DIO
“Che meschinità”. Dopo essermi convertito al stanismo, tutto mi sembrava così meschino. Anche il prete che
ripeteva ad alta voce le sue formule e continuava a spruzzarmi
incenso sul corpo.
Continua pure, corvo nero e
puzzolente. Continua con le tue formule di cui non hai mai capito il
senso, i tuoi riti inutili. C’è una cosa che non sai, forse non te
la immagini neanche: ogni parola che pronunci io la ripeto
mentalmente al contrario, così ne neutralizzo gli effetti.
“In nomine Dei ego te fugo
horridum verbum pithonicum tamquam non esset! Amen et AMEN!”
E ancora incenso e gesti contratti.
Attento adesso… devo
concentrarmi. Nema te nema tesse non mauqmat mocinohtip mubrev
mudirroh… l’inversione mi riusciva facile.
Dovevo immaginarlo che un prete
cattolico, e neanche tanto giovane, avrebbe reagito così ai miei
discorsi. Mi ero lasciato convincere da mia moglie, quella stupida,
dopo che ieri notte l’avevo svegliata per raccontarle i miei
pensieri.
“Domani andiamo da Don
Alberico”, concluse brusca lei tirandosi la coperta sulla testa.
“Ascoltami, ho altro da
raccontarti”, le dissi sfiorandole i capelli.
“Non toccarmi! Vai via!”
“Perché ti comporti così?”
“Mi fai schifo! Ho ribrezzo, non
ti avvicinare!”
“Ma è vero quello che ti ho
detto! C’era veram…”
“Zitto! Ho detto che domani
andiamo da Don Alberico!”
“Shhh piano, non gridare,
sveglierai i bambini!”
Mia moglie si voltò di scatto.
“Vuoi che ci andiamo adesso? Che mi metta addosso il mantello
azzurro e che usciamo? Vuoi uscire adesso?”
“No, no, va bene. Domani.”
“Allora stai zitto e dormi!”
Un bambino si agitò nel sonno.
Poi fece un grande respiro e si rimise a dormire.
Il mattino dopo non mangiammo
nulla. Anche se dovevo zappare l’orto per la stagione mi portò
subito alla canonica accanto alla chiesa, dove viveva il prete con
sua moglie. Mi obbligò a mettermi il vestito pulito della festa, e
mi sentivo ridicolo. Non ero abituato. Era così presto che la nebbia
del mattino ancora non si era dissolta. Il fornaio uscì dalla
bottega e guardò stupito me e mia moglie che camminava furiosa. Lei
non diceva una parola e facevo fatica a starle dietro.
Ci aprì la donna del prete,
stupita di vederci in quel giorno di lavoro. Mia moglie mi comandò
di non muovermi e poi entrò da sola, richiudendo la porta. Poco dopo
sentì che il diacono veniva chiamato alla svelta. Rumori di passi
pesanti, la porta di legno si aprì e io ero sempre lì con il
cappello in mano, fermo come un pesce secco.
Apparve il prete con una faccia
severa, dietro di lui la sua donna stava abbracciando la mia che le
piangeva sul seno abbondante. Che porco doveva essere il prete. Era
un uomo anziano e grasso, ma il suo sguardo con noi sempre bonario in
quel momento era duro, mi spaventava.
“Sia lodato Gesù Cristo”,
disse.
Io non risposi “Sempre sia
lodato”, come avrei fatto sino a poche settimane prima, mi sentivo
cambiato.
“Sia lodato Gesù Cristo, ho
detto.”
“Ho sentito.”
“Figliolo, non ti senti bene?
Qualcosa non va?”
“Devo parlarle, reverendo. Ho
una passione che mi brucia dentro.”
“Andiamo in sacrestia.”
Entrai dalla porta e ci dirigemmo
verso una saletta posta subito dietro l’altare, dove il prete si
lavava e si cambiava prima delle cerimonie religiose. Non ero mai
entrato in quella stanza. Era piccola. E una piccola finestrella la
illuminava tutta. Il suo cane dormiva in uno spicchio di sole.
