COSA BISOGNA INVENTARE
Ogni volta, ogni volta. Quando vengo ricoverato in ospedale (come mi è successo la settimana scorsa per dei controlli) mi devono ovviamente fare dei prelievi di sangue. E lì incominciano i guai.
Dato che io ho le vene "piccole e dure", si ripete la solita scena. L'infermiera concentratissima prima picchetta il braccio e poi buca una… due… tre volte. Dolore ogni volta che l'ago infilza la pelle. Niente, queste maledette vene non si trovano. Al che passano alla mano, al dorso e al polso, e anche lì si buca per niente. Poi passano all'altro braccio e ripetono il tutto. Inutilmente.
Le infermiere si consultano e chiamano altre infermiere, mentre io son mezzo svenuto per il dolore e pieno di cerotti. Decidono di provare con le caviglie, con la coscia, con tutto. Niente, queste vene si nascondono troppo in profondità. Manca che mi buchino la lingua e il cerchio è completo. "Pietà!" imploro.
La settimana scorsa ci han messo due ore e almeno quindici buchi per trovare finalmente una venina da cui estrarre il mio preziosissimo sangue. Oh, se avessi le capacità, inventerei una macchina che preleva il sangue dal corpo senza dolore. Darò tutti i miei soldi e ricorderò nel mio Testamento chi la inventerà.
Nel frattempo penso sempre a Veronica, una infermiera gentile del Don Gnocchi, che io chiamavo tra me e me "Veronica Un Buco Solo" (sì, lo so che suona offensivo, per questo non lo dicevo mai ad alta voce), perché trovava la vena sempre al primo tentativo. Non so come facesse, aveva una sensibilità magica. Oh Veronica, quanto ti ho pensato, sposami.
Intanto come San Sebastiano Martire, offro il mio corpo nudo ai tormenti delle siringhe.
(una immagine di San Sebastiano, che ho scoperto essere anche il santo protettore dei gays. Rappresentato sempre come un bel giovane seminudo e sofferente, l'immagine classica forse avrà contato. Ecco, ci mancava anche questa. Ma sì dai, uscirò dall'ospedale trasformato)
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