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venerdì 29 luglio 2016

DALLA PRIMA LETTERA DI TARTARO AI SUOI DISCEPOLI

Viveva a quei  tempi in Lombardia un uomo talmente buono che era reputato da tutti un coglione. Ed in effetti un po’ coglione lo era.
Sul lavoro per esempio evitava di alzare la voce e risolveva i contrasti in maniera pacata e cercando di non offendere nessuno. In genere nei rapporti umani si fidava delle persone ma quando si discute di soldi ahimè questo è un grave errore, che lo aveva amaramente scottato più volte. Eppure cercava di non perdere la fiducia negli altri e manteneva un atteggiamento gentile come era connaturato sin da ragazzo al suo carattere.

Voi, miei cari fratelli e discepoli, capite che questo comportamento in tempi difficili può avere effetti molto ma molto negativi. Servirebbe più aggressività, forse più cattiveria. Avere un atteggiamento sensibile e rispettoso, che tiene conto di ogni osservazione, è in fondo segno di un animo buono ma che raramente raggiunge la vera grandezza.
Se si vuole sopravvivere spesso bisogna sgomitare e spesso scavalcare i più deboli. E’ brutto ma è così. Tant’è, il nostro uomo suo malgrado, nonostante indubbie doti di intelligenza e successi professionali, era considerato un senza palle e relegato in un angolo.
Naturalmente aveva anche lui un lato oscuro, fatto di maledizioni, ricordi neri e brutte robe, ma lo teneva accuratamente celato, se ne vergognava e non lo esibiva al mondo, come oggi fanno in tanti.
Per non parlare poi, miei cari fratelli, del suo rapporto con le donne, sulle quali stenderei un burka pietoso.

Anzi no, lo conoscevo e forse c’è una storia a proposito. Voi sapete che in Lombardia c’è un grande deserto dove il sole picchia forte. Un giorno stavamo appunto attraversando questo deserto e ci venne sete.
Arrivammo ad una casa dove era affacciata una donna e lui le chiese dell’acqua. Questa, vedendoci stanchi e impolverati, si mise a ridere e con disprezzo gli indicò la ciotola del cane. Un’altra ci chiuse la finestra in faccia. Una terza fece grandi sorrisi ma alla fine con una scusa non ci diede nulla. Una quarta fu molto gentile, ci avrebbe dato anche da bere però solo se pagavamo un prezzo francamente eccessivo. E via così. Ogni volta comunque lui salutava, si girava e senza arrendersi andava a cercare nuove possibilità. Era cortese ma tenace, non si arrendeva.

Mi sembra già di sentirvi, amici miei: di solito a questo punto delle parabole appare una donna gentile che offre acqua fresca e tutto si risolve per il meglio. Ma qui non accadeva e, mentre ci avviavamo da soli verso un pozzo lontano, parlavamo di come potevamo risolvere la nostra solitudine e il nostro bisogno.
Entrando con la forza in una casa e pretendendo da bere? Minacciare di rappresaglie? Sedurre le donne e ingannarle come facevano altri? A quell’uomo usare la violenza, sia fisica che verbale, come si sarà capito ripugnava ma la gentilezza e il perdono non sortivano grandi effetti.
Intanto il sole picchiava forte e arrancavamo verso il pozzo. Ad un certo punto disse “Forse è il mio destino di rimanere solo.”
Gli risposi subito no, che certo il Signore aveva in serbo altri piani per noi. Anche se non avrei saputo dire quali.
“La vita è una severa maestra –continuò-. Comunque alla fine una lezione da oggi l’ho imparata: bisogna cavarsela da soli. La bontà va bene nel rapporto con gli altri ma con se stessi…con se stessi bisogna essere sicuri e inflessibili.”
Io stavo zitto. Intanto eravamo arrivati al pozzo. In giro non c’era nessuno, solo un mulo che stava immobile sotto a una tettoia all’ombra.

D’accordo, rifletteva l’uomo ad alta voce mentre tirava su l’acqua dal fondo del pozzo, ma dov’è l’amore in tutto questo? Perché non riusciamo a vivere in pace e ci facciamo del male a vicenda? Non è un peccato?
“Sì è un peccato”, dissi sinceramente.
“Ma c’è qualcosa che non avrà mai fine. Forse…forse l’Amore è la risposta, Senza amore niente ci gioverebbe, e l’acqua non placherebbe la nostra sete, nemmeno quella fredda di questo pozzo. Non bisogna tener conto del male ricevuto, l’Amore non avrà mai fine.”
Io lo ascoltavo muto. Non erano discorsi da fare sotto un sole implacabile. In ogni caso, miei cari fratelli, dopo aver detto questo, l’uomo si voltò indietro e ritornò verso le case di prima, per sorridere e parlare ancora con quelle donne. Non ho più saputo nulla di lui.



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