Sarebbe stata una bella giornata. Non c’era il tavolo, il
carpentiere del paese doveva ancora costruirlo, solo ripiani alle
pareti. Il prete cacciò via il cane con un calcio, e andò a
prendere qualcosa.
Intanto mi misi a guardare negli
scaffali e vidi una ciotola, una bottiglia di vino e, incredibile,
c’era un libro! Un libro vero!
“Posso toccarlo? Non ne ho mai
toccato uno.”
“No. Da quello che ha raccontato
la tua donna non sei nello spirito adatto. Forse la tua anima deve
essere purificata.”
“La mia anima e la mia coscienza
sono a posto, reverendo. Mia moglie si sbaglia,”
“Conoscevo i tuoi genitori,
erano semipagani e non ho mai capito bene la profondità della loro
fede, se fossero sinceri o meno. Ma erano brave persone. Sempre
rispettose della comunità.”
Pensai a mia madre, che ogni notte
di luna piena andava alla sorgente degli ossi, per berne l’acqua e
dire delle cose che non ho mai saputo, al contrario delle mie
sorelle. Forse raccoglieva delle erbe. Riportava sempre indietro un
piccolo otre pieno d’acqua pura, che la mattina ci faceva bere. Ma
non dovevamo dire niente in giro.
Una notte alcune persone la
seguirono in segreto. Forse andarono a dirlo a don Alberico. Sta di
fatto che pochi giorni dopo la sorgente di acqua purissima venne
distrutta e insozzata. Mia madre non mi fece più bere nessuna acqua
speciale, ma so che ogni tanto lei e mio padre uscivano di notte. Non
ho mai saputo dove andassero. Mio fratello maggiore badava a noi.
“Don Alberico, ho una cosa da
dirle.”
“Taci ho detto. Anzi rispondi:
credi nella Santa Madre Chiesa? Credi nel nostro Papa Gregorio, che
lo spirito santo bello come una colomba bianca lo illumini.”
“No”, risposi a mezza voce.
Evitavo di guardarlo, sapevo che si sarebbe arrabbiato. Però non
potevo mentire. Dovevo farmi coraggio, e alzare la mia voce.
“No.”
Successe tutto in fretta. Don
Alberico aveva preso un bastone senza farsi vedere, e mi diede un
colpo in testa. O cercò di farlo, perché alzai il braccio e deviai
il colpo sulla mia blusa. Io sono robusto, e forte. Non mi si può
pigliare di sorpresa.
“Maledetto! Maledetto! Il
demonio ti ha preso! Ma io lo farò uscire dalla tua bocca, come ci è
entrato!”
Don Alberico aveva quarantanni,
era un contadino forte figlio di contadini forti, ma mio nonno era un
fabbro, e so come si usano i bastoni. E poi era ingrassato, e quando
si muoveva respirava forte. Gli presi la verga con facilità, e
gliela strappai di mano. Legno di pioppo, leggero. E mi voleva far
male con quello? Mi misi a ridere. Lo buttai in un angolo.
“Stai fermo! Non ti muovere!”.
Prese l’acqua santa e iniziò a benedirmi.
E lì io mi trasformai.
Infastidito dall’acqua benedetta iniziai a ruggire, mi strappai la
cmicia, divenni rosso.
Eavocai un oscuro demone
dell’inferno, mi crebbero peli sul petto e corna sulla testa e
sbranai il prete. Nel senso che proprio lo mangiai, masticando la
carne e bevendo il suo sangue. Il tutto tra rutti e rumori.
Inorriditi, i presenti scapparono
via e chiamarono i soldati, che però avendo chiuse tutte le porte a
doppia mandata, bruciarono la casa con loro dentro.
Dio si diverte così, e noi scemi
ad applaudire il principe rosso dell’inferno.