questa premessa far qualcosa di "cattivo".
Detto in altre parole, ogni volta che vogliamo affermare noi stessi e siamo egoisti stiamo sfiorando la cattiveria. L'abilità -che come tutte le abilità si impara- è quella di esserlo senza per questo far soffrire inutilmente.
Discorso che per la sua importanza è da riprendere. Per adesso mi limito a precisare questo: il bambino sembra un egoista, in realtà è egocentrico. Se fa qualcosa di cattivo non è consapevole che lo sta facendo (l'adulto sì), non sa che il mondo non vede come lui, deve imparare questo. Inutile punirlo, meglio educarlo con pazienza. E amore.
Per la delicatezza del caso e in via eccezionale, era stato il Tribunale ad essere andato da lui e non il contrario. Puntuali sono arrivati tutti, magistrati togati, un esperto in criminologia, il procuratore, la cancelliera etc. Il direttore di Opera ci ha ringraziato di cuore, avrebbe dovuto impegnare tanti uomini solo per lui.
Subito ci siamo diretti verso la palestra femminile del carcere, dove era stata approntata una scrivania e delle sedie. L'incontro si sarebbe tenuto lì.
Il carcere di Opera è imponente, pieno di porte gigantesche e metalliche. Ci saranno 1200 detenuti e quasi il triplo di agenti. Mentre la macchina percorreva i lunghi viali interni si sentiva un silenzio non normale. I grandi prati erano curati e gli alberi potati, ma in giro non si vedeva assolutamente nessuno. Arrivati nella palestra femminile (in pratica una stanza con soffitti bassi e sbarre alla finestra) ci siamo seduti tutti, abbiamo parlottato e dopo pochi minuti, accompagnato dal suo elegantissimo avvocato fiorentino, è arrivato lui, il male assoluto.
Plurimi ergastoli e svariati omicidi alle spalle, di cui qualcuno eseguito personalmente tramite strangolamento (il brutale metodo preferito) (guardami mentre ti ammazzo), padrino della mafia corleonese, efferato, disumano. Sulla sua coscienza gravano anche bambini. Una fedina penale lunga 22 pagine fitte, che partiva dagli anni '50. Mandante delle stragi che insanguinarono la Sicilia, uccidendo tra l’altro i giudici Falcone e Borsellino.
Catturato nel 1993, da allora vive in completo isolamento, controllato 24 ore su 24 da telecamere, anche quando va in bagno. Non può ascoltare radio, leggere giornali, incontrare o parlare con chicchessia, tranne familiari o avvocati per due ore al mese dietro un vetro.
Come sareste voi se aveste vissuto gli ultimi 22 anni in questo modo? Senza nulla che conforta, senza un bacio, una carezza, vedendo solo mura intrise di disprezzo. E' il trattamento detto 41 bis, una delle poche leggi veramente restrittive in Italia (e a lui applicato con particolare rigore), forse perché emanata con emozione, a ceneri ancora fumanti per così dire.
La prima impressione è però deludente. Un omino dimesso, un pensionato come se ne incontrano tanti in giro, di certo ad incontrarlo per strada non mi volterei. Ma, appena il presidente di udienza gli ha dato parola e ha incominciato a parlare, il vecchietto come in un incubo si è trasformato nel capo dei capi. Determinato, prevaricatore, intelligente. Di quella intelligenza agricola e concreta, espressa in un siciliano stretto ma comprensibile. Le mani erano callose, spesse, da uomo cresciuto con la zappa tra le mani.
La lucidità era impressionante, il discorso un filo di ferro. Ho incontrato poche volte in vita mia una persona che emanasse una tale forza soggiogante. Più di vent'anni di isolamento durissimo non l’avevano spezzato. Ascoltandolo si capiva benissimo come avesse potuto reggere da latitante una organizzazione ramificata in tutto il mondo. Non gli sfuggiva nulla. Un capo, un contadino fatto di ghiaccio. Terribile che una persona così acuta sia aldilà di ogni redenzione, disprezzi così tanto il valore della vita umana.
Durante il suo discorso mi ha guardato per un attimo. Un lampo, ma la sensazione di essere considerato inutile come un insetto è stata nettissima. Non mi ha più guardato per tutto il resto dell'udienza. Il procedimento è andato avanti come al solito, tutti cercavano di esporre con compostezza ma senza aggiungere una parola di più; ed era meglio trattenersi per quanto possibile, dovevamo evitare gesti anche involontari (sono messaggi). Il suo avvocato ha comunque sfoggiato una roboante arringa, in cui ha coinvolto tutti, dal Sisde alla Massoneria etc. Alla fine di tutto sono venuti tre agenti a riprenderselo, e se ne è andato a passetti piccoli, dicendo "buongiorno".
L’ultima immagine che ho di lui, mentre parlava al suo avvocato, è una scena che non dimenticherò mai. Il suo difensore è uno stangone alto più di 1.80, mentre lui supera di poco gli 1.50, eppure da come gli parlava sembrava lui il più alto. Lo "comandava" e intanto l'avvocato si piegava in quattro. Non è possibile, mi dicevo, ci vedo male. Ho guardato meglio, ma il più alto pareva sempre lui. Se non l’avessi visto con i miei occhi non ci crederei.
Per la tensione appena tornato a casa mi sono buttato sul letto e ho dormito. Sono abituato ad incrociare debolezze ma questa esperienza, incontrare un carattere così forte, mi aveva stremato. Qualcosa di profondamente cattivo, che non capivo, non posso capire. Un mistero biblico, che si può solo guardare per poco. “Perché il loro sorriso viva per sempre” è scritto in un grande poster sotto i volti di Falcone e Borsellino, e bisogna rappresentare la parte migliore dello Stato, quella che esegue e rimedia. Non sempre è facile.
giovedì 23 aprile 2015
lunedì 20 aprile 2015
C'era una volta un giardino su una collina
Era verde e fioriva davanti al mare con il sole e la pioggia
splendevano tanti colori sul terreno
Il giardino dava forma ed equilibrio alla vita
Ma poi arrivò un vento forte, fortissimo
Cadde la neve e ho temuto per il mio giardino
Così ho costruito un muro dopo l’altro e un tetto robusto
Reso forte dai sassi contro le frecce di un destino crudele
In questo modo il freddo assassino non riusciva ad entrare
E quando è arrivato il sole con la pioggia leggera di primavera
Non riuscivano ad entrare nel giardino dietro quelle mura
Sarebbe morto in assoluta sicurezza, morto...
Ma ho visto, ho capito, ho buttato giù i muri
E il giardino vive ancora
(David Crosby, 1967)
Questa bella canzone di David Crosby riflette a mio parere un problema che abbiamo in tanti, quello di dosare sicurezza e curiosità, apertura verso il mondo e anche tranquillità. Troppa sicurezza è mortifera, ma troppo esporsi può bruciare.
Mi ricorda molto il dilemma che ha un padre, quando insegna a suo figlio ad andare in bicicletta: gli tiene la bici, e se lo lascia andare troppo presto suo figlio cadrà, se lo tiene troppo non imparerà mai.
Quando lasciarlo andare? Bisogna certo avere cautela e valutare bene ma ad un certo punto non c'è nulla da fare. Bisogna avere il coraggio di lasciar andare la bicicletta. A volte basta solo un po' di coraggio.