Recentemente sono stato intervistato da un canale televisivo in quanto "psicologo malato di sclerosi multipla", dato che potevo fornire un contributo specialistico "dall'interno". Ecco la trascrizione scritta delle mie risposte alla
intervista, incicciottite e arricchite J
Prima domanda:
“ci sono pazienti che negano per
primi a se stessi e poi ad altri eventuali peggioramenti della propria condizione.
Questo è un aspetto della malattia?”
Risposta: Certamente, è una sorta di autodifesa
psicologica davanti alla malattia anzi molto comune. Tecnicamente si chiama “negazione”, io la chiamo per semplicità la
“fase dello struzzo”, l’animale che
caccia la testa nella sabbia per non vedere. Dalla Fase dello Struzzo, per
esempio dopo che abbiamo ricevuto la botta della diagnosi di sclerosi multipla,
ci siamo passati tutti (“non può essere vero…a me non succederà come agli altri…combatterò…nessuno
lo saprà mai che sono malato…”). Questa Fase è anzi talmente comune che bisogna
considerarla normale, e bisogna dire che gli stessi neurologi la aizzano quando
rassicurano lo sconvolto neodiagnosticato (“non si preoccupi….andrà tutto bene….continui
a fare la vita di sempre…”). E’ una difesa psicologica che può durare anche
mesi, poi la realtà farà sentire i suoi diritti e si passerà alla fase
successiva, in cui ammettere a se stessi e agli altri la malattia. Fare lo
struzzo all’inizio insomma è normale ma continuare a farlo no.
Seconda domanda: “Occorre dirlo a parenti e figli, anche se piccoli?”
Risposta: Sì. Dopo che la Fase dello Struzzo è
stata superata bisogna trovare il coraggio e passare alla Fase della
Ammissione, in cui rivelare agli altri la malattia di cui si soffre. E se
parlare ad un adulto è facile, dirlo al proprio figlio di pochi anni no, tanto
che molti non lo fanno. Ma è un errore, i bambini captano sempre che c’è
qualcosa che non va, hanno antenne straordinarie. E, questo è ormai assodato,
bisogna evitare i “cattivi segreti” in una famiglia, è un errore non
parlare di certe cose che li riguardano ai bambini perché potrebbero dare loro
sofferenza. Il silenzio può essere una soluzione temporanea ma non per molto,
prima o poi bisogna dirlo. Ovviamente con “parole giuste”, e per trovarle
bisogna fare affidamento sulla propria sensibilità ed esperienza. Le parole
giuste bisogna poi usarle anche con il proprio partner e al lavoro, ma qui ogni
caso è veramente a sé.
Terza domanda: “spesso
accade che il malato si attribuisca la colpa di avere una malattia…cosa fare?”
Risposta: molto molto frequentemente,
soprattutto agli inizi, tanti malati attribuiscono la malattia a se stessi,
allo stress, ad un atteggiamento sbagliato, alla loro emotività. Fattori
psicologici più che fisici insomma. Atteggiamento in fondo comprensibile, cercano
di dare un perché al mistero ”perché la s.m è venuta proprio a me?”.
Psicologicamente la risposta è NO, vari studi hanno appurato che non esiste
correlazione tra malattia e stato psicologico.
Lo stress per
esempio si è visto che è un fattore scatenante, questo sì. Non causa la
malattia, ma fa affiorare qualcosa che magari era sott’acqua, o dormiva. Ecco
perché in genere ai malati di sm si consiglia una vita senza stress (cosa però su
cui non sarei molto d’accordo, già c’è sin troppo torpore in chi ha la malattia,
semmai evitare uno stress eccessivo o troppo prolungato). E neanche è vero che
la sm viene alle persone “sensibili”, lavorando in Tribunale ho visto anche parecchi
delinquentoni con la sclerosi multipla. La sclerosi multipla è una malattia
democratica, ve l’assicuro. Se posso poi dare un suggerimento, non cascate nei
pensieri del tipo “Perché io?…Non me lo meritavo…Qualcuno mi punisce per i miei
peccati…” etc. Si casca in una spirale depressiva tanto dolce quanto mortifera,
appena sentite questi pensieri accantonateli.
Quarta domanda: “la
sclerosi multipla modifica il carattere di una persona?”
Risposta: A parer mio e di altri, da quanto si
può vedere, la sm -come tutte le malattie croniche- in genere non cambia ma amplifica
il carattere. Più che cambiare il carattere di una persona, lo svela per ciò che veramente è. Essere
in uno stato di bisogno fa emergere infatti tutti quei lati che prima, nella
normalità, erano celati. A volte accade che una persona si incattivisca o
diventi più buona, e allora viene il sospetto che la malattia abbia modificato
il carattere, ma non è così. Suggerimenti: una persona si è incattivita con chi
lo circonda anche perché ha visto che questo suo atteggiamento funziona. Meglio
spiegargli che il gioco è stato scoperto e che è meglio usare le sue energie
per qualcosa di meglio.
Quinta domanda: ”quale terapia psicologica consigliare a chi ha la sclerosi multipla?”
Risposta: a meno che la sm non abbia fatto
esplodere problemi preesistenti (caso raro; paradossalmente avere una malattia
fisica grave, come già notava Freud, per qualcuno diventa una terapia psicologica),
per chi ha la sclerosi suggerisco semmai una terapia blanda, di sostegno. I
problemi psicologici di chi ha questa malattia sono purtroppo molto simili, in
primis la depressione (un farmaco leggero aiuta), l’isolamento, la solitudine.
Cose queste ultime che non c’entrano con una eventuale terapia, ma con le
relazioni umane che si sono instaurate in passato.
Ma ho una buona
notizia: non ho mai capito bene il perché, ma la sm sembra che induca molta
solidarietà tra malati, più che altre malattie. Approfittatene di questa
solidarietà, di questa voglia di fare gruppo. Su internet sono centinaia i siti
in cui i malati parlano, si confrontano, organizzano raduni etc. E’ una sorta
di “terapia di gruppo” divertente e molto, molto utile. Chi non si è fatto problemi
ad usare la solidarietà si è visto anzi che ha un decorso della malattia
migliore di chi si chiude in se stesso.
Sesta domanda: “la
famiglia è pesantemente coinvolta, quale contesto familiare preferire?”
Risposta: come spesso accade in caso di malattie
gravi, a volte i familiari anche se partiti con le migliori intenzioni alla fine
non ce la fanno più. Ecco perché è importante quasi da subito iniziare a intrecciare
una Rete, come la chiamano in
sociologia, una serie di legami con persone e associazioni che possono dare una
mano. E’ il suggerimento finale che do: telefonate, chiedete, non abbiate paura
di esporvi. In ogni città, in ogni paese esistono centri di volontariato o
persone disponibili a dare una mano. Non riducetevi all’ultimo momento,
iniziate subito. Coltivate una ricchezza che vi tornerà utile in futuro.
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